Otto personaggi legati tra loro da un elemento comune, l'analisi di gruppo, offrono uno spaccato delle debolezze e fragilità, ma anche della voglia di reagire e di cambiare che caratterizzano i nostri giorni.
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Così come nell'altro film corale di Carlo Verdone (Compagni di scuola), anche qui le cose migliori si vedono all'inizio, a cominciare dalla divertente sequenza d'apertura in cui ci vengono mostrati gli otto protagonisti, molto diversi tra loro e uniti soltanto dal comune malessere che li ha costretti ad affidarsi alle cure di una psicanalista. Nevrosi e sociopatie vengono raccontate dalla solita prospettiva sinistroide, per intenderci quella incarnata da Fazio, Virzì, Ozpetek, ecc., ottusamente focalizzata sulle forme bigotte della religione, sulla visione della famiglia come luogo di oppressione, sul tradimento come sbocco naturale del matrimonio, sull'emancipazione femminile come liberazione (stavolta dalla paternità)… e via con questo campionario. Considerato il soggetto, la sceneggiatura avrebbe richiesto maggiore cura nell'evitare alcune superficialità. Brillano alcune gag e ancora un riempitivo messo lì un po' a caso (in "Compagni di scuola" c'era la scena del serpente, qui abbiamo lo scorpione).