In un futuro imprecisato, un drastico cambiamento climatico ha colpito duramente l'agricoltura. Un gruppo di scienziati, sfruttando un "whormhole" per superare le limitazioni fisiche del viaggio spaziale e coprire le immense distanze del viaggio interstellare, cercano di esplorare nuove dimensioni. Il granturco è l'unica coltivazione ancora in grado di crescere e loro sono intenzionati a trovare nuovi luoghi adatti a coltivarlo per il bene dell'umanità.
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Ciò che mi spinge a dare un voto non eccelso a "Interstellar" è il problema di fondo, ovvero la sceneggiatura; non ci vuole un esperto di fisica, un arguto agronomo o un luminare dell'ingegneria aero-spaziale per notare le numerose forzature e le scempiaggini che Nolan -con il fidato fratello Jonathan- accumula senza alcuna remora durante l'intera visione. Trattandosi di fantascienza si potrebbe anche soprassedere, il genere si pone già di per sè come incline ad accogliere situazioni impensabili per la mente umana, e la storia cinematografica in questo senso è piena zeppa di assurdità assortite. La critica però questa volta è inevitabile, fomentata dall'ambizione di un autore convinto di di aderire ad un canovaccio il più realistico possibile, fondando soluzioni proprie per dare coerenza ad uno script che partendo da spunti interessanti tramuta in discutibili più snodi, tra l'altro affossati da dialoghi mai ispirati e da "spiegoni" poco convincenti Inoltre non mancano palesi ingenuità, che da un "costruttore" del calibro di Nolan non ci si attenderebbe mai. Comunque, lasciando da parte pipponi cervellotici, spoiler e disquisizioni in fin dei conti sterili ci si può concentrare sugli aspetti salvabili, che non sono pochi. Esempi: cast azzeccato, soundtrack suggestiva (ad opera di Hans Zimmer), visione dell'apocalisse per nulla in linea con ciò che conosciamo, buon intreccio in cui il tedio non ha mai il sopravvento nonostante una durata fiume (e magari piantiamola con queste pellicole infinite) in cui fortunatamente i passaggi da sbadiglio sono rarissimi, visione complottistica riguardo le missioni lunari. C'è poi la solita gigantesca regia di Nolan, con effetti speciali eccellenti e un digitale ridotto ai minimi termini, la fotografia è altrettanto curata, sia nel riportare il grigiore agreste dei campi, sia nell'immaginare un cosmo in cui a farla da padrone non sono solo lo scontato azzurro della Terra o l'accecante bagliore del sole. Si crea poi una sorta di malinconia di fondo a me particolarmente gradita ed indispensabile in questa fantascienza intimista, lontana dagli eccessi kitsch di un qualsiasi "Star Trek" o "Star Wars". Si vorrebbe inquadrare un futuro possibile quindi, divelto però dalle soluzioni di uno script funzionale dal punto di vista dell'intrattenimento ma non in simbiosi con la spocchia di Nolan, il quale, si impunta nel voler spiegare tutto, quando invece lasciare qualcosa celato tra le inesplorate profondità del cosmo o nelle misteriosi leggi dell'esistenza avrebbe giovato. E quel finale, commovente ma allo stesso tempo fin troppo spinto nella sua ricercatezza, pur riannodando i vari fili, lascia dapprima spaesati, poi freddi.