1943. Cesira, si rifugia in campagna per sfuggire ai bombardamenti di Roma assieme a sua figlia Rosetta; mentre torna a Roma viene aggredita e violentata, con la figlia...
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Chi conosce il libro di Moravia dev'essersi trovato coinvolto nel solito arduo raffronto tra letteratura e cinema, io ho visto "La ciociara" senza questo fardello mentale. Forse non è un capolavoro, ma alcune opere non possono elevarvisi, sono nate per essere doni democratici. Il film è Cesira: carnale, concreta, profondamente calata nella realtà, quasi un prolungamento della terra. Un personaggio femminile per me indimenticabile in quel rivendicare la "donna" oltre la "madre", ma ancor più in quel suo viscerale desiderio di libertà ("io non ce l'ho de padroni" ). L'indole indipendente e tutt'altro che remissiva della protagonista corrobora la duplice valenza dello stupro: disprezzo del singolo ma anche insulto alla Vita stessa. In un documentario sulle cosiddette "marocchinate" visto di recente una vecchia testimone affermava che "la vita non era legittima". Le figure maschili dal canto loro sono veri e propri simboli, talora dell'orrore, talora della speranza. A parte Giovanni, è soprattutto Michele la fiaccola nel buio. L'unico riscatto della ciociara e di sua figlia è riceverne e tramandarne il retaggio.