La storia di una grande famiglia alto borghese che ha ormai perso i suoi valori. Specchio di una società votata alla falsità, all'egoismo e all'infelicità. Sullo sfondo, Calais, spazio di transito per i rifugiati.
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Il cinema di Haneke inizia a mostrare la corda. Sul tema "crepe dietro la facciata rispettabile dell'alta borghesia occidentale" penso che Bunuel avesse già detto tutto mezzo secolo fa…poco di interessante è stato aggiunto da allora. In particolare sembra che ultimamente i registi che affrontano la materia si limitino ad alzare sempre di più l'asticella in tema di nefandezze di cui questi presunti "mostri" borghesi possono essere capaci (penso anche al recente Elle di Verhoeven sempre con la Huppert, bravissima ma ormai prigioniera da anni dello stesso ruolo). Qui alla già nutrita lista di sconcezze si aggiunge
Per il resto è sempre più o meno la solita solfa...tradimenti, nevrosi, depressioni…lo stile del regista austriaco è sempre quello, ormai mummificato, con piani sequenza ed inquadrature fisse dentro le quali i protagonisti vengono osservati con l'occhio freddo e distaccato di un entomologo, a scapito di qualsiasi partecipazione emotiva dello spettatore. Tutto voluto, certo, ma alla fine sorge spontanea una domanda : "sì va bene e allora?"