pina 3d regia di Wim Wenders Germania 2011
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pina 3d (2011)

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locandina del film PINA 3D

Titolo Originale: PINA

RegiaWim Wenders

InterpretiPina Bausch, Regina Advento, Malou Airaudo, Ruth Amarante

Durata: h 1.40
NazionalitàGermania 2011
Generebiografico
Al cinema nel Novembre 2011

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Trama del film Pina 3d

Pina è un film di Wim Wenders dedicato a Pina Bausch, una delle più importanti coreografe della Storia recente, nome di punta di quel teatro-danza che, a partire dagli anni Settanta, ha rivoluzionato la concezione della danza contemporanea. Il regista ci guida in un viaggio sensuale e di grande impatto visivo, seguendo gli artisti della leggendaria compagnia Tanztheater Wuppertal sulla scena e fuori, nella città di Wuppertal, il luogo che per 35 anni è stato la casa e il cuore della creatività di Pina Bausch.

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Voto Visitatori:   7,84 / 10 (19 voti)7,84Grafico
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Voti e commenti su Pina 3d, 19 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR kubrickforever  @  16/12/2011 17:37:29
   7½ / 10
Danziamo, altrimenti siamo perduti.
Perché al mondo ci sono ancora persone che danno un senso alla propria vita grazie ad una sola cosa: la passione per l'arte. È in questo caso la passione per l'arte di ballare, quella che Pina Bausch ha sempre cercato di trasmettere ai propri allievi nel corso della sua vita. Ma ciò non basta, per Pina non è sufficiente applicarsi per diventare artisti, bisogna ESSERE artisti. Ognuno di noi può essere a proprio modo un artista, bisogna solo cercare di trovarlo in sé stessi. A grandi linee pare esser questo il messaggio che Wim Wenders vuole trasmetterci col suo Pina, che poi combacia perfettamente col pensiero della famosa ballerina tedesca.
Wenders sceglie di raccontare Pina Bausch attraverso le sue opere, tramite l'arte che ha amato. Per chi non conosce a priori il personaggio della Bausch questo rappresenta probabilmente un forte limite, in quanto si può fare fatica ad interpretare qualche coreografia, ma anche un punto di forza in quanto rende il tutto più affascinante. Si, perché Wenders ci fa entrare nel mondo della Bausch senza alcuna spiegazione, lasciando allo spettatore la piena interpretazione delle sue opere. Di conseguenza la narrazione appare abbastanza statica, non è altro infatti che un mix di varie coreografie ideate da, e in alcuni casi con, Pina Bausch. Il passaggio tra una messa in scena e l'altra è scandito dai visi e dai (pochi) pensieri delle persone, che proprio grazie a lei hanno cambiato il proprio modo di intendere la danza ed, in alcuni casi, la propria vita. Il tutto però viene fatto in maniera tecnicamente eccellente, grazie anche allo splendido 3D che consente di dare maggiore profondità alle movenze dei ballerini.
Io l'avrei fatto durare un po' di meno, ma nel complesso vale pienamente la visione.

8 risposte al commento
Ultima risposta 17/12/2011 17.41.45
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Gruppo REDAZIONE VincentVega1  @  01/12/2011 13:06:35
   7 / 10
Un grande regista che racconta un altrettanto grande artista.

Seppur sia completamente distante dalla danza contemporanea, la poesia che suggerisce il film è riuscita a coinvolgermi a 360 gradi.

4 risposte al commento
Ultima risposta 03/12/2011 20.23.59
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annibalo  @  30/11/2011 22:09:50
   8½ / 10
omaggio di difficile fruizione per i non addetti ai lavori ma comunicativo denso di creatività e maieutica,belli gli sfondi intersecati con le figure

1 risposta al commento
Ultima risposta 13/12/2011 17.30.19
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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento LukeMC67  @  20/11/2011 02:57:05
   10 / 10
(Premessa doverosa: purtroppo ho potuto vedere il film in versione 2D e va considerato un mezzo miracolo che in una regione piccola come le Marche sia programmato in ben 3 sale...)

Corpi umani che sfidano continuamente la gravità. Corpi umani che sfidano se stessi nello spazio. Corpi umani che non si risparmiano attivando e muovendo ogni minimo muscolo. Corpi umani che devono tradurre esteriormente ogni più piccolo e impercettibile movimento interiore. Senza requie, senza limiti. Dall'anarchia dell'inconscio e delle individualità Pina Bausch costruiva intere pièces che richiedevano un rigore e una disciplina collettiva esemplari. Eppure nessuna individualità veniva sacrificata, anzi, semmai era potenziata e spinta ai limiti del (o forse addirittura oltre il) possibile. Per comunicare tutto ciò che non si può dire con la parola e che rappresenta lo spazio della danza.

E poi gli oggetti, gli ostacoli di ogni danzatore. Oggetti da usare, modellare, scalare, sicuramente da sfidare. Contro se stessi. Contro la gravità, nuovamente. Una sedia può essere mero ingombro da scansare o trasformarsi in costruzione entro la quale insinuarsi, o ancora strumento di leggerezza e libertà da scavalcare con disinvolta leggiadria. Dipende da come la si usa, da come la si immagina in scena.

Ma la scena non coincide necessariamente col proscenio di un teatro; ogni luogo, specie se "estremo", è luogo di danza perché la danza per Pina Bausch "è" la vita e la vita si svolge in ogni luogo. Specie vicino a precipizi o a punti di soluzione di continuità nello spazio.

Chi più del "regista dei luoghi" per eccellenza -Wim Wenders- poteva rendere plasticamente al meglio il messaggio viscerale e potente dell'amica Pina Bausch?

E pensare che Wenders non è mai stato attratto dalla danza come forma d'arte (così ha dichiarato); almeno finché non ha conosciuto Pina. E, non casualmente, proprio il "profano" Wenders ha saputo restituire in pieno il senso profondissimo della danza "eversiva" della cara amica morta l'anno scorso. Più e meglio di quanto avrebbe potuto fare un professionista del settore.

Ancora una volta il regista tedesco dà il meglio di sé descrivendo l'arte altrui attraverso la propria: dopo quel capolavoro che fu "Buena Vista Social Club", Wenders si ripete con quest'ultima meraviglia degli occhi, delle orecchie, ma soprattutto, dello spirito.

Intelligentemente, l'omaggio a Pina Bausch passa attraverso le testimonianze visivamente mute e sonoramente in voice-off dei componenti della sua compagnia di Teatro-Danza. Perché non c'è niente di meglio che far memoria di una persona estinta attraverso ciò che lascia di più profondo in chi l'ha incontrata da viva avendone condiviso porzioni importanti e fondamentali della propria esistenza. E così, partendo dalle specificità emotive di ognuna e ognuno, Wenders ricostruisce il percorso umano e artistico di questi straordinari performer (parlare di ballerini è davvero riduttivo) preservandone l'individualità e mostrando quanto abbiano dato nella costruzione dei visionari spettacoli concepiti da Pina Bausch. E rendendo al meglio quanto Pina Bausch ha lasciato in loro. In questo senso fondamentale è stata la scelta del distributore italiano di non doppiare le parti parlate del film (poche, in verità) restituendoci così i contributi originali di questi Artisti fin nelle minime sfaccettature delle loro voci.

Non si può rimanere indifferenti alla visione degli spettacoli e delle performances "estreme" della Bausch: tutte le gamme delle emozioni e delle situazioni umane vengono scandagliate con precisione chirurgica, ogni movimento apparentemente anarchico viene ripetuto con ossessiva perfezione spesso aumentandone al parossismo il ritmo e la cadenza (semplicemente geniali e inquietanti le situazioni di "Caffè Müller" intorno al rapporto tra l'uomo e la donna innamorati, per esempio); la danza, normalmente aulica, austera, aristocratica, si "imbratta" matericamente prendendo vita (potentissima la coreografia danzata sul pavimento da una ballerina mentre un'altra le getta addosso palate di terra, per non parlare delle figure nell'acqua, con l'acqua, sulla roccia e con la roccia di "Luna piena").

Ma le emozioni più controverse, sofferte, laceranti e violente sono quelle che vanno a disturbare il pubblico colpendolo dritto al cuore: come non provare disagio estremo di fronte alla ballerina trattata come un oggetto dall'intero corpo di ballo maschile o di fronte al terrore di offrire la veste intima rossa all'uomo della prima performance o allo spiaccicarsi come mosche dei ballerini sulle pareti trasparenti del Caffè Müller o alla dolorosissima mancata fuga della ballerina legata a una lunga corda tesa che la imprigiona?

Come spesso accade nei film del regista tedesco, l'immenso atto d'amore che questa volta Wenders fa (e ci fa) per Pina Bausch, diventa un viaggio esperienziale nelle emozioni e nei sentimenti più profondi di noi stessi. Che può ammaliare o respingere con altrettanta violenza. A seconda che i sentimenti si voglia affrontarli, scalarli, attraversarli o, viceversa, li si voglia allontanare da sé.

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Ultima risposta 03/12/2011 12.41.59
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suzuki71  @  07/11/2011 09:48:35
   10 / 10
Da collaborazione a commemorazione, questo film-documentario emoziona e coinvolge senza tregua, investendoci di follia, bellezza ed eleganza fino a farci rassegnare che non ha valore la Vita senza Bellezza. Di grandissimo impatto emotivo, non è un film solo sulla danza ma sull'arte di vivere, sul rispetto e sul tempo che passa anagraficamente ma non interiormente. Un flusso di coscienza continuo che ricorda in parte Passione di Turturro ma è forse ancor più compito artisticamente. Sguardi di uomini e donne di ogni età, servi dell'arte, iniziati di un circolo esclusivo e popolare assieme. Meravigliose coreografie, folli e perfette - geniali! - sul palco come all'incrocio metropolitano o su un bordo di un precipizio, a ricordarci che "senza danza siamo perduti" perchè i movimenti, i gesti - i simboli - comunicano più delle inflazionate parole. Non poteva essere fatto meglio. Imperdibile.

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Ultima risposta 07/11/2011 10.09.02
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento kowalsky  @  06/11/2011 00:43:01
   7½ / 10
Il film è bellissimo, ma a mio avviso ha una grossa lacuna. E questa è proprio l'uso che ne fa la rappresentazione cinematografica, sia essa digitale o in 3-d (un modo falso per accorciare le distanze), quando è improprio dire che noi spettatori affascinati dalla Baush avremmo pagato (più) volentieri il biglietto per una rappresentazione in palcoscenico "vera", diretta e non virtuale. Wim Wenders cmq., messo in crisi dalla sua esistenza di cineasta ehm narrativo, stupisce per essere riuscito a farsi dimenticare, perchè il film è tutto suo, di questa superba coreografa, del suo sguardo severo e impetuoso, delle rughe che ricordano tanto quelle dell'ultima Audrey Hepburn (un destino tristemente comune, in fondo, nella morte).
Non sono mai stato un appassionato della danza, ma qui si respira un senso di libertà espressiva (cognitiva?) e fisica che diverge non poco dalla coercizione spettacolare e purista di un Bejart. La danza diventa così l'unica espressione rimasta di sentimenti e stati d'animo che l'umanità ha deciso di chiudere, appunto, nel proprio corpo.
Il viaggio anche temporale di Wenders - occhio alla meravigliosa colonna sonora da bignami del Novecento - si apre e si chiude davanti a uno scenario quasi Felliniano. Emblematica la coreografia dei/lle ballerini/e che si muovono in una gestualità rituale che ricorda l'ultima sequenza di Otto e mezzo

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Ultima risposta 21/11/2011 15.46.08
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