Mabel, sposata all'italoamericano Nick, con tre figli, sente crescere il conflitto con la realtà che la circonda soprattutto nei rapporti con il marito il cui lavoro lo tiene spesso lontano da casa e che gli impone ritmi tali da renderlo a sua volta spesso nervoso e intrattabile. Dopo l'ennesimo litigio, Mabel subisce un crollo nervoso in seguito al quale deve trascorrere un periodo in clinica.
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Certe volte è veramente pericoloso cercare di commentare un film. Se si racconta la storia non si ha granché da raccontare; se si cercano paroloni e significati nascosti o non si finisce più di scrivere o si scrivono sciocchezze. Dare un giudizio è imbarazzante e tergiversare (come sto facendo io ora per la paura di addentrarmi in un'opera troppo grande per me) è inconcludente. Siamo di fronte ad un cinema d'arte e non d'intrattenimento, intanto. All'interno della categoria 'cinema d'arte' intendo considerare quegli autori che hanno voluto esprimersi liberamente senza pensare al botteghino o al solo gradimento del pubblico (sebbene tante volte l'opera d'arte nasca dalla commissione, dall'occasione e dai vincoli imposti ad un artista). Cassavetes è rappresentante eminente quant'altri mai del cinema d'arte; un autore (nel vero senso della parola) fra i più grandi del novecento. I suoi film si possono accettare o rifiutare, ma non possono lasciare indifferenti, non possono non sollecitare la discussione, e non interpellare la sensibilità di ognuno. E' quanto basta per essere autore importante al pari di Bergman, Kurosawa, Fellini, Chaplin, De Sica o chi volete voi... In questo film si rappresenta la vicenda di una moglie che sta attraversando un periodo di forte esaurimento, schiacciata da una piccola società nella quale non riesce a trovare, evidentemente, una collocazione. La donna dà segni di squilibrio, comincia a comportarsi in modo eccessivamente stravagante e pericoloso per sé e per gli altri. Il marito, spesso assente, interviene e la fa internare. Dopo sei mesi la donna torna per riprendere, non senza ombre o problemi, la propria esistenza borghese. Detto così sembra una storia come tante: una storia di disadattamento sociale, una storia nella quale è molto forte il tema della libertà individuale e della possibilità di essere se stessi anziché dover aderire a cliché comunemente accettati; la storia dello scontro fra l'ipocrisia borghese e un modo di vita anticonformista; la storia di una frustrazione domestica; la storia di una malattia e delle miserie quotidiane che chi convive con certe situazioni deve attraversare. La storia del rapporto di una madre con i propri figli, e di un amore che porta alla follia: la paura di perderli, la paura di non farli sentire amati sufficientemente... La storia, infine, di un rapporto ormai logoro e grigio, di un'esistenza ai limiti della sopportazione (limiti duramente messi alla prova dalle piccolezze quotidiane). Infatti in questo film nulla di sconvolgente succede alla donna, e forse è questo che la sconvolge. Il suo uomo non la maltratta, i suoi figli non la fanno impazzire; non è in miseria, non vive in una comunità di mostri o alienati. E', invece, circondata dall'affetto di molte persone, dalla premura di amici e familiari. Nonostante questa routine più che accettabile, la donna si sente inadeguata, ha bisogno di altro, ha sete di una vita che non le appartiene. La donna vuole essere diversa, vuole essere chi non è. Forse, potremmo dire oggi, ha visto troppa televisione e si è fatta rimbambire da una realtà virtuale che non si incontra nella vita. Forse i suoi doveri di moglie e di madre l'hanno sopraffatta. Forse non ama più la sua famiglia e vorrebbe scappare. La donna vive la vita di un'altra persona che non ama e dalla quale vuole prendere le distanze. Perché? Quante donne/uomini così ci sono nelle nostre case, nelle nostre città? Perché non accettano la propria esistenza? Quanti modi ci sono per manifestare questo tipo di disagio? La accettiamo noi, anche se non balliamo sui tavoli, non straparliamo e non dimostriamo pazzie? Che maschere mettiamo ogni giorno? Come ci vedono gli altri?... Questa donna riprende la propria esistenza pronta per rifare il carico delle frustrazioni che la porteranno ancora alla follia. Quasi come se niente fosse, si chiede da dove poi avrà cominciato a sentirsi strana; chissà... cose che capitano... Si potrebbe continuare all'infinito col ragionare di questo capolavoro. Infatti, come sosteneva Renoir, non è la storia in sé che deve essere interessante, ma il modo di raccontarla. E qui viene raccontata attraverso due interpreti geniali. Io, vedendolo, ho pianto. Non mi capitava (di fronte ad un film) da tanto. Ma non era la commozione che si prova vedendo 'La vita è meravigliosa'. Era la commozione che si prova quando si è di fronte alla Verità, alla Realtà così come è e come tutti la conosciamo. Questo film è 'vero come la verità'. Morandini dice 'Gena Rowlands e Peter Falck fuori dal comune'; già, è difficile vedere recitare in questo modo. Non è vero che i film di Cassavetes non avessero copione e fossero improvvisati. Lo stesso Falck, interrogato su questo, ebbe a dire 'E chi mai potrebbe improvvisare dialoghi così maledettamente buoni?' Infatti solo parte di 'Ombre' venne improvvisato, le altre opere cinematografiche di Cassavetes sono state scritte e sceneggiate dallo stesso autore spesso coadiuvato da colleghi sceneggiatori. 'Una moglie' è un film scritto e diretto da John Cassavetes (per continuare uno scambio di battute a distanza con un caro e sensibile interlocutore), un altro dei Poeti del cinema.