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Il genio immaginifico dell’appena ventiduenne David Lynch partorisce questo “incubo cinematografico” (ibrido tra animazione in “stop-motion” e parti recitate), che –come lo stesso regista spiega in un’intervista- trae spunto da un sogno turbolento della nipote di sua moglie, durante il quale ella pronunciava convulsamente le lettere dell’alfabeto. Ne viene fuori un cortometraggio angoscioso, caratterizzato da atmosfere disturbanti –generate da colori cupi e da inquietanti sonori distorti- che preannunciano quelle che si ritroveranno nel successivo “The Grandmother”, e soprattutto nel primo lungometraggio del grande cineasta americano: “Eraserhead”. Lynch, in meno di 4 minuti, rappresenta il tormento infantile (patito dallo stesso regista quando era un bambino) dovuto agli effetti deleteri e coercitivi di una educazione restrittiva, in cui le dure imposizioni sono vissute come veri e propri traumi: come palesa l’ultima sequenza, che mostra la ragazzina protagonista del corto vomitare sangue sul suo letto.