la sfida del samurai regia di Akira Kurosawa Giappone 1961
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la sfida del samurai (1961)

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locandina del film LA SFIDA DEL SAMURAI

Titolo Originale: YOJIMBO

RegiaAkira Kurosawa

InterpretiToshiro Mifune, Eijirô Tono, Takashi Shimura, Kamatari Fujiwara, Seizaburô Kawazu, Susumu Fujita, Daisuke Katô, Tatsuya Nakadai

Durata: h 1.50
NazionalitàGiappone 1961
Generedrammatico
Al cinema nel Novembre 1961

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Trama del film La sfida del samurai

In un piccolo villaggio due fazioni si combattono da lungo tempo. Un giorno giunge nel villaggio un samurai che, saputa la situazione, decide di offrire i suoi servigi ad una delle due parti.

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Voto Visitatori:   8,58 / 10 (49 voti)8,58Grafico
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Voti e commenti su La sfida del samurai, 49 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

Gruppo REDAZIONE amterme63  @  08/05/2010 17:00:17
   7½ / 10
Kurosawa continua a sfornarci film dove cerca di sviluppare temi etici-sociali, anche molto importanti, traducendoli in divertimento cinematografico. Il capolavoro di questo metodo di rappresentazione è l'insuperato "I sette samurai", dove le varie figure di "eroi" sono prima di tutto dei normali esseri umani con la loro storia, i loro problemi esistenziali o di ordine pratico e dove il vero protagonista della vicenda è però la società umana.
Con "Yojimbo" Kurosawa ripropone lo stesso modello in una variante più semplice e certamente meno riuscita. Al centro della storia c'è sempre la società umana con le sue storture (il villaggio è l'effettivo protagonista del film) e per dare maggiore risalto a questa aspetto tralascia volutamente di approfondire la figura dell'eroe. Di lui non sappiamo il nome ("Sanjuro" se lo inventa su due piedi), la provenienza, il perché e il per come delle sue azioni. Per Kurosawa non serve saperlo, non è importante. Quello che conta è il modo con cui si comporta (profondamente razionale e intellettivo, senza vizi, utilizza ma non ambisce al denaro, non ha desideri sessuali) in contrasto con l'istinto bestiale e i comportamenti non mediati, grezzi e distruttivi della controparte.
Sanjuro è quindi più un personaggio "simbolo" che un essere umano nella sua interezza. Toshiro Mifune ha però l'accortezza di rappresentarlo in maniera molto viva e affascinante. Soprattutto fa parlare gli occhi, lo sguardo. Dietro la scorza ruvida e il comportamento sornione e spavaldo fa intravedere un cuore, un interesse idealistico e non meramente utilitario. Non spiega apertamente il suo scopo ma lo fa capire, del resto è palese ed evidente dal tipo di azioni che intraprende, ed è quello di aiutare la collettività a vivere meglio. Il resto per lui è relativo (casa, affetti, ricchezza …). La sua storia non conta, conta solo quello che riesce a fare per gli altri.
E' il villaggio quindi la parte che ha più attenzione nel film. Come al solito Kurosawa agisce molto sull'atmosfera e sull'ambiente. Intanto siamo in inverno e mai il bianco e nero è stato così essenziale alla storia. Non c'è una volta che venga inquadrato un albero, un fiore, un ruscello. Il film si svolge tutto all'interno di due o tre vie nude e polverose, sferzato dal freddo e dal vento. Non hanno nemmeno l'onore di una ripresa in panoramica. Non si vuole dare alcun senso estetico ai luoghi, ma riprodurli nella loro nuda funzione. Splendide comunque le riprese dall'interno delle case, che rendono bene l'idea dello spiare, la diffidenza e l'ipocrisia che regnano in quel luogo.
Il paesaggio umano è altrettanto desolante. Intanto dominano le "yakuza", il sistema di potere a clan, che procura sì sostentamento a chi si affilia, ma si basa tutto sulla prevaricazione, sulla violenza, sull'arbitrio, sulla (auto)distruzione (la vita ha scarsissimo valore). Strabiliante la similitudine con la struttura della camorra italiana.
Kurosawa rappresenta questo mondo come un mondo di ridicoli straccioni, addirittura fifoni e vigliacchi (vedi il primo scontro fra le parti) e utilizza una chiave parodistica e satirica per rappresentarli. Insomma non valgono quasi niente e ucciderli non è perdita per la società. Certo, anche loro sono "esseri" umani e hanno tutto il diritto di lamentarsi della vita che fanno e della bassissima paga che ricevono.
C'è però anche una società sana, poche persone, simboleggiate dall'oste che oscillano fra rassegnazione e speranza. Il suo aiuto a Sanjuro sarà decisivo. L'oste è forse l'unica nota positiva del film.
Kurosawa ha sempre evitato i facili ottimismi e anche qui non si smentisce. L'unica speranza in situazioni del genere è che i vari clan si autodistruggano a vicenda. Non c'è da sperare in un intervento istituzionale. L'ordine costituito è addirittura complice della mafia, riescono benissimo a convivere uno accanto all'altra. Allora che si deve fare? Aspettare che cada dal cielo uno capace, intelligente e disinteressato come Sanjuro? Grama prospettiva ….
Ecco il problema del film. La parte etica/sociale non riesce ad avere la preminenza nei pensieri dello spettatore (a parte la dimostrazione spettacolare del primato della ragione sull'istinto bestiale) e quindi l'attenzione si sposta tutta sulle imprese descritte e purtroppo da questo punto di vista il film ogni tanto langue.
Kurosawa ha fatto poi un piccolo errore. Non si è accorto che nel cinema spesso conta di più quello che non c'è su quello che c'è. Per questo tutta l'attenzione di chi segue il film va sugli interrogativi e i misteri che riguardano Sanjuro, piuttosto che sulle storture sociali e sulle sue conseguenze civili (cosa che probabilmente non era nelle intenzioni di Kurosawa).
Leone ha capito benissimo questo aspetto peculiare del cinema e ha ripreso la stessa vicenda considerandola però da un lato completamente diverso.
Ma questo è tutto un altro film ….

22 risposte al commento
Ultima risposta 11/05/2010 17.52.38
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Mr.619  @  07/07/2009 12:32:08
   9½ / 10
Akira Kurosawa è uno di quei pochi maestri della tecnica e vera e propria gnoseo-ontologia cinematografica che solo registi come lui, insieme ad altri maestri di tale caratura, sanno ricreare in tutto il suo essere, la sua atmosfera epica, attraverso la ricostruzione di scenari sociali in cui sono i samurai, allegoria metaforico-iperbolica dell'"idea" della giustizia e fortuna divina, a giungere come sempre, nella tradizione dei guerrieri più antichi del mondo, raminghi, per poi continuare il proprio viaggio ancora dai tratti e sembianze opache, come negli orizzonti (mai) perduti e conclusi di Sergio Leone, in direzione di un'ulteriore meta, prima di constatare che non si è compiuto altro se non la teologia astrale " uranica" dei due prinicipi metafisici essenziali, il Bene ed il Male, con, per necessità e per la forza del tempo, vittoria del Bene su ogni cosa.Lo stesso villaggio tipicamente orientale descritto nella pellicola, se visto da una visuale ( presente anche nel film) obliqua e, per così dire, impersonalizzata, riesce a trasmettere allo spettatore la sensazione di star guardando non un semplicistico scontro all'ultimo grido e sangue fra due fazioni opposte che si contendono il potere territoriale, ma, tutt'al più, di star assistendo alla reale lotta ed opposizione (quasi eraclitea ed anasssimandrea) tra due sostanze precordiali, concordate in armonia-divisione dal fine mediale, rappresentato dal quasi mistico samurai.Eccezionale.

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Ultima risposta 09/05/2010 00.39.12
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Gruppo COLLABORATORI Harpo  @  27/01/2008 15:13:12
   9 / 10
Se Orson Welles è stato il più grande innovatore della storia del cinema, Kurosawa è senza dubbio il secondo.
"La sfida del samurai" è un film avanti almeno 10 anni rispetto all'epoca in cui è stato girato: la pellicola di K. verrà poi ripresa innumerevoli altre volte (e non pensiamo solo al fin troppo ovvio "Per un pugno di dollari") per quanto riguarda il processo di caratterizzazione apportato al perfettto personaggio interpretato da Mifune, allo sviluppo della vicenda e per i tempi dell'azione (che confermano una volta di più la perfezione stilistica di Kurosawa).
Un capolavoro che deve essere visto da qualsiasi cinefilo.

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Ultima risposta 04/12/2008 12.24.02
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Invia una mail all'autore del commento wega  @  22/01/2008 10:11:38
   8½ / 10
Ma fatemi capire una cosa: veramente "Per un pugno di dollari" non è ufficialmente il ramake di questo film?
Nel 1961 Kurosawa mette in piedi un western nipponico davvero notevole, un esempio questo di una vera sceneggiatura che sta in piedi in qualsiasi punto, senza ricorrere ad esagerazioni e trovate discutibili. E' interessante poi come, quello che è considerato dal Mereghetti la migliore opera di Leone sia tra l'altro la sua trasposizione a colori di questo film. Anche l'effetto dei piani più vicini, associati ad una profondità di campo di un piano lungo, che Leone è riuscito ad imprirvi meglio la propria mano, in realtà sono stati presi da questo film. L'unica nota a favore del lavoro italiano è senza dubbio la fotografia a colori, oltre ad essere fotografato meglio in ogni caso in tutte le sequenze. Lo widescreen in questo caso funziona bene, funzionale al meglio nella raffigurazione delle due fazioni, e nelle riprese a due attori. Il film di Kurosawa è un grande connubio di ironia, sarcasmo, carisma di Mifune, sempre più uno dei miei attori preferiti, regia maestrale e appunto una sceneggiatura che tiene la prova del tempo, un esempio il racconto della storia/situazione del villaggio all'apertura, mano a mano, delle finestre di ogni lato della baracca, non capisco perchè una cosa così funzionale non la si veda più ai giorni nostri, in tempi di "già visto" in cui ormai ci troviamo. Un ottimo film, di certo non tra i più profondi del regista nipponico, ma comunque una grande opera.

8 risposte al commento
Ultima risposta 04/12/2008 20.34.30
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Gruppo COLLABORATORI julian  @  29/10/2007 19:25:31
   8 / 10
Mi rincresce dirlo, ma Leone ha scopiazzato mezzo mondo di questo film...
Ha soltanto americanizzato un pò il tutto: le katane sono diventate pistole, i samurai sono diventati cowboy e il gioco è fatto.
Ha persino copiato la battuta delle botti da morto (che in Per un pugno di dollari diventano bare).
Mi piace più il capolavoro di Leone, anche se bisognerebbe riconoscere più merito alla pellicola che per prima ha proposto la storia, che in questo caso sarebbe La sfida del samurai.
Cmq, anche senza fare il paragone tra i due film, questo rimane un ottimo lavoro di Kurosawa, con cui ci si passano due divertenti orette.

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Ultima risposta 26/01/2008 23.45.08
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conway  @  25/10/2007 19:19:55
   9 / 10
Ma veramente Sergio Leone credeva che Kurosawa non si sarebbe accorto che l'aveva copiato? Ma no è impossibile,sarà stata una voce messa in giro...è praticamente uguale, solo che la spada è la pistola e la pistola è il fucile...
Comunque bellissimo, scorrevole, divertente e girato in modo brillante e sapiente.

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Ultima risposta 20/01/2008 18.25.59
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Dick  @  01/07/2007 19:12:05
   9 / 10
Film, che da come ho letto nasce un pò come parodia di certi western hollywoodiani, veramente godibile e coinvolgente con un Mifune che interptreta alla grande il samurai sornione ed enigmatico, che si dimostrerà anche di buon cuore, che con la sua astuzia riesce a sconfiggere il castello di avidità, violenza e anche vigliaccheria rappresentato dalle due bande. Ce ne fossero di tipi così.

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Ultima risposta 08/08/2014 11.11.04
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BobRobertson  @  14/08/2006 18:29:50
   7 / 10
bello, davvero.
si, questo film ispiro' parekkio Sergio Leone (il mio regista preferito) nella realizzazione di "Per un pugno di dollari"... solo ke il western leoniano inkasso' molto di più.
è comunque un film bellissimo nato da un'idea tanto banale quanto geniale...
grande kurosawa!!

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Ultima risposta 21/07/2007 01.39.00
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