che ho fatto io per meritare questo? regia di Pedro Almodovar Spagna 1984
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che ho fatto io per meritare questo? (1984)

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locandina del film CHE HO FATTO IO PER MERITARE QUESTO?

Titolo Originale: QUE HE HECHO YO PARA MERECER ESTO?

RegiaPedro Almodovar

InterpretiCarmen Maura, Luis Hostalot, Ryo Hiruma, Ángel de Andrés López, Gonzalo Suárez, Verónica Forqué, Juan Martínez, Chus Lampreave, Kiti Manver, Sonia Anabela Holimann, Cecilia Roth

Durata: h 1.41
NazionalitàSpagna 1984
Generecommedia
Al cinema nell'Agosto 1984

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Trama del film Che ho fatto io per meritare questo?

Gloria e il suo rapporto con la sua singolare famiglia: un marito che non la considera e che ha occhi per una cantante tedesca di mezz'età di cui era il parrucchiere, un figlio adolescente che spaccia eroina, la suocera che tiene merendine e bottiglie d'acqua minerale sotto chiave e li vende alla famiglia, e due scrittori alcolizzati che cercano di scrivere le memorie di Hitler spacciandole per vere, e l'iguana della suocera...

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Voto Visitatori:   6,98 / 10 (21 voti)6,98Grafico
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Voti e commenti su Che ho fatto io per meritare questo?, 21 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

Gruppo REDAZIONE amterme63  @  07/03/2008 23:02:10
   7 / 10
I film di Almodovar lasciano il segno anche se rivisti dopo tanti anni. Certo non hanno più l’effetto dirompente, scandaloso o provocatorio che avevano negli anni ’80 (questo a causa del recente dilagare della cultura trash). Restano però dei piccoli gioielli di arte cinematografica e stilistica. Riescono ancora a far ridere, a divertire, a fare pensare e addirittura a commuovere e a toccare l’animo. Non è poco.
La grande dote di Almodovar è l’arte della “variazione”. Van Beethoven e Bach erano maestri nel prendere un singolo tema musicale e crearci infinite varianti, una più bella e affascinante dell’altra. Tutto questo girando intorno allo stesso tema. Così Almodovar ripete sempre i suoi temi più cari, ma ogni volta cambia ambiente, tono, atmosfera, insomma riesce sempre a creare qualcosa che colpisce e lascia il segno, pur “ripetendosi”. I difetti ovviamente non mancano neanche a lui. Spesso è sovrabbondante e bulimico, tende ad affastellare scene su scene perdendo a volte il filo e divagando un po’ troppo. In questo film ci sono momenti di stanca e purtroppo ho dovuto reprimere ogni tanto qualche sbadiglio.
Questo è uno dei primi film di Almodovar ma contiene già alcuni temi degli ultimi suoi film. Dei primi film ha l’intento ultra-dissacratore e provocatorio, con lo scopo di togliere ogni mistificazione ai ruoli sociali, per educare la gente a vederli “controluce”, senza dare niente per scontato. La tattica dell’assurdo riesce a far “digerire” anche le cose più turpi e scandalose. Si tratta di una bella cura contro l’ipocrisia. L’istituto familiare tradizionale esce a pezzi, i sentimentalismi sono aboliti, i ruoli seri ridicolizzati (il maschio padrone, il poliziotto), si satireggia la “cultura” (gli scrittori e la tv caduti in basso), la realtà prorompe con i suoi aspetti più prosaici e ordinari (il degrado delle periferie, il vomito, le banalità quotidiane).
Questo uso stilistico in Almodovar non è fine a sé stesso (come in Pulp Fiction). Non c’è il vuoto assoluto, anzi. Da dove meno te lo aspetti (dalla *******, dal drogato, dagli emarginati e dai reietti) vedi spuntare la solidarietà, l’umanità, la gioia di vivere con le piccole cose. Ed ecco apparire i grandi temi etici dell’ultimo Almodovar: il valore delle proprie radici (il luogo natio, il genitore), il punto fermo rappresentato dagli amici e la voglia di andare avanti e di ricominciare, affrontando anche il dolore. L’ultima scena del film è splendida e lascia dentro un po’ di speranza e di carica affettiva, dopo tante visioni “distruttive”.
Almodovar decisamente non è un cantore dell’amore sentimentale. Nei suoi film non c’è coppia che resista. Per lui l’amore è una specie di demone che brucia e poi passa. Il partner ormai inutile diventa un peso da cui liberarsi con le buone e perché no, anche con le cattive. In modo provocatorio e comico si tratta di raccomandare a quelli che si legano di conservare comunque la propria libertà per evitare conseguenze spiacevoli, che possono venire da dove meno uno se lo aspetta, magari da un osso di prosciutto …

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