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Il capolavoro surrealista di Jan Svankmajer: una splendida rappresentazione della vita umana, dal buio prima della nascita (Darkness), alla vita (Light), fino alla morte (di nuovo Darkness), illustrata con quel gusto per lo sconvolgimento delle proporzioni tanto caro a Magritte (mi vengono in mente quadri come Le affinità elettive, La tomba dei lottatori, La camera d'ascolto ed altri) ed utilizzando la tecnica dello stop-motion con figure di plastilina (come per Dimensions of Dialogue).
Svankmajer insegna, al contrario di quanto ci fanno vedere Lynch, i fratelli Quay o Maya Deren, che il cinema fatto di immagini surreali (ed il surrealismo in generale) non è solo costituito da immagini astratte dal forte impatto visivo che si basano su accostamenti di oggetti e situazioni inusuali ma fini a sé stessi e mai ragionati, prive di una qualsiasi logica e collegate fra loro solo per il gusto di snodare una serie di fotografie ad effetto, ma può e deve trasmettere un messaggio e farsi metafora di un certo concetto, oltre che stupire visivamente lo spettatore.