la vita e' bella (1997)

Benigni lo sa bene, gli orrori della seconda guerra mondiale non possono essere raccontati con due risate e qualche lacrimuccia, né tanto meno è possibile risolvere i complessi ruoli degli elementi in "gioco" con un semplicistico: questi erano i buoni, e quegli altri invece i cattivi.
Ma è conscio anche che il suo compito artistico non è quello dello storico, o del docente, o del letterato. A questo impegno vi hanno adempiuto in passato tanti nomi (e oggi ancora), di quegli artisti e giornalisti che la guerra la vissero o l'hanno vissuta, e tanti testi e tanti documentari davvero interessanti ed esplicativi sono stati realizzati; che altro, da chi è nato dopo la guerra, non sempre è opportuno aggiungere.
Per quanto lontana può sembrare la sua follia collettiva, la guerra ha attraversato il nostro pianeta soltanto poco più di mezzo secolo fa. Tuttavia, sono finite le urla lancinanti, gli strascichi dolorosi; e la ferita, apertasi nel mezzo civile dell'Europa, è ora un'enorme cicatrice che permarrà per sempre, ma che d'altra parte ha smesso ormai di sanguinare.
Il ruolo di Benigni è dunque quello del clown, di colui che viene a far visita alla grande convalescente portando un po' di buonumore e un terapeutico sorriso; con tra le mani il dono di questo film, il cui messaggio può riallacciarsi, per chi l'ha visto, a quello de "I dimenticati" di Sturges; e riportare, fatte le dovute proporzioni, al capolavoro di Lubitsch "Vogliamo vivere".

E' il suo un ingenuo e autentico omaggio allo spettacolo, alla commozione, alla risata, alla magia del grande cinema; a ricordarci che la vita, se non proprio "meravigliosa", è quanto meno bella.