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Quattro persone qualunque si risvegliano in un vecchio casolare di campagna, legate. Di fronte a loro, tre persone armate di videocamere. Vogliono realizzare uno snuff-movie.
Ormai il 50% dei film horror che si producono sono torture-porn, e se non lo sono riguardano l'ambito torture-porn della tratta di corpi o su malcapitati che vengono uccisi per svariati motivi dopo indicibili sofferenze ("Hostel", "Turistas", "Saw"). La moda è tornata anche in Oriente (perché, ricordiamo, i capi supremi del genere restano i Giapponesi che sfornano anno dopo anno, a partire dalla serie "Guinea Pig", ma anche prima, la loro ostentata visione dell'estrema violenza), e persino nella sempreverde Corea Del Sud, patria del cinema dagli incredibili mezzi, splendido e curato visivamente, raffinato anche in un genere come l'horror, che altrove viene trattato, spesso e volentieri, con un uso sporco dei mezzi. E per questo ci si sorprende di fronte ad un film indefinibile come "The Butcher", un efferatissimo torture porn girato in modo volutamente low-budget, amatoriale e con telecamera ballonzolante, per emulare il culto snuff. Il metodo di regia è singolare: le riprese avvengono tutte da telecamere attaccate alle teste delle stesse vittime, in modo che lo spettatore possa identificarsi il più possibile con loro e con le loro emozioni di terrore e dolore. Cominciamo subito con il dire che "The Butcher" è un film molto diretto, persino più diretto dell'agghiacciante delirio gore di Koji Shiraishi di "Grotesque", perché sebbene la carneficina in "Butcher" sia decisamente meno dell'episodio di Shiraishi, lo schock e l'impatto repulsivo dello spettatore sono decisamente maggiori. Kim Jin-Won lascia molta della violenza fuori campo (pur non rinunciando a particolari gore), preferendo (giustamente) tratteggiare il cattivissimo sadismo dei personaggi (sia vittime che carnefici vengono tratteggiati con una certa verosomiglianza), ma anche delle stesse vittime, disposte a tutto pur di sopravvivere, tratteggiandolo persino con ironia (illuminante la scena del caporegista al telefono con la madre) e concentrandosi sulle urla, sui suoni terribili e lancinanti che lasciano in sospeso. Perché è la violenza che non si vede che fa più male, è di questo è di certo complice anche la location: una spaventosa e claustrofobica cascina abbandonata in campagna con le pareti sporche di sangue. Un horror che, dalla trama, sembra la classica ******* che emula le cose inutili americane, ma che in realtà rivela un'anima ben diversa, più malsana e sporca, pur giocando con varie citazioni horror (da "Non Aprite Quella Porta" a "Saw"). Guardare "The Butcher" lascia sporchi dentro, questo è certo, così come lascia di stucco in modo quasi inverosimile, terrorizzandoci, impedendoci di capire se ci sia piaciuto o meno. Assolutamente sconsigliato ai deboli di stomaco.