Inverno 1898, quattro famiglie vivono in una cascina nella provincia di Bergamo. Periodicamente devono versare parte dei raccolti al padrone della fattoria. Un giorno un bambino torna da scuola con uno zoccolo rotto e il padre ne intaglia uno nuovo. Ma per farlo ha tagliato un albero senza chiedere il permesso. La punizione è severa...
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Se mentre guardi un film della durata di tre ore cominci ad essere infastidito dal fatto che il tempo passi troppo in fretta e tutto possa finire presto, allora stai guardando un capolavoro. E se altri condividono il tuo pensiero in questi termini non puoi non dare più di 9, appunto il massimo. Olmi ha realizzato tanti film stupendi, ma nel caso de L'Albero degli Zoccoli si è superato. Un piccolo mondo antico che anche se non vuole essere un esaltazione del passato a tutti i costi affascina tantissimo. C'è la cultura contadina come c'è anche l'ignoranza, c'è una ricostruzione perfetta di un periodo storico e di usanze ancora vicine a noi ma oramai sparite quasi del tutto. Senza timore di risultare troppo banale, Olmi inserisce episodi di grande ingenuità narrativa che però riescono a svuotarsi di ogni tronfia spettacolarizzazione nella messa in scena cosi naturalistica (ad esempio, l'acqua miracolosa). è l'ingenuità e il candore dovuti anche all'ignoranza contadina, con i suoi lati positivi e negativi. Ha ragione chi dice che L'albero degli Zoccoli è l'altra parte della medaglia di Novecento; laddove il lavoro di Bertolucci, affascinante anch'egli, si infrange però nella presunzione di raccontare un periodo storico filtrato dalle lenti di un'ideologia, Olmi sceglie la via dell'umiltà e quasi di non raccontare: non c'è lotta di classe, ad esempio, né il sapore epico (che pure non manca) abbraccia decadi e un'intera generazione. è una storia semplice, che grazie alle abilità documentaristiche di Olmi raggiunge un tocco di verosimiglianza unico nel suo genere (attori tutti contadini mentre il cast in Novecento era stellare, non spettacolarizzazione del film, oltre che i luoghi delle riprese). è per questi motivi "umili" e di semplicità che Olmi ha realizzato un capolavoro assoluto, e Bertolucci invece il suo bellissimo capolavoro mancato. L'epica di un quotidiano passato, quasi una finestra aperta su un altro tempo. Con i suoi toni da fiaba e pure le amare disillusioni esplicitate nel finale in verità poco consolatorio. Una visione che potrebbe apparire idilliaca di un passato e di un luogo ma che in realtà, guardando meglio, non appare tale. Ma certo resta una gioia per gli occhi. Uno dei migliori film italiani di sempre, bellissimo perché provinciale.