l'innocenza del peccato regia di Claude Chabrol Francia 2007
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l'innocenza del peccato (2007)

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locandina del film L'INNOCENZA DEL PECCATO

Titolo Originale: LA FILLE COUPÉE EN DEUX

RegiaClaude Chabrol

InterpretiLudivine Sagnier, François Berléand, Benoît Magimel, Mathilda May, Caroline Sihol, Etienne Chicot, Marie Bunel, Valeria Cavalli

Durata: h 1.55
NazionalitàFrancia 2007
Generedrammatico
Al cinema nel Febbraio 2008

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Trama del film L'innocenza del peccato

Una giovane e ambiziosa conduttrice televisiva (Ludivine Saignier) viene sedotta da un maturo scrittore sposato. Egocentrico e sensibile alle belle donne, l'uomo ne fa un'amante esperta e focosa e la introduce ai giochini viziosi del jet set parigino. Ma la passione, si sa, è volubile. Specie se la differenza d'età è abissale, lui è accecato dal narcisismo e dall'egoismo e lei è infantile e in preda agli slanci totalizzanti del primo grande amore. Quando viene abbandonata dall'anziano amante, la ragazza si consola tra le braccia di un giovane miliardario psicologicamente instabile da tempo innamorato di lei (Benoit Magimel) e arriva addirittura a sposarlo. E a questo punto il solito stucchevole triangolo altoborghese sfocia in tragedia…

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Voti e commenti su L'innocenza del peccato, 21 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

Gruppo REDAZIONE Cagliostro  @  09/09/2008 14:05:22
   8 / 10
Complessa, intrigante e assai sottovalutata pellicola di Chabrol.
"La ragazza tagliata in due" non si limita ad essere l'ennesima variazione sul tema forse più caro a questo grande regista parigino. Egli, infatti, è da sempre interessato all'analisi della vita di provincia, alle sue ipocrisie, al triangolo amoroso e alle maschere sociali tanto della piccola e media borghesia, quanto a quelle dietro cui si cela anche chi detiene il potere.
In questa pellicola Chabrol va oltre. Abbandona in buona parte quelle atmosfere che ha così ben assorbito dall'opera letteraria di Simenon e si spinge nella metafora, a volte semplice ed elementare, a volte più sottile e quasi invisibile.
Innanzitutto, non deve affatto sorprendere la relazione amorosa fra l'anziano scrittore e la giovane giornalista.
Sotto un profilo ontologico è bene ricordare che la Francia non è l'Italia.
In Italia, da ormai troppo tempo e grazie al pessimo (o ottimo a seconda dei punti di vista) lavoro svolto dalla televisione, si vive nel culto dell'immagine e dell'apparenza, arrivando quasi a criticare e a condannare la sostanza, da intendersi soprattutto nell'accezione di intelletto e di cultura (specie poi se si tratta di cultura classica).
Per il popolo di "Uomini e Donne" sarà assolutamente incomprensibile che una bella ragazza poco più che ventenne s'innamori perdutamente doi un vecchio, a meno che non sia affetta da un forte ed irrisolto complesso edipico. Ma non è di complesso edipico che ci racconta Chabrol.
Come appena detto, la Francia non è l'Italia. Essa non è domintata dal gusto per l'immagine intesa come mero feticcio esteriore (abbronzati, depilati e ******** gli uomini; siliconate, liftate, acconciate, ma anche aggressive e con i pantaloni, le donne).
In Francia non c'è da meravigliarsi se un uomo di successo e di cultura, anche a discapito dell'età, seduce una ragazza assai più giovane di lui.
Questa premessa, da me voluta, è tuttavia sottilmente fuorviante, perché in realtà Chabrol non ci parla nemmeno di questo.
La ragazza tagliata in due diventa una terra di confine, un campo da gioco fra il vecchio e il nuovo, fra quello che una società era e quello che in cui si è trasformata.
Lo Scrittore è un intelletuale che vive di citazioni, proprie ma soprattutto altrui, ricco, affermato e stimato anche dai suoi detrattori.
Il giovane ed insulso Rampollo, è il figlio di suo padre, è ricco, è bello, ma non è niente senza la famiglia che gli sta alle spalle.
In altre parole lo Scrittore è una società che si è creata formata e consolidata, il Rampollo è l'evoluzione (o forse anche solo una possibile evoluzione di detta società).
Il nuovo perde costantemente il conflitto con il vecchio, perché senza il vecchio non potrebbe neppure esistere.
E' ardita dunque la metafora più sottile e più latente raccontata da Chabrol, che critica senza pietà quello in cui si sta trasformando la società contemporanea. Infatti egli non castiga il successo, né la richezza né la dissolutezza se supportata da valide e consapevoli scelte; Chabrol condanna la vacuità del nuovo così ben espressa da un Benoit Magimel spesso caricaturale e volutamente sopra le righe. Chabrol alla stregua di Nietszche considera la nuova tendenza sociale un idolo vuoto, un qualcosa di nocivo, che dovrebbe essere distrutto. Ma Chabrol è anche fortemente pessimista, quindi


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Nessun complesso edipico quindi.
Al massimo si concede che la figura del pigmalione (anche perverso, ma nopn nel senso più morboso o scabroso del termine) abbia un fascino educativo di cui il nuovo modello sociale è assolutamente privo.

Non essendo questa una recensione è inultile dilungarsi ulteriormente, benché questa pellicola presenti ancora numerosissimi spunti di riflessione.

Mi limito concludendo che gli attori sono semplicemente favolosi a partire dal bravissimo François Berléand, alla meravigliosa Ludivine Sagnier, alla rediviva Mathilda May, al talentuoso Benoit Megimel.
Inoltre, anche restando su un livello di lettura meno sottile di quello esposto sopra, sia l'analisi psicologica dei personaggi, sia il ritmo della narrazione, sia la regia e la fotografia sono ottimi.
Ne consiglio caldamente la visione, solo a patto che si riesca a distaccarsi dagli stereotipi inutili cui da troppo tempo la nostra società sembra essere ancorata.

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