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Una lenta e quasi impercettibile perdita dell'innocenza dopo aver compiuto un gesto nobile; questo l'incipit della pellicola che segna il debutto di Lee Chang-Dong, regista coreano tra più interessanti. Inizia con una beffa del destino e si chiude in maniera identica, con una coincidenza che condurrà all'incontro i due microcosmi cui il protagonista Makdong è legato. Un giovane appena congedatosi dal servizio militare torna a casa per vivere con madre e fratello affetto da gravi problemi (singolare a tal proposito l'aggancio con "Oasis",forse il miglior film di Chang-Dong),la sua massima aspirazione concerne nell'aprire una piccola attività da mandare avanti con i familiari nuovamente riuniti sotto lo stesso tetto. I sogni possono avverarsi ma a volte perché ciò avvenga lo scotto reclamato è immane e a Makdong, dopo essere entrato a far parte di un clan malavitoso, non saranno fatti sconti. Da notare come le figure del boss,della femme fatale e del novello criminale si distacchino abbastanza sensibilmente dai soliti modelli,venendo poi inseriti in un contesto che favorisce più lo sviluppo dei caratteri che l'azione, relegata quasi sempre sullo sfondo e sostanziale solo nelle battute finali.Queste di certo le più riuscite, grondanti di un lirismo drammatico che eleva il valore di un film fino a quel momento appena discreto. L'analisi di Lee Chang-Dong , pur originale, giunge troppo spezzettata e discontinua, soprattutto priva di elementi particolarmente entusiasmanti almeno fino a quando il protagonista a causa della sua impulsività e in segno di gratitudine traccerà il punto di non ritorno. "Green Fish" è pellicola strutturata seguendo motivazioni che acconsentono solo superficiali aderenze con i personaggi, per questo motivo nel pre-finale si resta piacevolmente sorpresi da qualcosa che finalmente lascia i sentimenti esplodere.