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Il film si limita a raccontare la storia d'amore fra Maurizio e Patrizia, con tutte le altre vicende (sia personali che aziendali) appena accennate. Alla fine, chi non è pratico della vicenda, ci capisce poco e non può nemmeno farsi un'idea sull'abilità imprenditoriale effettiva dei personaggi. Qui Maurizio ascende e, dopo pochi minuti, è già finito. Sarebbe stata meglio una mini serie di almeno 5 puntate
La prima parte lasciava ben sperare, immersa in un sano rampantismo anni ottanta e insieme scossa dalla vitalità giovanile dei protagonisti. La seguiva una seconda parte molto meno interessante perchè vocata alla fiction più elementare, dove voltafaccia e colpi di scena si assommavano in modo meccanico senza arrivare a fine visione alla cosiddetta quadra. E anche le interpretazioni - escluso il sempre eccellente Driver, che prima o poi sbaglierà pure lui un film - si appiattivano o tracimavano nel caricaturale. Insomma niente di imperdibile.
Personaggi anonimi con in mano grandi poteri e grandi responsabilità. Sicuramente (Maurizio) travolti dalla bellezza che li circondava e che li poteva circondare, una Patrizia Reggiani impersonata da una Gaga ego-isterica, perennemente affamata, distrugge una dinastia. L'intuizione di Ford e la dipartita di tutti probabilmente salvano un marchio iconico ancora oggi inarrivabile. Ridley Scott si limita al compitino lasciando al montaggio solo qualche piccolo virtuosismo, peraltro trascurabile.
Un filmetto finto, pieno di luoghi comuni patetici, inutilmente romanzato, con personaggi macchiette, attori anonimi e dialoghi banali scritti da un americano che sembra non aver visto mai l'Italia se non nei film americani. Negli anni 80 avrei dato 6 a questo film, ma oggi questi difetti sono ingiustificati e patetici.
Mi accodo alla maggior parte dei giudizi, anche io ho trovato questo "House of Gucci" un film abbastanza mediocre nel complesso e un po' deludente. E' confezionato bene, con un grande cast che però più di tanto non brilla, imprigionato anche da una sceneggiatura e dei dialoghi non sempre soddisfacenti.
Onestamente non mi ha colpito Lady Gaga, anzi dal punto di vista della recitazione e del personaggio l'ho trovata forse l'anello debole del film, anche perché dovrebbe girare tutto intorno a lei. Anche gli avvenimenti mi sono sembrati un po' troppo banalizzati, ma si lascia comunque seguire anche se non credo verrà ricordato a lungo.
Mi aspettavo di meglio. Non ho gradito la rappresentazione quasi caricaturale degli italiani - che ogni 2 minuti bevono un caffè... Buone interpretazioni ma eccessivamente lungo e noioso.
Un filmone. Nulla da dire. 158 minuti senza togliere lo sguardo dallo schermo. Bravissima sempre di piu' l'ormai Attrice con la A maiuscola Lady Gaga. Ma un applauso pure a J.Leto e A.Driver. Cinema di vecchio stampo, di quelli che raramente ormai si vedono nello schermo.
Una sufficienza strappata solo per la cura tecnica e l'interesse nello scoprire storie di cronaca reali (per quanto romanzate da quel che ho capito)...altrimenti, vista la noia di certe parti, non sarei nemmeno arrivato a finire di visionare la pellicola! Ritmo altalenante ed alcune prove attoriali troppo sopra le riga (pessimo Jared Leto)...è brava invece Lady Gaga come pure è gradevole la colonna sonora scelta. Evitabilissimo biopic da vedersi per curiosità e riporre in un cassetto.
Solitamente non leggo mai recensioni di film prima della visione. Una cosa mia personale e mi limito a raccoglire solo impressioni a voce di chi l'ha visto. Quando mi hanno detto che House of Gucci era un condensato alla Dinasty, in effetti il paragone non è proprio fuori luogo e ci credo che la famiglia Gucci, alla visione di questo film ispirato alle vicende di famiglia, se la sia legata al dito. La prima parte di film, Scott riesce a tenere sotto controllo questo lavoro, ma poi scivola immancabilmente non tanto nel trash, ma nella cafonata pura ed emblema di questo è il personaggio di Aldo Gucci di Pacino, più vicino ad un Michael Corleone in versione tamarra. Scott non è mai stato un maestro di ironia, trash o meno, e non lo dico io, ma la sua filmografia. Su Jared Leto è come sparare alla Croce rossa, mentre l'unico che si salva in fondo e il Maurizio Gucci di Adam Driver, l'unico ad avere un minimo di senso della misura che anche Lady Gaga gradualmente perde. E' un film privo di struttura solida, strutturato più ad episodi all'interno della stessa storia, come le puntate di una serie. Nessun riferimento, se non sporadico, alla storia di questa famiglia e l'unica ironia che ho colto è forse nei titoli di coda quando il rilancio del marchio Gucci sia riuscito senza un membro della famiglia Gucci al suo interno. Non è nemmeno una questione di seguire pedissequanmente la storia perchè il cinema è proprio l'arte della distorsione o della manipolazione di una storia, questo non significa che tutto debba diventare una baracconata senza controllo. Una famiglia che in fin dei conti è implosa tra gelosie personali, alleanze e tradimenti tra i diversi memebri della famiglia stessa. E per favore basta con questi ca22o di anglosassoni di m3rda che dipingono l'Italia allo stesso modo da decenni.
Davvero difficile dare un voto più basso per un film capace di tenerti incollato alla sedia per due ore e quaranta. Basterebbe questo per capire come Ridley Scott nonostante mai stato un grande autore cinematografico si dimostra uno straordinario mestierante di livello altissimo. La faccenda grottesca del doppiaggio non la conosco, rimane il giudizio di un grande romanzo nero raccontato con toni sopra le righe. Un film che dell'.aderenza storica interessa poco e poi che Gucci sia stato ucciso a Milano e non a Roma ad un Americano non fa differenza. In realtà nemmeno a noi.
Trovo unico il cast, letteralmente straordinari.
Cinema vero, di intrattenimento, in realtà senza nessuna pretesa se non quella che gli danni gli altri.
Avevo approfondito la storia di Maurizio Gucci da un paio di mesi quando mi ritrovo a vedere la nuova creazione di Ridley Scott, un film bizzarro e fuori canone che però ha dei punti di forza. Partiamo da uno dei difetti però: la durata. Ma non perché 2 ore e 40 passino lentamente, anzi, il racconto è fresco. E' la gestione di quei minuti, a me sembra che sia ben curata la parte iniziale e poco definita la seconda. Il film vuole essere pop a tutti i costi e si nota dal fatto che a tratti potrebbe sembrare "Natale con i Gucci" da quanto diventa sopra le righe. Per dire, il personaggio di Paolo Gucci, interpretato da Jared Leto non era minimamente così e tanto meno aveva senso rappresentarlo così. Più che un dramma familiare siamo di fronte, a tratti, ad una soap rendendo ridicoli e caricaturali i personaggi. Fortuna vuole che Ridley sappia girare, che i due protagonisti riescano a impersonificare personaggi così difficili. Cosa che non riesce però al cast di contorno: ho parlato di Leto, ma anche la Hayek nel ruolo di Pina ha poco senso. Così come Al Pacino diventa lo zio super caricato. C'è l'aria degli anni '80, sia visivamente che con un mix di canzoni che hanno fatto la storia dei tempi. La storia è fin troppo affascinante perché il film non interessi e non prenda. Però devo dire che la realizzazione dell'84enne regista mi ha decisamente lasciato perplesso. N.B.: basta con i cambiamenti rispetto alle reali storie. La gente è informata e se ne accorge, soprattutto se queste servono solo per romanzare ulteriormente una trama già fitta.
"House Of Gucci è la telenovela della dinastia Gucci oppure la dinastia Gucci è la telenovela di House Of Gucci?" (Pedro Armocida). Falso dilemma, poiché in entramb'i casi il film non ha molto d'affascinante. Ci starebbe anch'un sottotesto "indican[te] una definizione precisa della poetica di Scott sin dagli esordi: 'non sono copie, sono repliche', [...] la tensione sotterranea nelle opere del cineasta è sempre quella che si agita tra originale e falso (d'autore?)" (Sergio Sozzo), e pure in questo caso ciò non giustifica la piattezza emotiva che si percepisce. Forse proprio perché la serialità è una recidiv'artistica che stanca fin'ad annoiare? Oppure perché dell'italianità vera, quella della Milano da bere e delle Wanna Marchi, del mondo imprenditoriale della moda e del nostro esibire tutto quanto fa "ricchezza, stile, potere" ne sappiamo già abbastanza e comunque a prescindere dallo sguardo esterno d'un 84enne britannico o dall'ennesimo scimmiottamento corleonese fornitoci d'Al Pacino? Nell'"all star cast" "malignamente vale la pena di citare anche la presenza di Salma Hayek che nel film interpreta la parte della maga amica di Patrizia Reggiani (Pina Auriemma, finita in galera per favoreggiamento nell'omicidio Gucci) e che nella vita è la consorte di François-Henri Pinault, presidente e amministratore delegato del gruppo Kering. Cos'è il gruppo Kering? L'attuale proprietario del marchio Gucci" (Elisa Battistini).
Così così, si lascia vedere ma senza suscitare alcuna emozione. Leggero, superficiale a volte grottesco e macchiettistico nel rappresentare certe scene o certi personaggi (su tutti Paolo Gucci, me era e parlava davvero così?). Si salvano le prove di Adam Driver e Lady Gaga, ma la messa in scena sontuosa di Scott non basta secondo me per la sufficienza, sceneggiatura non convincente, come si suole dire un'americanata, nonostante il regista di nome.
Da un cast stellare difficile venga fuori robina mediocre... il film scivola bene nei suoi quasi 200 minuti, anche se a volte e credo involontariamente vengono fiori registri da trash o quasi comici nella recitazione di Lady Gaga. Sontuosissima la ricostruzione dell'extra lusso sobriamente di classe dei Gucci.
anche se ho aprezzato varie interpretazioni di vari personaggi tra tutti Lady Gaga che da prima risulta piacevole e poi risulta purtroppo stucchevole il film di persè non mi ha molto convinto anche se si lascia seguire almeno per una prima visione
da notare come viene sottolineato nelle diciture finali chi ha tratto il vero beneficio da tutta la questione
e inoltre -nessun membro della famiglia possiede il marchio Gucci-
Visto e rivisto.. che dire.. mi è piaciuto.. lei bravissima davvero come attrice e poi Al Pacino semplicemente un mostro sacro.. la storia la conoscevo non cosi specifica ma bene.. alcune cose non mi sono piaciute come la scelta musicale in alcuni momenti.. non mi e piaciuto molto anche il fatto che a tratti è un pelo lento e potevano tagliare un po di piu delle cose ma nel complesso lo consiglio.. sicuramente un film da vedere e visto il periodo storico nel quale ci troviamo difficile pretendere di meglio..
Viste le copiose critiche ricevute da questo film, avevo aspettative parecchio basse. Forse mi ha aiutato averlo visto doppiato in italiano, per lo meno ho evitato di sentire il famigerato accento italo-americano con sentori russi, anche se non posso dire di aver visto l'opera originale.
Ho trovato fortunatamente un film con un gran ritmo, pur durando 2h e 40 non annoia, scorre bene. Merito di una trama, tratta dalla tragica vicenda vera, ricchissima di spunti e risvolti. L'attenzione è stata data sicuramente alla narrazione, semplificata al massimo così da renderlo estremamente fluido e pop, commerciale e piacione. Non c'è quasi per nulla traccia di introspezione o di esplorazione più profonda dei personaggi. Il tutto resta molto superficiale, semplice: i protagonisti stessi sono resi delle pure macchiete stereotipate, da Jared Letho, ad Al Pacino, passando per Lady Gaga e Salma Hayek.
Non mi dilungo sugli abbondanti cliché alla cultura italiana: dal calcio fiorentino alla lirica buttata in mezzo ogni tanto senza un grande senso, fino alla battuta di Jeremy Hirons che faceva tipo "Che cosa fanno questi Reggiani? Traporti? Immondizia? Camion? Mafia?"…. così per ricordare che siamo sempre in Italia. Non ci ho badato più di tanto. Va preso per quello che è: un film leggero, pop, un buon thriller noir che scorre facilmente dando un'infarinatura su una tragica vicenda italica, ma che resta fin troppo sempliciotto in tutte le sue parti, fin quasi ad essere un po' sciocco.
Per noi assolutamente da vedere, interessante ricostruzione di un pezzo di storia del marchio Gucci, ma soprattutto il racconto della triste fine di un marchio a conduzione familiare che viene trascinato nel fango dagli eredi e si deve arrendere agli ingressi di capitali dal medioriente. Tiene l'attenzione nonostante le due ore e mezza di durata, a volte c'è qualche scivolamento verso il pecoreccio, ma non l'abbiamo trovato grottesco. In fin dei conti sono le miserie umane narrate che ci ricordano quanto la sete di potere, carisma e soldi siano quasi sempre pagate ad un prezzo altissimo. Lady Gaga molto brava, la sua Reggiani è piena di sfumature, luci ed ombre di una donna innamorata e manipolatrice, che ha un preciso progetto per il futuro proprio e di coppia..
Dopo the last duel Scott si cimenta con il drammone famigliare in salsa old fashion e senza gridare al miracolo porta a casa un film che ha un suo perchè. Intendiamoci rispetto all'inutile tutti i soldi del mondo dove la messa in scena non creava ne empatia con i personaggi ne alcuna interazione con la storia, qui si evince che Scott non è interessato alle fortune della famiglia Gucci o ai suoi fallimenti ma a ricreare una parabola del capitalismo della moda in cui i membri di ciò mostrano di essere persone meschine, stupide, arroganti e vendicative. Non c'è un solo personaggio positivo nella famiglia Gucci presentata nel film, alla fine l'outsider Patrizia Reggiani semplicemente si amalgama allo STILE della famiglia, diventando sempre peggiore, più possessiva, più arrogante e presuntuosa, ma è in buona compagnia. Scott lavora per sottrazione, grazie ad un cast che docilmente si presta a tutte le interazioni della soap-opera di una famiglia di arroganti, avidi, boriosi e insopportabili ricchi per ereditarietà dalla fortuna e laboriosità di un semplice bottegaio toscano che aveva intuito come guadagnare con il made in italy. Lady Gaga è una lady popolare e spigliata, che conquista il dinoccolato belloccio figlio di papà che vuole fare l'avvocato, un Adam Driver ingenuo( all'inizio) ma di belle speranze. Rinnegato dal padre anziano e snob, Jeremy Irons credibile, che vive nel passato glorioso solo per la sua immaginazione. Mentre il fratello Aldo, è un capitano d'industria loquace e falsamente cordiale che punta solo a brandizzare il marchio e fare soldi con la fama, ma poi non si interessa del mercato contraffatto, perchè lo giudica PUERILE. Aggiungendo anche il fatto che il figlio IDIOTA è semplicemente inutile, dato che non ha un briciolo di gusto e buon senso in fatto di allestimento e concezione per i vestiti, sia quelli che indossa che quelli che idea. Jared Leto è una macchietta patetica ma efficace, veramente sfigato, ma credibile. La durata del film non inficia lo svolgimento, anche se ci si chiede perchè il pubblico dovrebbe interessarsi di una storia che fa a pezzi la reputazione di casa Gucci in maniera metodica, esagerando e enfatizzando il tutto. Ma Scott con mestiere riesce a rendere credibili anche le situazioni più improbabili, riuscendo comunque a non sembrare scontato, oltretutto con una ricostruzione di ambienti, abiti e oggetti che non lascia mai perplessi ed un uso della fotografia e della luce congeniali alle immagini. E questo non è poco, nonostante la colonna sonora relativamente anonima, se non per i pezzi anni 80-90.
Il 2021 per Ridley Scott è stato il riassunto della sua carriera costantemente altalenante: da una parte film a lui affini, per genere o costruzione visiva, con tematiche intimiste e, sostanzialmente, riusciti; dall'altra film che potrebbe dirigere chiunque, richiesti da Hollywood e, artisticamente, falliti. Se alla prima categoria appartiene The Last Duel, alla seconda appartiene inevitabilmente House of Gucci. Si sta parlando di un film biografico che freme di aprire il guardaroba del suo sfavillante vestiario per uscire sulle strade milanesi ed essere ospitato nelle ville borghesi italiane, una descrizione che dovrebbe già far intuire tutto, dalle capacità auto-promozionali del film alle possibilità di essere protagonista alla serata degli Oscar. Non si tratta di una commediola americana alla "Il Diavolo Veste Prada", ma di una produzione molto più furba, che scrive il ruolo di Patrizia Reggiani come fosse un personaggio alla Jennifer Lawrence, un personaggio originale dieci anni fa ma che al pubblico e alla critica finto-intellettuale americani, chissà, magari piace ancora. E' triste vedere Ridley Scott indossare i panni di un qualunque David O. Russell mentre dirige il suo personalissimo "American Hustle", come fosse un hipster che confonde il frizzante con l'arte, quando in realtà di tratta di un regista di 84 anni capace di portare un genere da lui inventato al suo apice, e per giunta lo stesso anno. Il film vorrebbe raccontare la vacuità, l'assenza di spirito, l'assenza di arte e il pressappochismo del marchio Gucci, ma mentre si perde nei dialoghi pulp e privi di profondità dei suoi protagonisti, sembra raccontare la vacuità, l'assenza di spirito, l'assenza di arte e il pressappochismo di sé stesso. "Un'operetta da quattro soldi" viene definito il marchio Gucci in una scena del film. Sulle note di una banalissima colonna sonora, che usa Pavarotti come lo userebbe un borghese che non capisce nulla di arte, possiamo usare la stessa definizione per questo film.
Gran bel film, narrazione asciutta e pulita, molto curata, interpreti di altissimo livello (al solito magistrali Irons e Pacino, ancora sorprendente Lady Gaga). Lunga durata ma mai noioso, anzi tiene sempre molto alta l'attenzione grazie ad un'ottima sceneggiatura. Consigliato.
E nella data corrente, House of Gucci arriva puntuale a soffiare a The Counselor il titolo di opera più estrema, obliqua e folle che Ridley Scott abbia mai diretto. È un film difficile da analizzare e da collocare nella filmografia del baronetto inglese, un esempio di camp dalla narrativa volutamente ondivaga (ma sorprendentemente coesa) dalla doppia anima: 1) quella dello sbrilluccicante blockbuster divistico utile all'incasso in vista di Kitbag; 2) quella più autoriale, a metà tra istrionismo da soap opera e tragicommedia depalmiana, che indaga i rapporti di potere e l'evoluzione capitalistica sul finire del Novecento. Tutto è studiato per indispettire e disorientare, dai faticosi accenti italo-cirillici all'uso stridente di una variegata colonna sonora, dalla presenza di un Jared Leto che pare una parodia di Fredo Corleone a una regia composita da telenovela (non manca qualche ripresa spericolata, come quella panoramica sulla fastosa dimora di Aldo Gucci, che ricorda Black Hawk Down), per arrivare a un montaggio serrato, che tutto frammenta e asciuga, impedendo ai tempi morti di trovare spazio. Il banchetto pantagruelico d'immagini leccate e smarmellate catturate da Scott (e dall'ormai fido Dariusz Wolski) è una vera delizia, ma nel marasma di smokey eyes appariscenti e outfit improbabili, giganteggia un cast di draghi alle prese con personaggi artefatti e moralmente imbalsamati, simili a zombie. Manco farlo a posta, Jeremy Irons e Al Pacino i migliori del lotto; Salma Hayek buca lo schermo, ma avrebbe meritato ben altro minutaggio.
molto criticato ma io l'ho trovato davvero bello, coinvolgente dall'inizio alla fine, regia e scenografie curatissime, si vede la mano di Scott. Le interpretazioni sono di alto livello, tutte, sorprendente Lady Gaga. Non conoscevo la storia dei Gucci e l'ho seguita con estremo interesse. Mancano i colpi ad effetto, le azioni, le scene di sesso sono velate, gli eccessi tipici del film americano sono assenti, ma in questa pellicola sobria e semplice , sebbene lunga, tutto scorre che è una meraviglia fino al tragico epilogo. Assolutamente consigliato!!!