marcello mio (2024)

Esempio da manuale di ciò ch'avviene quando non si rispetta la regola aurea del "less is more". Raggiungere l'inquietudine della vertigine metafisica sarà forse difficile nella pratica, non altrettanto nella teoria. S'ottiene col susseguirsi di collassi e fusioni in cui franano i precisi confini delle nostre convinzioni o distinzioni: quella fra le presunte identità, pubblico e privato, passato e presente, storia e cronaca quotidiana, realtà concreta e immaginazione visionaria, mort'e vita. È il territorio proprio del grande cinema, non solo di Fellini ma, restando ai riverberi di questo film, pure d'"After Hours" e de "Il settimo sigillo". Tuttavia, per ragioni a me ignote, Honoré si dilett'a deragliare vers'una frivola leggerezza che sabota il livello complessivo dell'opera.

Chiara Mastroianni, figlia di Catherine Deneuve e Marcello Mastroianni. Figlia quindi non di due persone qualunque ma di due leggende ed icone cinematografiche mondiali. Essere "figlia di" in casi come questo può essere spersonalizzante perché si è portati ad oscurare la propria identità per essere conosciuta, appunto, come "figlia di". Chiara, dopo aver affrontato un provino in cui gli si chiedeva di recitare "meno Catherine" e "più Marcello" ha come un cortocircuito mentale cui cerca di rielaborare la sua identità appropriandosi di quelle caratteristiche iconografiche del padre nei suoi numerosi e famosissimi film. Diventa Marcello non tanto nella sfera privata quanto nell'immaginario collettivo, generando un certo spaesamento in familiari e conoscenti, in cui trova solo la sponda di Fabrice Luchini, il quale ha come rimpianto quello di non aver recitato mai con Mastroianni. Il film tutto sommato è gradevole, a metà fra finzione e mockumentary, con qualche digressione nella trama piuttosto ridondante ed inutile ai fini del racconto, oltre naturalmente al solito "cazzottismo" tipico dei francesi. Brava comunque Chiara Mastroianni.