Un ex marine viene coinvolto suo malgrado nel tentativo di stabilirsi su di un pianeta particolarmente ricco di specie vegetali ed animali e di sfruttarne le grandi risorse: quando però la razza indigena si ribellerà a questo colonialismo cosmico, l’uomo passerà dalla loro parte per guidarne la rivolta.
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Certo che è una svolta epocale. E' la prima volta che il cinema realizza in pieno la sua vocazione di demiurgo di altri mondi. Avatar è il primo viaggio quasi lisergico, senza effetti collaterali o sonni irrazionali, della storia del cinema. E non vedo il semplicistico nel rappresentare l'incarnazione di menti puramente relazionali in contesti biologici diversi, dal cervello umano, a quello Na'Vi, al grande organismo Pandora, in simbiosi reale con tutte le sue forme viventi. O nel mostrare come sia possibile l'esistenza di religiosità non alienate dal reale, ma partecipative del reale, e autogiustificate dall'essere necessarie alla Vita, cui il film è un potente inno. Certo che ricorda Pocahontas e Balla coi lupi, ma non mi risulta che quei valori siano diventati logori e desueti. Né mi sembra che lo spettro di valori che non conducano l'umanità all'autodistruzione sia abbastanza ampio da permettere il nuovo, ogni volta. Mi ha emozionato molto.