solo un padre regia di Luca Lucini Italia 2008
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solo un padre (2008)

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Titolo Originale: SOLO UN PADRE

RegiaLuca Lucini

InterpretiLuca Argentero, Diane Fleri, Claudia Pandolfi, Fabio Troiano

Durata: h 1.33
NazionalitàItalia 2008
Generecommedia
Tratto dal libro "Avventure semiserie di un ragazzo padre" di Nick Earls
Al cinema nel Novembre 2008

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Trama del film Solo un padre

La vita di Carlo, dermatologo trentenne, è governata da una movimentata ma serena routine. Il lavoro nel suo studio, le corse al parco, le serate con gli amici di sempre. E, ogni sera, il ritorno a casa, dove lo aspetta la piccola Sofia. Carlo, infatti, è un ragazzo padre e Sofia, dieci mesi e la capacità di assorbire tutte le sue energie fisiche e mentali, la sua unica, vera passione. Nel mondo di Carlo, padre premuroso quanto inesperto, non sembra davvero esserci spazio per altro. Di certo non per gli improbabili appuntamenti che organizzano i suoi amici ansiosi di trovargli una compagna. La sua vita va già benissimo così, Carlo ne è certo. Certezze destinate a vacillare il giorno in cui Carlo incontra la fragile ma entusiasta Camille per caso nel parco...

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Voti e commenti su Solo un padre, 41 opinioni inserite

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Gruppo COLLABORATORI gerardo  @  18/01/2009 14:32:16
   3½ / 10
Salutato come il film "impegnato" di un regista avvezzo alle minchiate adolescenziali e alla celebrazione delle (italiche) inanità borghesi, "Solo un padre" replica, in realtà, tutti i crismi della mediocrità di un certo cinema italiano: la visione, molto televisiva (e che televisione, poi!), piccolo borghese della realtà che non va oltre i propri vezzi, in linea con una cultura italiana contemporanea in profonda decadenza e profondamente ignorante, acritica.
Prevedibile come un peto al mattino, non ha una sola scena, un solo passaggio che non si possa anticipare senza provare una sensazione di fastidio. E questa devastante banalità fa tanto più paura - a chi vi scrive - se si pensa a quanto scontato possa essere lo sviluppo della trama (trama?...) e l'uso dei personaggi. E i dialoghi, stupidi, insulsi, che ritroveremmo in ogni diarietto di giovinetta sognante e non ancora svezzata, sono il degno corollario ad un film che invece di raccontare una storia, mette insieme una sequenza di siparietti miseramente già visti: padre gggiovane e vedovo, però brillante borghese e affermato nella professione - mica una mer.da qualsiasi -, ma col vuoto nella vita privata, sull'orlo della disperazione, che incontra casualmente nel parco, ma va!..., e poi nel supermercato, la gggiovine tellurica sbarazzina che lo fa emozzzionare di nuovo e blablabla... e i ricordi di chi non c'è più e il passaggio di consegne nel quadro affettivo del povero - sti*****! - paparino colpito da immane tragggedia. Il discorsetto finale di papà premuroso alla batuffolosa Sofia, summa (simbolica) della mediocrità concettuale e culturale di questa operazione, ma anche dei protagonisti/autori/destinatari ideali dell'opera, è uno dei momenti più inquietanti di tutto il film. Roba che "Tre metri sopra il cielo" era pure più sincero nel suo destino pro(to)adolescenziale.
A dare il volto - un po' idiota - al giovane papà protagonista è Luca Argentero, che non a caso viene da quella televisione simbolo e specchio di un universo culturalmente devastato. In fondo, per quella parte, in quel film, ci sta benissimo: è quello il mondo, appunto, che si vuol raccontare, quello è il target che si vuole raggiungere.
Diane Fleri, insopportabile dal vivo, riesce molesta anche in scena. La sua parte è quella di una ragazza emancipata (wow, che fig.ata!...) che dalla Francia viene a fare la ricercatrice in Italia (ma pensa, di solito sono i ricercatori italiani a scapparsene all'estero) ed è tutta sbarazzina, alternativa (come non amarla! tzè...), e per dimostrarci la sua alternatività (gli autori, non lei, poverina) vive in una casa disastrata ('na villetta in una zona residenziale altoborghese, però eh, mica un tugurio a Porta Palazzo, non sia mai...), fa pure a mano i cappellini freakkettoni (addirittura!) e per questo è vista con sospetto - ma non più di tanto, che semo tutti bboni - dagli amici perbene. Questo è il massimo che viene concesso all'estetica "naive" extra-borghese. (Che poi, dopotutto, tranquillizziamoci, pure Camille/Diane Fleri è figlia di un'imprenditore, mica di un'operaio qualsiasi).
Claudia Pandolfi, pace all'anima sua, è costretta a fare la morta.
E poi, l'amico casinista, l'amico gay (che ci sta sempre, ebbeh, siamo una società aperta), l'amica isterica (perché aviopriva) sfi.gata - e ingrifata -, che poi tanto si sistema con l'amico sfi.gato e casinista.
Ambientato in una Torino senza odori e senza differenze socioculturali, borghese nell'accezione più ideologicamente negativa del termine, "Solo un padre" è un film - oserei dire - funereo, esempio di cinema di cadaveri, o di fantasmi, come quello della moglie defunta del gggiovane protagonista, gggiovane e borghese rampante pure lei, ma - uh! - sfortunata (per fortuna, invece, vien da dire, la sfi.ga ogni tanto è democratica). La presenza del cadavere (leggasi "flashback", per i meno dotati d'ironia) della moglie serve a spiegare ai decerebrati che un tempo c'è stato un rapporto tra la defunta e il vedovo, proprio come avviene nelle più becere fiction televisive. Beata sottrazione, dove sei finita? Per fortuna doveva essere un film impegnato.... figuriamoci! L'unico cadavere, l'unico fantasma che qua intorno si aggira è quello del cinema, ahimè!
Sofia, scappa, drogati pure, qualsiasi cosa, ma sii migliore almeno tu.

4 risposte al commento
Ultima risposta 02/03/2009 16.31.36
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