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Un piccolo grande classico dell'exploitation giapponese, ambientato per quasi tutta la sua durata tra le rancide pareti di una prigione al femminile dove, in fatto di crudeltà, la differenza tra prigioniere e sadici secondini è davvero sottile. Tra le righe è perfettamente leggibile l'atto d'accusa verso la disumanizzazione in seno al sistema giudiziario nipponico (retaggio della Nuberu Bagu), ma è chiaro che a Shunya Ito interessi l'estetizzazione ultra-pop e surrealista della violenza (lo stupro ripreso da sotto un pavimento di vetro), forte di una fotografia pastosa, baviana e glaciale. La protagonista Meiko Kaji è bellissima, volto impassibile ma occhi grandi, dolenti e spauriti al servizio di un credibilissimo range emotivo.
Attraverso soluzioni visive e simboliche sempre varie, Shunya Ito riesce ad elevare il film al di sopra dei semplici binari dell'exploitation, comunque massicciamente presente fino ai dieci minuti finali, in cui verrà creata una delle prime icone femminili della vendetta.
Film dalla trama intrigante e che vede negli anni a seguire un grande presa su pubblico giapponese. Che dire, a me è piaciuto molto. I cambi di scena, le inquadrature, i simboli. Ero partita con ben poca aspettativa da questo film ed invece mi sono trovata a visionare qualcosa di...inaspettato. Alcune scene di splatter le devo ancora comprendere, ma nel complesso direi che è ben dosato. Mi è piaciuta tantissimo la scena finale, veramente forte. Sono curiosa di vedere gli altri film della serie, sperando che siano all'altezza.
Datato è dire poco. Però devo ammettere di aver apprezzato alcune "chicche registiche" (vedi i cambi di colore delle ambientazioni, o i richiami alla bandiera giapponese). Purtroppo non mi ha rapito più di tanto. Un pò splatter ma ridicolo...
Ecchequà, un tipico "woman in prison movie", sudicio, audace e malvagio lavoro sul degrado della condizione umana all'interno di penitenziari femminili, nei quali le detenute subiscono ogni sorta di crudeltà (nella maggior parte dei casi a sfondo sessuale...) da aberranti aguzzini. La loro storia ruota di solito attorno ad una nuova ragazza incarcerata,finita li per colpe altrui, bella quanto basta per attizzare lo spettatore, e soprattutto animata da una forte sete di vendetta....insomma, tutta "sex and fury". Ma chi ha avuto la possibilità di vedersi la saga di FPS (almeno i primi tre) rimarrà sorpreso dal fatto che sebbene segua alla lettera le convenzioni del genere ha quel qualcosa che lo rende migliori dei suoi epigoni, piu arthouse che grindhouse,cioè il film oltre a essere caratterizzato dagli elementi tipici dell'exploitation è curato sapientemente dal punto di vista visivo, compaiono delle sorte di puzzle visivi che oltre chiarire lo stato d'animo della protagonista , forniscono delle chiavi di lettura che torneranno utili e saranno pienamente apprezzati alla fine della pellicola.STOPPE