Fine anni '80 a Parigi: un gruppo di giovani attori è appena stata ammessa a Les Amandiers, la prestigiosa scuola di teatro diretta da Patrick Chéreau. Sono all'inizio della loro vita e della loro carriera. Lungo la strada impareranno, reciteranno, ameranno, avranno paura, vivranno al massimo e affronteranno anche le loro prime tragedie.
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Credo che il problema di fondo di questo buon film sia la scarsa empatia che si raggiunge con i due protagonisti. La ricca e fragile Stella intenta a salvare il fin troppo palesemente dannato Etienne in una specie di incubatore che è la prestigiosa scuola di teatro Les Amandiers. Un covo di disperazione, ambizione e frustazione dove l'amore per il teatro è fagocitato dal sentimentalismo, dagli eccessi e dalla promiscuità. Come succede in tutte le scuole di teatro (l'ho vissuto in prima persona). Ciò che veramente contava è la radice dei personaggi che è solo accennata in alcuni dialoghi e che, se invece esplorata, avrebbe dato conistenza a questa dimensione filmica che rimane fin troppo teatrale nel teatro. La Bruni Tedeschi padroneggia il mezzo, ma non è Bertolucci, nonostante la grana della pellicola e un'ambientazione credibile e curatissima. C'è poca famiglia, poca politica. Sprazzi di paura da aids, chernobyl, messi sullo sfondo per contestualizzare ma senza mettere a fuoco. Come alcuni film autobiografici, il film rimane informe, quasi un ripercorrere la memoria cercando una struttura drammaturgicam che sfugge all'autrice. Ma anche allo spettatore.