the bikeriders (2023)

Bella storia, bei personaggi.
Molto in parte Tom Hardy, troppo James Dean Austin Butler, Jodie Comer molto credibile nel suo personaggio.

La storia si segue bene. Non è complessa, scorre e si percepisce la mutazione delle persone che perdono la direzione. L'unico a non perderla sembrerebbe proprio il più "matto".

Bene l'ambientazione, anche se poca musica (diritti costano), ci stanno auto, abbigliamento e un puzzle di eventi legati agli anni narrati (Vietnam, Patriarcato, ...)

Un film piacevole
se ho capito bene tratto da racconti veri, quelli che il personaggio fotografo del film va raccogliendo sulla formazione di questa banda di motociclisti che si ingrandisce sempre più e perde la direttiva.

SPOILER

ATTENZIONE POSSIBILI SPOILER

Film che riporta in voga la cultura motociclistica di fine anni 50's fino ai primi 70's, è un opera dallo stile postmoderno, che può ricordare come struttura sia il film gangster più classico, fatto di ascesa, problemi e caduta - che siano dell'organizzazione o del singolo - sia il tipo di narrazione spesso utilizzato da Scorsese, con l'alternanza dei capitoli tramite il narratore, in questo caso Kathy, donna legata sentimentalmente ad uno dei protagonisti, che narra da un punto di vista più esterno, con anche un velo di critica e nostalgia nei confronti degli avvenimenti, è un film abbastanza prevedibile nello svolgimento, che mette in gioco quei caratteri romanzati tipici del cinema americano, dallo spietato e autoritario Johnny, interpretato da Tom Hardy, che prenderà le redini di questo gruppo di motociclisti trasformandolo in una vera e propria gang, soffermandosi sul rapporto fraterno, anche abbastanza tossico con Benny, considerato il suo braccio destro provando anche una velata gelosia nei confronti della moglie, Benny dalla sua parte è un motociclista schivo, con una passione innata per le moto ma allo stesso tempo è pieno di dilemmi, gli piace quella vita ma ha una coscienza che sembra portarlo progressivamente più lontano man mano che gli eventi deragliano, che il club si espande, la sceneggiatura da la sensazione come se man mano, col crescere della popolarità di questo gruppo di motociclisti, che si nomineranno "The vandals", vengano a meno tutti i valori che rendevano unico il gruppo i primi tempi, come ammette una frase stessa del film, loro facevano i motociclisti perché non volevano avere delle regole, paradossalmente, una volta creata la gang, dovevano sottostare alle regole stabilite.

Il film procede con una messa in scena valida, tra momenti più introspettivi, specialmente riguardanti Benny e Johnny, che vere e proprie scene da gangster movie, tra qualche s*****ttata per il potere - a sottolineare la natura orgogliosa e autoritaria del personaggio di Johnny - e diversi chiarimenti dei conti, le gang motociclistiche si scontrano come le famiglie nei film di mafia, vige anche un concetto simile, molto vicino alla vendetta e alla paura che devono trasmettere, la scena di Johnny che ordina di bruciare il bar per vendicare l'aggressione a Benny ne è l'esempio più chiaro, così come si viene a creare un certo mito dietro ai personaggi e all'organizzazione che si diffonderà anche tra i più giovani, che prenderanno esempio e un giorno sostituiranno i vecchi.

Pecca abbastanza di originalità, ma è recitato ottimamente, nonostante un eccessivo caratterismo da parte dei personaggi di Hardy e Butler, personalmente mi è sembrato avere anche un ritmo incalzante, ma il maggiore difetto è che non ho visto nulla, ma proprio nulla di nuovo.

Fotografia ed ambientazioni spettacolari, alcune inquadrature sembrano foto d'autore

SPOILER
Si nota che il film è ispirato ad un libro fotografico: si è prestata la massima attenzione e cura tecnica alle immagini.
Cast di alto livello, notevole anche la cura nella scelta di accessori ed abbigliamento dell'epoca, dalle giacche di pelle, agli occhiali, ai giradischi, anche la colonna sonora riserva qualche sorpresa.
Perchè allora il voto non molto alto... già... perchè...
Dopo un'ora di film ci si aspetta che la storia prenda quota, si sollevi da quel limbo a metà tra il docufilm ed il cinema vero e proprio. C'è qualche guizzo solo nei momenti più concitati, ma non basta, nonostante le due ore filano bene e non annoiano.

Quei bravi motociclisti, un ottimo cast di caratteristi (si sprecano i nomi) e un buon regista che adatta nel modo più godibile un soggetto che è di fatto un fotoromanzo. A metà tra il documentario e il cinema tradizionale biografico (senza picchi fi qualità Scorsesiana giusto per rimanere in tema tecnico), inutile i riferimenti al genere a cui appartiene una delle colonne mitologiche del cinema americano in cui i "bad boys" la fanno da padroni come James Dean, Marlon Brando 6 Mickey Rourke. Ribelli senza causa, dannati e motociclisti.

Anche se la trama non mi è dispiaciuta non ho gradito il metodo narrativo e nemmeno la regia mi ha regalato emozioni...
Un film così risulta scontato negli avvenimenti quanto nei personaggi.
Mi ha annoiato in breve tempo ed il belloccio Austin Butler mi ha irritato.

Un film dallo stile antico ma abbastanza riuscito, piacevole e ben recitato.

Non tutti sono F.F. Coppola che sui biker ha diretto un film come "Rumble Fish" (1983), in cui la vera sfida era, ed è ancora, contr'il Tempo (https://s3.amazonaws.com/static.rogerebert.com/uploads/review/primary_image/reviews/rumble-fish/EB19830826REVIEWS50826002AR.jpg). Girare nel 2023 un altro lungometraggio secondo la poetica di Kerouac ossia, citando alcuni titoli della colonna sonora, "Declaration of Independence" (Count Five), "Road Runner" (Bo Diddley) e "I Feel Free" (Cream), è una pratica nostalgicamente demodé e malinconicamente passatista. In quest'universo dov'esistono solo perdenti e il sentimento della sconfitta, non c'è neppure sviluppo narrativo anche se Nichols si prodiga per illudersi e illuderci del contrario, mentre la sua mitizzata epopea non è che l'anticamera del Midwest trumpiano dell'assalto a Capitol Hill. Un requiem che non si smarca dall'ambiguità del falso documentarismo.

Ritratto della sottocultura dei motorclub degli anni '60 attraverso ascesa e declino dell' "epoca d'oro" dei Vandals (gli Outlaws nella realtà). Si ha la sensazione che il film sia narrato veramente come un fotolibro (quello a cui "The Bikeriders" è ispirato e che fa da filo conduttore interno alla pellicola) e forse per questo risulta un po' carente dal lato delle emozioni e, in minor parte, anche del coinvolgimento. Però Nichols è bravissimo a farci sentire l'atmosfera di quegli anni, l'odore dell'asfalto, dei tubi di scarico e dei fiumi di birra. Il resto lo fa l'ottimo cast capitanato del terzetto Hardy-Butler-Comer.
Un'opera che ha il suo grosso perché e di cui consiglio la visione. Ma non fate lo sbaglio (come ho fatto io) di aspettarvi un nuovo "Sons of Anarchy": non lo vuole essere (a parte il tema del club motociclistico la struttura è completamente diversa) e anche volendo l'epicità dell'opera di Sutter rimane irraggiungibile.

Mannaggia, che peccato: con tutto il potenziale a sua disposizione Jeff Nichols tira fuori un film che non è completamente da buttare solo grazie al suo mestiere (ma scena in chiaroscuro in cui Hardy propone il passaggio di consegne a Butler è meravigliosa).

Lento, prolisso, privo di momenti di svolta o disinteressato a questi pochi momenti di svolta quando capitano: The Bikeriders fondamentalmente si propone solo di presentare un gruppo di personaggi che potrebbero anche essere interessanti, se portassero la storia da qualche parte. E invece no, rimane tutto confinato nei picnic e nelle zuffe di cortile. Decisamente troppo poco per un film che si proponeva così ambizioso.

Il cast è sublime, anche se Butler è decisamente sottotono: zitto e imbronciato per tutto il tempo, sembra la caricatura di Marlon Brando invece di un personaggio in carne ed ossa. Bravissimi come al solito invece tutti gli altri, con menzione d'onore per Jodie Comer.

Chi si aspetta un film sulla mafia delle motociclette tipo il padrino resterà deluso.Jeff Nichols sapeva esattamente cosa aveva in mente e certo non si tira indietro, sfrutta le sue star al massimo e riesce a raccontare una storia semplice ma coinvolgente. La voce narrante della Jodie Comer è il canovaccio che unisce tutto, l'attrice inglese è perfettamente calata, il doppiaggio italiano per una volta è azzeccatissimo, dandogli quel retroterra piccolo-borghese che certo la rende un personaggio abbastanza convenzionale ed ipocrita, a lei interessa soltanto Benny, e la sua voce ochesca lo ricorda insistentemente. Poi vabbè Austin Butler affascina perfino un eterossesuale come me, mentre le donne si stracciano letteralmente le mutante. Un pò monodimensioanale, ma anche unico vero "ribelle" che praticamente se ne frega di tutto e tutti, non chiede niente, gli cade tutto ai piedi. Da manuale la scena ad inizio film con cui passa la nottata a fare la guardia alla casa di Kathy.
Per il resto poi c'è Tom Hardy che non è il Boss, ma soltanto un camionista che decide di fondare un club motociclistico che poi purtroppo diventerà altro. Ma il suo personaggio che vuole sfuggire alla convenzionalità di un esistenza mediocre ha più forza di tutti gli altri, e soprattutto ci ricorda che spesso per cambiare rimaniamo imprigionati in lacci peggiori. Soprattutto quando sei il capo di qualcosa che fà gola a molti, soltanto perchè non hanno nient'altro. Michael Shannon, Boyd Holdbrock e Norman Reedus sono dei comprimari niente male che aggiungono senza sottrarre, tra alcool e sigarette. La storia dell'america pre-68 si può vedere anche dal sellino di una moto, e soprattutto da lì cambiare prospettiva. Ottima colonna sonora che valorizza il tutto.

Rievoca qualcosa del Cinema trascorso, interpreti d'un tempo, storia ben narrata, ma la trama non è eccellente, a tratti annoia... comunque accettabile.