le rose del deserto regia di Mario Monicelli Italia 2006
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le rose del deserto (2006)

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locandina del film LE ROSE DEL DESERTO

Titolo Originale: LE ROSE DEL DESERTO

RegiaMario Monicelli

InterpretiMichele Placido, Giorgio Pasotti, Alessandro Haber, Fulvio Falzarano, Moran Atias

Durata: h 1.42
NazionalitàItalia 2006
Generestorico
Al cinema nel Dicembre 2006

•  Altri film di Mario Monicelli

Trama del film Le rose del deserto

1940, deserto della Libia. Una sezione sanitaria dell'esercito italiano si accampa nell'oasi di Sorman. Qui viene coinvolta da un frate italiano nel soccorso della popolazione del posto, e la guerra sembra lontanissima, ma quando le truppe comandate dal generale Graziani in marcia verso la conquista dell'Egitto, sono costrette dagli Inglesi ad una fuga precipitosa, la situazione precipita bruscamente...

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Voto Visitatori:   6,03 / 10 (29 voti)6,03Grafico
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Voti e commenti su Le rose del deserto, 29 opinioni inserite

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Invia una mail all'autore del commento emmepi8  @  13/01/2007 17:00:38
   6½ / 10
Sceneggiato dallo stesso Monicelli con l'aiuto di due non proprio eccellenti scenggiatori come Saverni e Bencivenni, meno male che nella messa in scena c'è un vecchio lupo come il nostro regista che rimette le cose apposto. Tratto dal libro di Tobino e non solo da quello, ma molto liberamente, è una sorta di Armata Brancaleone, con personaggi e tipologie che ci fanno divertire, riportandoci ad una linea ben precisa della nostra più felice commedia all'italiana.E' un ritorno al passato, per quanto riguarda uno dei nostri momenti più felici, e diciamo subito che solo la mano abile del regista riesce a convogliarlo nel binario giusto, dosando le cose. Il limite del film sta nei mezzi a disposizione; la messa in scena è molto povera e malgrado gli sforzi disumani di Monicelli viene fuori a tratti. Io penso che il film è stato molto ridimensionato, se non sbaglio nel cast c'erano anche altri attori e quindi i loro ruoli sono stati tagliati, le musiche sono un mixer davvero stridente.. E' un giudizio negativo??? No, perché il pubblico risponde, e bisogna riconoscere a Monicelli una volontà di ferro nel portare a termine questo progetto, e senz'altro recupera quella credibilità, in parte persa, con le altre sue ultime prove. Io che stimo e ammiro moltissimo questo autore, sono entrato al cinema impensierito, ma sono uscito divertito, pur con tutte le stretture a cui è stato messo.
Monicelli lo faranno santo per questa operazione, che ha voluto fare con tutte le forze. Gli dobbiamo riconoscere le sue grandi doti, proprio per le limitazioni a cui è stato costretto

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Ultima risposta 02/02/2007 05.29.56
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DocSerg1  @  21/12/2006 10:32:37
   6½ / 10
Tutto un po' sopra le righe, con personaggi caricaturali, grotteschi, tragicomici, eppure umani, bonari, armati di buona volontà e un certo senso etico.

Insomma italiani.

Purtroppo il film è solo una fotografia, uno spaccato e non ci racconta una vera storia, finisce così come è iniziato, senza un vero perchè.

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Ultima risposta 29/12/2006 18.20.16
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JANE  @  11/12/2006 22:47:00
   1 / 10
Non ho trovato niente di grandioso in questo film. Pietoso, semmai. Francamente, mi sono pentita di averlo visto, potessi resetterei. Orrendo.

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Ultima risposta 07/06/2009 16.36.38
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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento Zazzauser  @  10/12/2006 23:56:14
   6½ / 10
Attenzione, commento un po' spoileroso (non dite che non l'ho detto!)

A prescindere dalla qualità del film, bisogna fare i complimenti a Monicelli, che a 91 anni ancora ha la forza di dirigere film ed è che io sappia l'unico, insieme al grande Manoel De Oliveira, a poter vantare 70 anni di carriera cinematografica.

Monicelli non si dimentica dei suoi lavori comici come "Il marchese del grillo" e "Parenti serpenti" e racconta la vicenda in chiave completamente farsesca, interamente incentrata su personaggi molto umani e quindi molto realistici che formano un melting pot di dialetti, tradizioni e costumi che riguardano tutta l'Italia, dalla Puglia alla Lombardia, contribuendo a disegnare nel migliore dei modi un ritratto integrale dell'Italia degli anni '40 nel suo complesso: sono soprattutto le scene corali, giocate sull'umorismo, sul sarcasmo e spesso sulla forza comica dei dialoghi e dei frequenti scambi di battute e sulla netta caratterizzazione ed originalità dei personaggi a far sì che risulti evidente che il film risenta chiaramente della sua derivazione da un lavoro teatrale, ma anche la scenografia e lo spazio effettivo in cui si recita, quasi sempre, ad eccezione di alcune scene, assolutamente ristretto e ricreabile facilmente in un palcoscenico, favorito da riprese che insistono molto sui personaggi e che spaziano poco in riprese aeree o a campo superiore al medio. Vediamo quindi un prete lucano che predica la parola del Signore alla bell'e meglio, un sardo che si deve sposare, un maggiore (interpretato da un Alessandro Haber veramente nella parte) all'antica, con un lessico melenso, intercalato da frequenti "per il bene che ti voglio" e modi di fare molto quieti, fortemente legato alla figura della moglie ed infine lo straordinario generale sul sidecar, spassosissima parodia, nel modo di parlare, di muoversi, di comportarsi e soprattutto nelle fattezze dell'ufficiale fascista fedele al regime ed ai suoi ideali, completamente ad immagine e somiglianza di Mussolini, un personaggio dalla potenza comica spiazzante, di cui non dico altro per godervelo a pieno.

Ma soprattutto dalla caratterizzazione psicologica di questa macchietta si capisce che la pellicola non è semplicemente di denuncia verso la contraddittorietà e l'orrore della guerra in senso generale, ma è fortemente faziosa e tende a sottolineare ancora una volta quanto gli ideali fascisti fossero sbagliati e quanto l'Italia non avesse affatto i mezzi per combattere una guerra, di come il Duce abbia mandato a morire tanta gente nascondendosi dietro l'ombra della potenza nazista e sperando di guadagnare rispetto e prestigio agli occhi di Hitler e del mondo intero, ingannando di continuo il popolo: ma questa è storia che noi tutti sappiamo già. Capisco che affrontare questo tema in chiave completamente comica non fa che ridicolizzare tutto l'operato della nostra ventennale dittatura, capisco che accentui in modo ancora più evidente l'inutilità di una guerra che si credeva lampo ed in realtà già persa in partenza, comprendo che si illustri la disorganizzazione dell'apparato medico, causata dalla lentezza dei rifornimenti e dalla scarsissima disponibilità di ogni genere di prima necessità, dal cibo, alla benzina ed alle armi; ma alla fine sembra che Monicelli si prenda quasi gioco di coloro che comunque in guerra ci sono morti, specialmente nella scena in cui il sardo muore e si celebra il matrimonio semi-fasullo ed una volta finita la cerimonia si mettono tutti tranquillamente a scherzare come se nulla fosse successo: una morale vicina al'idea di "ridere per non piangere", confermata dalla prima canzone dei titolo di coda (ascoltatela). E pare anche che non conservi un minimo di patriottismo e di amor proprio ridicolizzando completamente gli italiani di fronte ai soldati tedeschi.
Insomma, la pellicola è assolutamente priva di quella punta di drammaticità che comunque in un film di guerra ci si aspetterebbe (e che non guasterebbe). Le scene dei bombardamenti sono ricreate molto bene e comunque si tratta di un discreto prodotto, ma ci si sarebbe aspettati di più da un regista come Mario. E' proprio il caso di finire quotando Giordano Biagio: peccato.

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Ultima risposta 19/01/2007 15.02.06
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR Giordano Biagio  @  04/12/2006 18:45:53
   5 / 10
Non è un gran film perché è troppo alla ricerca di situazioni tragico-comiche, con molte ironie un po' forzate rispetto al contesto spirituale, culturale e storico dell'epoca.
Paradossi delle tattiche di guerra, vili fughe sui mezzi della crocerossa, paranoie di ogni genere nell'alto comando, reazione omicida di un soldato a un gesto di non grave intolleranza nei suoi confronti, insomma un esercito senza identità, allo sbando in cui domina la figura del frate domenicano "indegno" (Michele Placido) che rappresenta l'unica autorità etica e pratica del gruppo.
Divertente ma non vero, Monicelli sembra schierato, vuol dare un giudizio sulla guerra in Libia strettamente antifascista trascurando la vera spiritulità dell'epoca che era molto diversa dal film e di non facile definizione, basti pensare alla grande adesione di massa al fascismo e al culto per il ritorno simbolico del sacro romano impero che facevano della guerra coloniale una missione di democrazia e civiltà soprattutto per gli altri e non per sè.
Monicelli finisce per fare un film da intrattenimento e antimilitarista fregandosene dello spessore storico che un film del genere richiedeva.
Peccato.

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Ultima risposta 16/12/2006 13.25.08
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Invia una mail all'autore del commento signor_kappa  @  02/12/2006 15:54:58
   8 / 10
E'' il primo lungometraggio di Monicelli che vedo, se si eccettua l''episodio "Renzo e Luciana" nel film "Boccaccio 70". Un film strettamente legato ad altri grandi film del passato quali "Mash" del compianto Robert Altman e probabilmente a "La grande guerra" e "L''armata Brancaleone". Dopo quasi settant''anni si trova il coraggio e l''occasione per parlare della guerra dalla parte degli italiani, dopo il tentativo abortito de "L''armata s''agapò" del 1946, mai distribuito per insondabili ragioni di stato. Quello che il film evidenzia è la grande solidarietà umana tra commilitoni al di là delle brutali propagande di guerra dell''epoca, che volevano essere le uniche depositarie dei rapporti umani e sociali. Una commedia umana con episodi di cui ridere e piangere intervallata qua è là da bombardamenti alleati che ci fanno capire che la guerra non è uno scherzo. Un film di guerra in piena regola e in grande stile, se si pensa soprattutto che l''Italia cinematograficamente parlando non è fortissima in questo genere. Spettacolari le notti nel deserto e toccanti alcuni passaggi quali il finto matrimonio. Qualche limite stilistico come la durezza di alcuni passaggi da una scena all''altra e lo scarso approfondimento nello scambio di lettere tra il maggiore e l''amata sposa, ma è roba di poco conto. Strepitosa l''interpretazione del generale (ma chi è l''attore? Come si chiama? Davvero bravissimo). Ricostruzioni scenografiche e scrittura impeccabili. Una tragedia in forma di commedia, come credo il nostro regista, che a 91 anni gira un film con il ritmo che potrebbe tenere un regista giovanissimo, sappia fare alla perfezione. Bravo Monicelli.

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Ultima risposta 03/12/2006 16.18.17
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