Recensione crank regia di Mark Neveldine, Brian Taylor USA 2006
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Recensione crank (2006)

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locandina del film CRANK

Immagine tratta dal film CRANK

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Immagine tratta dal film CRANK

Immagine tratta dal film CRANK

Immagine tratta dal film CRANK
 

Chev Chelios è un killer professionista, Eve la sua bella nuovissima fidanzata che se scoprisse le sue attività si affretterebbe a diventare ex. Chev ha una sola possibilità, smettere. Ma Ricky Verona non è d'accordo e trova un modo assai originale di ribadire il suo punto di vista. Un modo sottile di quelli che entrano nelle vene, e si piantano nel cuore. L'epinefrina è l'antidoto mentre l'adrenalina scandisce il tempo rimasto, e riempie i vuoti che possono esser mortali.

Opera prima di due pubblicitari che alla fine girano un serratissimo clip, questo "Crank" è davvero interessante. Veloce, cattivo e niente affatto rassicurante, più che altro è un film che deve molto alla fotografia ed alla velocità con cui ci prende fin dal primo fotogramma. L'ambientazione patinata aggiunge un tocco surreale alla folle sceneggiatura, che si svolge come un tutto unico, dal risveglio del protagonista fino all'epilogo prevedibile, certo ma rinviato con gli stratagemmi peggiori che si possano immaginare. Chev deve restare sveglio e attivo per sfuggire alla morte, una metafora neanche tanto sottile a pensarci, ma che ci rende complici nella frenesia del racconto, ci fa battere il cuore come sotto un'iniezione al confronto della quale quella di adrenalina in "Pulp Fiction" sembra camomilla. Ci sono tutti gli elementi per un action ma non è solo quello che alla fine avremo visto. Siamo più dalle parti di un "Fuori Orario" post "Pulp Fiction", appunto.

Le scene si susseguono senza nessuna pausa, neanche quelle necessarie al respiro del condannato protagonista, ed è per questo che l'affascinato spettatore sentirà progressivamente salire la tensione e nel contempo si augurerà che essa non scenda mai, pena la morte di Chev e l'inevitabile triste epilogo di tutta la storia. La corsa contro il tempo e la natura diventa il personalissimo ottovolante su quale il regista ci trascina e non saranno sufficienti massaggi cardiaci o dosi di epinefrina, quello che ci vuole è il sangue. Quello dei killer che hanno aperto le ostilità in maniera tanto subdola da meritare, appunto una caccia all'ultimo sangue, perchè è proprio dell'ultimo che stiamo parlando.

E poi c'è lei, la bella Eve, causa inconsapevole della giostra su cui salirà senza neanche accorgersene, e in cui sarà complice di tutti gli stratagemmi messi in atti da Chev per mantenere alta l'adrenalina. Da quelli ortodossi, fino a quelli meno consigliabili, come l'esposizione di cose che con tutta la buona volontà meglio farebbero a restare tra le mura di casa. La pornografia di un corpo sotto continuo sforzo risulta persino più eccitante di due corpi che fanno sesso sotto lo sguardo sbigottito di un autobus pieno di giapponesi con macchine fotografiche. I modi che Chev userà per farsi giustizia ci sembreranno appropriati alla provocazione subita, e niente affatto eccessivi, come in realtà sono. I cattivi fanno spavento solo a guardarli e fanno ridere quando soccombono, con tutto l'armamentario alla furia di un uomo che è già morto ma rifiuta di accasciarsi. Le scene degne di un "Die Hard" sotto anfetamina richiamano i fasti di un cinema d'azione che non temeva rivali, di cui da tempo si sono perse le tracce. Le sparatorie dietro le spalle della bella Eve, ignara di tutto e per questo irresistibilmente ingenua, ci bloccano a metà di una risata che diverrà un sobbalzo alla scena successiva.

Ma il tocco di innovazione assolutamente irresistibile è l'ironia, il gusto per l'eccesso pacchiano che travalica il film stesso e viene a farci compagnia sulla poltrona, dove saremo attorniati da killer inefficaci e cattivissimi e da giustizieri non proprio immacolati, in un cartoon assolutamente politically incorrect. E non ci sarà certo il tempo di chiederci come mai ci siamo fatti coinvolgere a questo livello in una storia lontana ed improbabile come questa, e come è possibile anche solo per un istante dubitare dell'epilogo verso il quale così precipitosamente stiamo correndo tutti insieme in una parodia corale di tutti i cliché degli action movies, messi in fila a prendere in giro il genere come solo in "Grindhouse". Il tutto condito dalla sensazione fortissima che si tratti di un sogno, in una sorta di omaggio alla capacità tutta americana di confondere le acque e rendere interessanti persino una banda di killer sociopatici. Chev, come mille altri prima di lui, è solo l'ultimo degli eroi poco puliti che un cinema che fatica a rinnovarsi e pieno di situazioni ridondanti ci offre in sacrificio. Ed è con il senso di predestinazione che accompagna un eroe qualsiasi che noi seguiamo Chev nel suo destino ultimo. Un destino dichiarato e nel contempo improvviso, come solo un colpo al cuore sa essere. Arrivati a questo punto la scena finale sembrerà un incubo di quelli da cui ci si sveglia di soprassalto, e Chev si sarà guadagnato ogni attimo del nostro tempo e tutto il nostro affetto.

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Recensione a cura di Anna Maria Pelella - aggiornata al 14/07/2009

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