lo spirito piu' elevato regia di Akira Kurosawa Giappone 1944
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lo spirito piu' elevato (1944)

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locandina del film LO SPIRITO PIU' ELEVATO

Titolo Originale: ICHIBAN UTSUKUSHIKU

RegiaAkira Kurosawa

InterpretiTakako Irie, Ichirô Sugai, Shôji Kiyokawa, Takashi Shimura

Durata: h 1.25
NazionalitàGiappone 1944
Generedrammatico
Al cinema nel Febbraio 1946

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Trama del film Lo spirito piu' elevato

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Voto Visitatori:   5,50 / 10 (4 voti)5,50Grafico
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Voti e commenti su Lo spirito piu' elevato, 4 opinioni inserite

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Filman  @  18/09/2016 15:11:55
   3½ / 10
Anche un grande maestro di cinema come Akira Kurosawa nulla può contro la rigidità ferrea di una produzione asservita alla propaganda nazionale, internamente ad un contesto storico, sociale e culturale molto arduo. ICHIBAN UTSUKUSHIKU (The Most Beautiful), successivamente ripudiato dallo stesso regista, ne è la dimostrazione evidente, in quanto nato per celebrare lo spirito di gruppo tipico della forma mentis giapponese, tema che dovrebbe essere alternativo al militarismo ma comunque appare abbastanza orribile nel suo acclamare l'amore per la patria e il conseguente sostegno bellico, visione introdotta da una storia priva di espressività naturale e artistica, oltre che malamente documentaristica.

Gruppo REDAZIONE amterme63  @  07/01/2010 20:49:18
   5 / 10
Ci si trova sempre in grosso imbarazzo quando si tratta di commentare un film chiaramente di propaganda. Si è portati d’istinto a inserire l’opera nel contesto in cui è nata e quindi a “comprendere” o “scusare” le enormi forzature e l’esclusiva militanza che scaturisce dalle immagini. Ci si concentra quindi sulla tecnica e sulla perfezione formale per giudicare l’opera. E’ il caso ad esempio di tutto il cinema della Riefenstahl del periodo nastista; un cinema di grande spessore tecnico e di forte efficacia rappresentativa.
Personalmente ritengo che la tecnica non possa essere completamente scissa dal soggetto che tratta. La preminenza di un opera cinematografica sta nel messaggio, che lo abbia o non lo abbia. Per me questo è il punto di partenza di un giudizio estetico su di un film.
Quindi, nonostante il fatto che durante la II Guerra Mondiale si era in pratica OBBLIGATI a contribuire alla causa militare nazionale (Rossellini stesso girò un film in appoggio alla guerra italiana/fascista), non riesco a promuovere in pieno immagini filmate che inneggiano a sacrifici o dedizioni totali o che illustrano retoricamente le ragioni di un’ideologia di morte.
Pure Kurosawa nel 1944 fu optato per la causa nazionale giapponese e se voleva mangiare non aveva altra scelta che filmare per la Patria. Cercò però di mantenere certi suoi principi base anche all’interno della propaganda pura. Infatti evitò di fare un film espressamente militare e si dedicò invece a onorare le categorie più deboli (in questo caso le donne), le quali come impegno e dedizione non erano da meno degli altri.
Il film si svolge in una fabbrica di lenti per armi, dove la manovalanza è prevalentemente femminile. Il direttore chiede al personale di impegnarsi a fondo per aumentare la produzione, richiamandosi soprattutto a valori spirituali (senso di responsabilità, morale individuale, preminenza del collettivo sull’individuale). La cosa strabiliante è che le operaie stesse sentono in pieno e vanno addirittura oltre quello che gli viene chiesto. Si tratta quindi dell’illustrazione di una situazione pura e perfetta, la trasposizione in forma di realtà di una aspirazione ideologica.
In questa maniera il film diventa esemplare per comprendere alcuni aspetti tipici della vita spirituale giapponese. Quello che salta agli occhi è l’estrema coesione di gruppo che hanno le ragazze e il completo annullamento di ogni ragione individuale di fronte al dovere collettivo. La cosa bella è che il referente dei propri atti non è il giudizio collettivo esterno, ma la propria personale coscienza. Si vuole, si desidera in prima persona, il dovere non lo si sente assolutamente come una imposizione altrui, ma addirittura come la suprema realizzazione individuale.
Si arriva persino a trascurare la propria salute fisica e a far passare in secondo piano i fortissimi legami per la propria terra e per la propria famiglia. Kurosawa cerca però di far vedere che questo ideale di dedizione assoluta non è imposto o prescritto, si comprende ed è scusato se qualcuno non ce la fa o non regge. Ma è proprio questo fatto (l’apparente scusabilità della debolezza) che rende ancora più “fulgido” e “eroico” l’impegno delle operaie e della loro “guida” Watanabe. Realmente sentono la fatica, sentono la nostalgia, sentono il richiamo dei valori familiari e sono lacerate dentro dal conflitto con il dovere supremo.
Le parti più belle del film sono le scene in cui l’anima delle ragazze è messa a nudo e si tocca con mano il loro conflitto che sembra sincero. In queste scene Kurosawa è veramente bravo nel trasmettere questo sentimento allo spettatore. Riesce proprio a colpire. Kurosawa poi è maestro nel sapere suggerire il passare del tempo e nel legare le scene fra di loro.
Tutto sommate queste operaie sono troppo perfette, troppo legate a virtù e troppo prive di vizi (a parte qualche sporadica gelosia). A questo si aggiunge la monotonia e lo scarso appeal di un’ambientazione tutta chiusa in una fabbrica. Le poche belle e intense scene non bastano a farne un’opera godibile e apprezzabile pure oggi.

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