Nel villaggio di Anarene, Texas, tra le effervescenze sessuali dei più giovani, le frustrazioni dei quarantenni e le nostalgie degli anziani, il confine tra noia e dramma è sempre più labile. Siamo nel 1951 e l'educazione alla vita del giovane Sonny è tutt'altro che facile.
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Un'inno generazionale, un amaro spaccato della provincia americana dove, in un immaginario villaggio texano che niente offre ai suoi sfortunati abitanti, si intrecciano storie di educazione sessuale, di speranze future e di ingombranti ricordi di un passato che non tornerà. Lo sguardo di Bogdanovich è disincantato, il film è vigoroso ma malinconico, a tratti esageratamente tragico, con un finale sommesso
indicativo della volontà di lasciarsi tutto e tutti alle spalle, una volontà, nel caso di Sonny, non supportata da un adeguato coraggio.
Non per ultimo, ha il grande merito di aver lanciato nel firmamento hollywoodiano future star come Jeff Bridges e Cybill Shepherd ( qui sensualissima ) e di avvalersi di una Cloris Leachman gigantesca. Infine, azzeccata l'idea di girare in bianco e nero, pare su suggiremento di Orson Welles.
Tanti sono secondo me i motivi che fanno di questo film una pellicola largamente sopravvalutata e priva di grandi idee. Prima di tutto l'ambientazione, lontanissima dai nostri concetti "familiari", quindi incapaci di giudicarla nella sua bontà o meno. La provincia statunitense negli anni '50, che anziché il bigottismo sembra aver sposato il libertinismo più spinto. Si parla di religione ma non compare nemmeno una chiesa. Il film, lungo due ore piene, è un calvario per lo spettatore: scene frammentarie e sporadiche, montate grossolanamente, continuamente in macchina, di fianco a macchine o dentro la tavola calda. Dove sono i paesaggi, dov'è lo sforzo degli scenografi nel ricreare le atmosfere di vent'anni prima ? In quella patetica inquadratura (ripetuta due volte per giunta) di quel fiume con sopra le nuvole ?
Mentre la scena della prostituta ha un senso logico nel film e anzi è forse la scena migliore del film, la morte alla fine di Billy è un mezzuccio per impietosire la platea e non è degnamene rappresentato il DOPO-Billy. Nè il perché la comunità non si è scossa, nè la rabbia dei suoi amici per questo.
Il continuo ricorrere al sesso rende squallido l'intero film.
Non credo che nei bigotti anni '50 essere sverginati fosse in cima ai doveri di ogni adolescente e se proprio Bogdanovich voleva ritrarre i primi anni '50 doveva mostrarli per come li hanno mostrati i film di quell'epoca: non dico alla Sandra Dee, ma anche un gradino sopra Natalie Wood andava benissimo.
Non nego che alcune, rare, scene non siano buone, come molte delle attrici, ma l'inespressività di Bottoms e intere scene mancanti, che ahimè avrebbero regalato un minimo di fluidità alla storia, avviliscono e appiattiscono la pellicola a un rango inferiore.
Mi sorprende sapere che dopo tanto tempo non sia stato ancora commentato. Per inciso, uno dei film fondamentali degli anni 70", e probabilmente il capolavoro di Bogdanovich (insieme a "targets", incredibile esordio, e "dietro la maschera"). Nostalgico, struggente, appassionato, un ritratto squisito della noia della provincia costituita da vicende intrecciate tra loro e la fuga dalla realtà di un piccolo cineforum. Il grande amore per il cinema di Bogdanovich costituisce il perno della vicenda, che si estende pero' in una serie di individualità e personaggi che colpiscono a segno (l'insegnante matura di Cloris Leachman?). B. ha tentato di rimpatriare gli stessi attori vent'anni dopo (cfr. Texasville, 1990), con intensa bravura, ma forse privo dell'aspirazione e dell'emotività che ha reso questo film un'opera di grande intensità