Dal racconto di André Devigny: nel 1943 un componente della Resistenza, rinchiuso nel forte di Montluc di Lione, riesce a evadere con un giovane prigioniero comune.
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Nell'attenzione al dettaglio, nella risolutezza dell'azione e nella razionalità del piano, nella reiterata azione di non arrendersi e nella presenza-assenza di Dio (beh, è Bresson), nel minimalismo rigorosissimo della messa in scena, nell'impossibilità di arrendersi ai molteplici livelli dell'umiliazione umana (i vari muri della fortezza-prigione nazista) c'è tutta la forza etica, morale, umana e politica di un film raramente eguagliato nella forza esplicativa della sua essenzialità.