Recensione dracula 3d regia di Dario Argento Italia 2012
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Recensione dracula 3d (2012)

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locandina del film DRACULA 3D

Immagine tratta dal film DRACULA 3D

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Immagine tratta dal film DRACULA 3D

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C'era una volta ...

C'era una volta Dario Argento, un giovane regista che agli inizi degli anni '70 portò all'attenzione del cinema italiano un genere fino a quel momento sottovalutato: il thriller. Eppure Mario Bava prima e Lucio Fulci poi, avevano già provato quella strada. Ma in Italia la facevano da padroni i cowboy di Sergio Leone (col quale firmò la sceneggiatura di "C'era una volta il West" insieme a Bernardo Bertolucci) e gli spaghetti-western, che ottenevano consensi anche fuori dallo stivale. Dunque, perché cambiare?

Perché stava nascendo una nuova generazione. Perché i suoi primi film diedero un'impronta netta, decisa, un cambio radicale nel modo di girare. Stacco del piano lungo sul primo piano, soggettiva, primi piani sui particolari come occhi e mani, uso delle tonalità forti del colore, colonne sonore trascinanti, scarsità di dialoghi, recitazione essenziale, ricorso frequente al whodunit, riconoscibilità dell'assassino attraverso caratteristiche come l'impermeabile, il cappello e i guanti neri: questi gli elementi che portarono alla ribalta quello che venne definito l'Alfred Hitchcock italiano. Ma questa non è una fiaba e il lieto fine non è scritto.

Non c'era più, e mai ritornerà, Dario Argento nel 1990. Con "Due occhi diabolici" finisce il suo tempo e inizia quello di una decadenza inarrestabile. E senza perdere tempo ad analizzare ogni piccolo segno della fine, arriviamo diretti al 2012, all'uscita del peggior film di sempre del Maestro: "Dracula 3D".

Quando un titolo, con due sole parole, riesce già ad essere portatore di sventura, non ci sono dubbi sul risultato finale. C'eravamo lasciati con "La terza madre" e "Giallo", che avevano segnato la fine delle aspettative di una sceneggiatura degna di nota. Eppure molti di noi, incalliti amanti del regista romano, pronti a difenderlo dopo ogni più rovinosa caduta, eravamo curiosi di vedere la prossima creatura. Perché tutti noi, in fin dei conti, volevamo qualcosa di nuovo, come ai vecchi tempi, quando le sue storie e le sue trovate squarciavano le sale e avvicinavano i ragazzi nati negli anni '70 a questo genere così affascinante, qualcosa di mai visto prima... e infatti... Dracula!!!, ossia il personaggio più sfruttato da quando è nato il cinema: se c'è una figura sulla quale è stato detto tutto e il contrario di tutto (a proposito: è finito "Twilight"? Possiamo tornare a goderci i vampiri succhiasangue e non succhiasoldi?), quella è il caro, vecchio, conte Vlad. Perché rimetterci mano? E soprattutto: perché raccontarlo con quella tecnica odiosa ed al momento inutile che è il 3D? Perché un regista nato nel 1940 deve sentire il bisogno di giocare con questa tecnologia che ha deluso ad ogni latitudine?

La spiegazione ce la regala lo stesso Argento nelle interviste. Senza scomodare lunghi virgolettati, in pratica le fondamenta di "Dracula 3D" sono queste: girare la vera storia raccontata nel libro di Stoker e farlo grazie ad un uso del 3D che sia nuovo e mai visto prima. Sulla seconda idea basti dire che la grossa novità è rappresentata dalle mosche, tante mosche che svolazzano ovunque e per tutti i 106 minuti, durante i quali si rischiano colpi di torcicollo nell'indecisione tra finzione e possibili ronzii reali in sala degli odiosi insetti. Per quanto riguarda la prima idea, lasciamo che a parlare sia la trama.

Nella poco tranquilla cittadina di Pottsburgh, la giovane Tanya (Miriam Giovanelli, "Gli sfiorati") esce per incontrare il suo amante, ma sulla strada del ritorno si vede inseguita da un gufo che, aspettando l'inevitabile caduta a terra, le si appropinqua addosso trasformandosi in un uomo con zanne e canini affilati. Il giorno dopo arriva al villaggio Jonathan Harker (Unax Ugalde, "Il destino di un guerriero"), che si reca a casa di Lucy (Asia Argento, "Trauma"), la cugina di sua moglie Mina (Marta Gastini, "Il rito"), che li raggiungerà il giorno dopo ancora. Terminate le visite in casa Kisslinger, il giovane Harker arriva finalmente al castello del conte Dracula (Thomas Kretschmann, "Il pianista" e "Operazione Valchiria"), dove trova lavoro come catalogatore dei libri della biblioteca. Qui fa la conoscenza anche della nipote del conte, Tanya (la ragazza morta all'inizio e trasformata in vampiro), che tenta di succhiargli il sangue, ma Dracula non lo permette perché vuole il giovane per sé. Quando Mina arriva dalla cugina e non trova il marito, si mette anche lei in cammino verso il castello, dove il conte tenta si sedurla senza successo. Ma mentre lei fa ritorno, Dracula vampirizza Lucy e ne uccide il padre prendendo forma di mantide religiosa. Il sacerdote del paese si decide finalmente a svelare alla ragazza la vera natura di "non morto" del conte, esortandola a chiamare l'unica persona che può porre fine ai troppi decessi nel paese: il dottor Abraham Van Helsing (Rutger Hauer, "Blade Runner" e "Hobo with a shotgun"). Arrivato a Pottsburgh, inizia così la sua caccia a Dracula e uccide ad uno ad uno sia i suoi aiutanti che i suoi vampiri, tra cui Jonathan. Nel duello finale tra i due, Mina si lascia prima sedurre dal conte, ma poi, tornata in sé, raccoglie la pistola carica di pallottole d'argento e lo uccide sparandogli al cuore.

Mettere l'avviso di spoiler non era necessario, perché il finale della storia di Bram Stoker è un po' come il finale della Bibbia: lo conoscono tutti. Tranne Dario Argento. Che infatti ha già pronto il prossimo film, anche stavolta su un personaggio nuovo e dai risvolti ancora inesplorati. Il titolo pare che sia "Gesù di Nazareth".

C'era una volta un libro ambientato in Transilvania. In quel libro si parlava di un conte che tormentava i cittadini di un paese chiamato Whitby, tra cui risaltava una certa Lucy Westenra, amica della bella Mina Murray, promessa sposa del giovane Jonathan Harker, il quale si recava nel temibile castello per definire le trattative di vendita di una casa a Londra. Il suo lavoro era infatti di agente immobiliare. C'era una volta in quel libro un conte, dai poteri oscuri, chiamato Dracula. Egli poteva trasformarsi in ogni creatura della notte, principalmente pipistrelli e lupi, che sono poi le uniche mutazioni importanti. E il solo modo per ucciderlo era un paletto di frassino nel cuore. In quel libro il finale vedeva finalmente sposi Jonathan e Mina, allietati anche dalla nascita del figlio. Da quel libro sono spariti, seppur menzionati, i tre spasimanti di Lucy: John Seward, Quincey Morris e Lord Arthur Holmwood, sono sparite le avventure a Londra alla ricerca del conte e sono sparite anche le tre mogli di Dracula. In compenso sono comparse le-tanie-di-Tanya-in-Transilvania e le palline. Già, le palline. Perché quando un vampiro muore non diventa solo cenere, ma proprio piccole palline grigie sparse ovunque. Palline in 3D.

Tralasciando l'abbigliamento del conte che ricorda Terence Hill in "Don Matteo", e anche la recitazione di Asia Argento che è irritante sempre (poi un giorno ci spiegherà il senso di coprirsi il seno in una scena di nudo quando è di spalle, visto che poi nelle inquadrature frontali ce lo sbatte in faccia), ma raggiunge la comicità quando tenta di digrignare i canini, unito al fatto che sembra doppiata da Rutger Hauer (unico caso, insieme alla Bellucci in "Matrix", in cui sembrano andare fuori sincrono con se stesse nel parlare la loro lingua: l'italiano), occorre tornare alle considerazioni sul giovane Argento. Cosa lo aveva reso un Maestro?

Una delle caratteristiche era la scelta dei colori e delle musiche. Chi ha visto lo speciale contenuto nel dvd di "Suspiria" ha potuto ammirare un genio che spiega in modo estremamente convincente, morboso, la sua ricerca di vecchie pellicole kodak che sapessero restituire una tonalità di rosso particolare, che potessero immergere lo spettatore nel sangue. Chi ha visto "Inferno" sa quanto sia fantastico l'effetto che viene di rimando dal giusto uso dei colori. Chi ha visto "Profondo rosso" sa che le musiche sono fondamentali sempre, nei thriller/horror ancora di più. Quello era un Dario Argento che, pur di sbalordire, avrebbe usato delle bambine di 14 anni per recitare nei corridoi dell'Accademia di danza di Friburgo, e non avendo potuto per questioni morali, ha alzato le maniglie delle porte per far sembrare le protagoniste più piccole della loro età. Chi ha visto "Dracula 3D" sa che tutto ciò è finito nello sciacquone del bagno. Colori, tanti colori, troppi colori anche nelle scene che ne avrebbero richiesti pochissimi. Si potrebbe dire che la colpa non è tutta sua ma da dividere tra sceneggiatori, costumisti, e così via dicendo. Tecnicamente giusto. Artisticamente discutibile. Perché c'è poco da fare: negli albi di cinema, nella memoria degli appassionati, rimangono i titoli e i loro registi, tutti citano Welles o Antognoni o Miike, pochi ricordano i loro addetti alle scenografie. La verità è molto più semplice e altrettanto triste: "Profondo rosso" è un capolavoro perché Dario Argento era un Maestro, "Dracula 3D" è spazzatura immonda perché Dario Argento è finito e nessuno glielo dice.

Che poi, sulle persone che lo circondano, che lo seguono, che lo chiamano "Maestro" ancora oggi a distanza di trenta anni dai suoi film immortali, ci sarebbe da aprire un capitolo a parte. Perché forse il vero male sono loro, non lui.

Gira un video in rete in cui vengono intervistati gli spettatori presenti alla prima. Su due di loro vale la pena spendere gli ultimi pensieri. Il primo è un tipo sui 50 che afferma di non aver mai visto un film su Dracula: beh, credibile, in fin dei conti quanti ne avranno mai fatti nella storia del cinema? La seconda è una quarantenne che giura di aver letto il libro, di saperlo a memoria e di averlo ritrovato in toto sullo schermo: ecco a questa signora, forse, sarebbe il caso di recapitare la stessa epistola che andrebbe mandata ad Argento in cui gli si chiede: "Ma che accidenti di libro vi hanno dato?"

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Recensione a cura di marcoscafu - aggiornata al 03/12/2012 10.17.00

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