Il film ripercorre, con una serie di flashback, la vita di Pu-Yi, l'ultimo imperatore della Cina: da fanciullo cui tutto era dovuto, essendo figlio del Cielo, a re fantoccio del ""Manciukuo"" in mano ai giapponesi, a prigioniero dei campi di rieducazione politica ai tempi di Mao, dopo un periodo passato in Siberia ostaggio dei russi. Fino alla anonima morte, avvenuta durante la rivoluzione culturale.
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Bertolucci nell'utilizzo della macchina da presa è un maestro, e questo non si discute. L'ultimo imperatore, però, è eccessivo in tutto: eccessivamente lungo, eccessivamente borioso, eccessivamente lento ed eccessivamente superficiale. Un film che affascina, colpisce, ma lascia sostanzialmente vuoti a visione ultimata, senza che la parabola del protagonista lasci il dovuto segno.