I re e le regine, i principi e le principesse, i boschi e i castelli di tre regni vicini e senza tempo; e poi orchi, animali straordinari, draghi, streghe, vecchie lavandaie e artisti di circo: sono i protagonisti di tre storie liberamente ispirate ad altrettante fiabe de "Il racconto dei racconti" di Giambattista Basile.
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Bellissimo constatare che questo film sia liberamente ispirato ad una raccolta di novelle napoletane del 1600: spesso la nostra esterofilia ci impedisce di apprezzare quello che viene prodotto in casa nostra, sminuendone il risultato. Garrone sceglie tre di queste fiabe e le traspone su pellicola, riuscendo a stupire grazie ai molteplici pregi. La fiaba deve trasmettere una morale prima di tutto, ma non per questo deve edulcorarsi, snaturando il suo stesso significato. Garrone non lesina con il sesso, la violenza fisica (e psicologica), ma soprattutto non cade nel banale errore di voler dare a tutti costi il lieto fine. In queste tre fiabe quello che emerge è lo sfruttamento del sentimento dell'amore, piegato al servizio di cupidigia, invidia, e morboso attaccamento. Sono tanti i personaggi che con il proprio "amore" ledono chi gli sta intorno, dettando scelte e guidando i destini ,soffocando la libertà che loro stessi pensano di concedere. I risultati nefasti saranno la diretta conseguenza. Colpevoli e innocenti pagano allo stesso modo, dimostrando che la fiaba è molto più onesta ed equa di parecchie storie che siamo costretti a sorbirci. Lo sviluppo narrativo è sicuramente semplice, ma Garrone aumenta l'attesa nello spettatore incrociando le tre storie contemporaneamente, ma senza mai condurle ad un punto comune (se non nelle sequenze finali). Ho apprezzato molto la scelta del regista di non voler dare un punto di riferimento "temporale" alle vicende: infatti a testimonianza di questa mia opinione si può citare la presenza dello scafandro da palombaro, o di un fucile. La componente fantasy è presente, ma è letteralmente stuprata dai personaggi in scena, che la piegano per i propri scopi.
Il drago viene ucciso per poter permettere alla regina di rimanere incinta di un figlio, con l'ausilio di una vergine a sostenere il rito.
La pulce gigante viene accudita dal re, ma appena muore la sua pellaccia viene immediatamente sfruttata dal sovrano per soggiogare la figlia ( fregandosi con le proprio mani).
Brava la Hayek, ma una spanna sopra tutti Jones, il più convincente dell'intero cast. Infine un plauso alla scelta di girare più scene "reali", senza mai abusare del green-screen e di altri effetti visivi che allontanano lo spettatore dalla realtà (nel senso più negativo del termine). Ne consiglio la visione, a patto che ci si aspetti una fiaba con sfumature surreali\grottesche, più che un vero e proprio fantasy.