Nella giungla birmana alcuni ufficiali e soldati inglesi sono prigionieri dei giapponesi. Questi ultimi impongono agli inglesi di costruire un ponte, essenziale per i loro trasporti di guerra. I prigionieri si rifiutano di farlo. Ma in un secondo tempo, il colonnello comandante degli inglesi Nicholson, per dimostrare la propria superiorità, si dedica con i suoi alla costruzione di un ponte imponente, mettendosi per così dire in competizione con gli avversari in una specie di paradossale fanatismo patriottico.
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A me questo film piace tantissimo. Un kolossal spettacolare caratterizzato ovviamente dalla consueta forza visiva dei film di Lean, che coniuga spettacolarità e una riflessione sulla guerra, mescolando toni e temi diversi. La cifra patriottica del film è chiara ma non banale, non ci sono rivendicazioni di una presunta superiorità culturale di un popolo. L’antimilitarismo è veicolato da un’analisi sulla guerra in senso lato, con una maggiore attenzione ai suoi codici morali e ai diversi comportamenti che ne scaturiscono, trovando nel dualismo dei due colonnelli e nella sfida dell’uomo con se stesso e con la natura, due efficaci e coinvolgenti chiavi di lettura.