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La regia aggressiva e feroce rimane sempre la stessa ma Tsukamoto in Bullet Ballet risulta meno violento del solito e più lineare nel tracciare una storia comunque sempre ai limiti. Unico momento felice saranno i secondi iniziali,poi tutto precipita in una spirale di autodistruzione e morte; il feticismo dell'arma che ha portato via la sua compagna porterà il protagonista ad addentrarsi nei bassifondi di una città sempre più meccanica ed estraniante,temi fondamentali e sempre presenti in Tsukamoto,in un vortice di distruzione. Il protagonista interpretato dal regista stesso infatti sembra voler cercare la morte a tutti i costi,salvo poi smentirsi per una presunta mancanza di coraggio che non gli permette di tentare il suicidio. Allora la sua non è nient'altro che una disperata ricerca di vivere,e il finale tanto poetico quanto ermetico sembra proprio essere improntato su questa direzione: una corsa sfrenata con cui si vuole affermare di essere ancora vivi. Una corsa dalla morte. Almeno questo è quel che ho pensato io. Ogni tanto,anche se raramente,gira a vuoto e ci sono personaggi che non si capisce dove vogliano portare però questo è cinema di altissimo livello e forse proprio perché il regista giapponese ha cercato di dare una linea narrativa ai suoi deliri Bullet Ballet riesce a convincere. Poi la musica industriale,la follia e la velocità unita alla potenza visiva di alcune scene lo rendono un ottimo film dallo stile unico e riconoscibile di questo regista da scoprire per chi ancora non lo conoscesse.