a proposito di davis regia di Ethan Coen, Joel Coen Usa, Francia 2013
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a proposito di davis (2013)

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locandina del film A PROPOSITO DI DAVIS

Titolo Originale: INSIDE LLEWYN DAVIS

RegiaEthan Coen, Joel Coen

InterpretiOscar Isaac, Carey Mulligan, John Goodman, Justin Timberlake, Garrett Hedlund, F. Murray Abraham, Ricardo Cordero, Adam Driver, Max Casella, Ethan Phillips

Durata: h 1.44
NazionalitàUsa, Francia 2013
Generedrammatico
Al cinema nel Febbraio 2014

•  Altri film di Ethan Coen
•  Altri film di Joel Coen

Trama del film A proposito di davis

Nella New York del 1961, Llewyn è uno squattrinato cantautore folk che insegue il successo, un gatto e una nuova vita.

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Voto Visitatori:   6,76 / 10 (58 voti)6,76Grafico
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Voti e commenti su A proposito di davis, 58 opinioni inserite

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DogDayAfternoon  @  30/12/2022 22:38:15
   5 / 10
Concordo pienamente con chi ha trovato tra i peggiori lati negativi del film i suoi personaggi: in effetti non ce n'è uno con il quale provare un minimo di empatia o anche solo simpatia, protagonista in primis. Nonostante una confezione curata e di qualità, il film risulta piuttosto noioso, manca una vera e propria trama, e anche dal punto di vista musicale non ho trovato nulla degno di nota. Bravo comunque musicalmente l'attore protagonista.

sciroppo  @  24/09/2020 23:09:24
   7½ / 10
Bella amara commedia che nasconde almeno un significato recondito.
Non ho gradito le canzoni inserite per intero e i vestiti del protagonista, che non sono abbastanza in stile con l'epoca. Ma sono dettagli, il film scorre bene e fa riflettere molto molto.

Filman  @  10/11/2018 19:37:03
   8 / 10
Malinconia ma non tristezza riempiono INSIDE LLEWYN DAVIS come il film stesso riempie il cuore di chi lo guarda, incapace di farne un dramma provando tuttavia un senso di compassione costante per il vivere sventurato del protagonista, passivamente sfortunato e attivamente burrascoso ma anche imperterrito nelle proprie azioni e fiducioso nelle proprie prospettive, indipendentemente dalle stesse. Questo vivere, considerando il soggetto tutto sommato a lieto fine che ha ispirato la storia, viene acclamato, anche se non necessariamente premiato, da Joel ed Ethan Coen, che nella vita vedono un interminabile insieme di eventi indomabili, in contrasto con l'avere uno stile di vita o il cercare di averlo. Ironia nascosta, colori ingrigiti e piccole situazioni apparentemente frivole vanno accompagnando un'esistenza in anticipo rispetto alla futura rivoluzione sociale e culturale della quale avrebbe fatto sicuramente parte e vanno accompagnando un'anima folk anch'essa troppo in anticipo per essere capita, e da sempre amata dai due fratelli registi.

Wilding  @  22/08/2017 20:35:57
   7 / 10
Commedia molto piacevole, non leggerissima ma deliziosa.

VincVega  @  16/01/2017 20:53:07
   7½ / 10
Piccolo film dei fratelli Coen dal budget ridotto, ma nonostante questo bella ricostruzione dei luoghi della musica folk degli anni '50-'60.

Il protagonista è un perdente e squattrinato personaggio che cerca di vivacchiare nell'ambiente ma praticamente è senza speranza, come molti dei personaggi dei film dei Coen. Ma Llewyn con le sue fragilità e le sue disavventure, si fa prendere in simpatia, nonostante sia una testa di c****, e sembra che lui sia consapevole di ciò, ma noi pubblico tifiamo x lui anche se sappiamo che probabilmente il successo non arriverà.

Belle le musiche, bravissimo Oscar Isaac nei panni di Llewyn Davis.
Cameo di un personaggio della musica mondiale verso la fine del film.

Jack14the  @  24/04/2016 20:48:47
   10 / 10
Grandissimo film....tutto gira intorno a Davis e tutto combacia con un pensiero rivolto al rapporto tra uomo , musica e ambiente musicale...ma è anche un indagine psicologica oltre che morale

Zarco  @  04/12/2015 01:26:24
   7½ / 10
Qualità, non stupidità. E' già un grande risultato per un film americano. Personaggi semplici ma ben delineati. Storia semplice ma niente affatto noiosa. Un buon film.

fabio57  @  09/09/2015 10:16:45
   6½ / 10
Non il migliore film dei fratelli Coen,.Prolisso, lento a tratti noioso.Il tema del musicista fallito, che non trova la sua strada per incomprensioni e disavventure varie e scivola nell'abbrutimento psicologico, economico,sociale è stato trattato tantissime volte, e questa ennesima variazione, non aggiunge niente di nuovo. E' evidente lo stile asciutto, sobrio e tagliente dei registi, tuttavia il film non decolla
Struggenti le canzoni

Goldust  @  02/09/2015 16:19:26
   6 / 10
Incomincio a pensare che i Coen abbiano perso il tocco magico.. Inside Llewyn Davis non è un brutto film, al suo interno ci sono le facce, le situazioni ed il grottesco del tipici del loro cinema, sono le storie che non riescono più ad appassionare come un tempo; forse il cinismo ha lasciato il passo alla rassegnazione, forse le canzoni inserite nel plot sono troppe, fatto sta che neanche la costruzione destrutturata della storia - che ritorna sugli stessi punti in momenti diversi - riesce a fare presa ed i passaggi di grande cinema sono sempre più radi ( l'inizio chitarra-voce-bianco e nero è oggettivamente stupendo ma poi?). O forse è solo colpa mia, che sono messo così male da non aver manco riconosciuto Justin Timberlake.

Palestrione  @  18/06/2015 21:35:00
   9 / 10
Mi sorprende una media voto così bassa. Musiche straordinarie (tanto che mi sono scaricato l'album, subito dopo aver visto il film al cinema) e atmosfere uniche. Oscar Isaac perfetto con quell'aria malinconica.
Grandissimo film, è stato ingiustamente sottovalutato. Avrebbe meritato molta più considerazione.
Merita di essere visto solo per quanto sono emozionanti le musiche.

guidox  @  07/06/2015 19:28:44
   5 / 10
l'idea di un film con la peculiarità di una trama non definita e l'assenza di un finale, con i Coen di mezzo ci può anche stare e tutto sommato l'operazione riesce anche piuttosto bene.
però così a memoria, non ricordo un film dove i personaggi mi siano risultati tutti odiosi come in questo, a partire dal protagonista col quale non ho provato un briciolo di empatia, per arrivare alla ragazza del suo amico, che è veramente insopportabile.
neanche Goodman riesce a convincermi a questo giro e quando quello che ti colpisce di più è Timberlake...

-Uskebasi-  @  18/05/2015 16:21:18
   7½ / 10
COMMENTO SPOILEROSO

Nell'ultimo intimo film dei Coen c'è una fotografia meravigliosa, splendente come la speranza e grigia come la realtà.
La vita di Llewyn Davis è un'Odissea senza lodi, con strada per mare e divani al posto di isole, per Itaca al massimo un vicolo perché scopri che il vero Ulisse è un altro. Le canzoni raccontano sempre del passato, di piccole grandi storie di piccoli grandi personaggi, dentro 3 accordi c'è comunque un mondo. Il talento di Llewyn è evidente, ma per sfondare manca sempre qualcosa, almeno agli occhi degli altri, e questo non cambierà mai. Sono vite così, dirette verso la rassegnazione, guidate da sfortuna e errori, come il fratello idiota di Re Mida tutto quello che tocchi diventa mèrda.
E allora capiterà che fai scappare un gatto, che ne ritrovi un altro, che scopri fuori tempo massimo di essere padre, e che vieni picchiato dal marito di una donna per averla derisa sul palco, in quello che è (di proposito) il finale/inizio più inutile di tutti i film con struttura ad anello. Lascia una strana sensazione, delusione che lievita in ammirazione. Perché quell'uomo in giacca e cravatta che inizialmente sembrava potesse nascondere chissà cosa alle spalle, non è nient'altro che un uomo arrabbiato.
E tu sei Llewyn Davis. Cantante folk squattrinato che non è degno nemmeno di un finale sopra le righe. Sfortuna o altro è la tua vita.
Canterai sempre benissimo (grande Oscar Isaac e splendidi i pezzi), ma dopo di te si esibirà Bob Dylan.

eruyomè  @  23/04/2015 15:56:17
   8 / 10
Film abbastanza sottovalutato, che uscì quasi in sordina mi pare, eppure questo film qualcosa si merita.
Che fosse un film deprimente, lo avevo capito già prima di entrare in sala, e diciamo che le note di "Hang me" che aprono il film, con la loro "allegria" fugano ogni possibile dubbio..
Film particolare, forse c'è del vero nelle critiche che ho letto qua e là, che gli rimproverano un "non succede praticamente niente!.."..perché in effetti tutto ciò che possiamo fare, è seguire un piccolo pezzetto di vita dell'aspirante artista fallito più sfigato del mondo. (un'incidenza di s***** così alta e concentrata non ha eguali, forse solo Paperino fa meglio! )

La sua personale odissea, con tanto di Ulisse al seguito, è senza speranza. Questo cantante folk, che nel Greenwich Village del freddo inverno '61 vaga, povero in canna e senza cappotto, in cerca di un successo improbabile, e vive passando da un divano all'altro, ospite di amici, conoscenti, e quasi sconosciuti.

Difficile forse empatizzare per Llewyn, fa troppi errori, è troppo scostante, sembra che non gli importi di nulla e nessuno, e forse davvero, come gli urla dietro un'altra protagonista, distrugge tutto quello che tocca.

Eppure a me questo anti-eroe fallito e sfigatissimo fa tanta tenerezza. Sarò io che ho un debole malsano verso i perdenti. Eppure no, lui se la merita, è un puro, un romantico, nonostante tutto. E' bravo, e crede nella sua musica. Al diavolo i compromessi, i soldi..non è un tipo che si vende.
Certo non è uno stinco di santo. E non fa nemmeno nulla per aiutarsi, sembra proprio che se le cerchi, e ci mette decisamente del suo per complicarsi la vita, come se non avesse già abbastanza problemi.

E andiamo al rimpianto insistito per il suo ex compare suicida. Pochi cenni in realtà, ma forse è questo lutto, questo infinito dolore che si avverte sottotraccia, la vera nuvola nera che incombe inesorabile per tutto il tempo, il vero fil rouge della vicenda, se mai ce ne fosse uno. Una perdita forse insuperabile, irreparabile.

E ci ritroviamo verso la fine ancora con "Hang me", e qui il cerchio si chiude. Si chiude perché tutto ricominci ancora identico a prima. Una paralisi da cui pare impossibile uscire, svicolarsi, muoversi, cambiare, fare qualsiasi cosa. Bloccati in un limbo, crogiolati nell'immobilità e nel ripetersi di sfortune sempre uguali, nella stasi di una vita in fondo vuota, che scorre via, senza possibilità o capacità di prenderne in mano le redini..

Un film che mi aveva colpito parecchio, lasciai la sala con tante domande in testa e zero risposte. Una insoddisfazione finale che è sensazione dolce e amara allo stesso tempo, ma in fondo bellissima e che non mi capitava da parecchio, al cinema.
Dicevo, oltre a questo, una bellissima ambientazione, fotografia malinconica e struggente, colonna sonora perfetta, come pure l'attore protagonista, che non conoscevo, che come cantante è sorprendente.
Ah, si. E poi c'è l'adorabile e indimenticabile gattone fulvo, un amore. Lo voglio.

Beefheart  @  16/04/2015 22:07:40
   7½ / 10
Ottima commedia, forse originariamente nata per essere una sorta di documentario sulla vita di un folk singer newyorkese degli anni sessanta, e divenuta tale work-in-progress, ma comunque ben riuscita. In effetti la trama è piuttosto minimalista (manco fosse un film di Jarmusch) e non racconta granchè, ma è più che sufficiente per mostrarci, ancora una volta, le esistenze grottesche e drammaticamente ironiche dei personaggi dei Coen. La musica folk è gradevole protagonista e Oscar Isaac bravissimo nel ruolo di punta. Ma soprattutto ciò che sbaraglia la concorrenza sono, come sempre, la magistrale caratterizzazione dei personaggi e gli incomparabili dialoghi (pause comprese). Molto simpatico il brano in trio con Justin Timberlake. Consigliato.

william sczrbia  @  19/01/2015 19:44:26
   5 / 10
Per essere i coen nn gran che

Rollo Tommasi  @  10/11/2014 18:34:32
   5½ / 10
Assolutamene NO.

I detrattori dei Cohen hanno materiale per sbizzarrirsi.

Un film di una noia mortale, volgare, lezioso, costruito su di una sceneggiatura dello spessore di una sottiletta sottovuoto....a parte la scena dello scambio dei gatti, che ridona un pò di smalto e verve comica.

Oscar Isaac ci mette l'arte e pure la voce, brillante e consumata dalla tristezza al punto giusto, ma un film non può reggersi soltanto sul talento del protagonista.
Il problema di certi film "indipendenti", soprattutto dei Cohen, e parla una consumatrice avida di cinema americano che ritiene di avere la competenza per giudicare, è che VOGLIONI essere sciatti, piatti, emotivamente aridi, proprio per dipingere uno spaccato deprimente della società contemporanea.

Tuttavia, i film americani indipendenti credo sappiano offrire qualcosa di meglio di A Proposito di Davis, come Nebraska di Alexander Payne, road movie della terza età che ha riportato sulle scene il grande Bruce Dern, Little Miss Sunshine, noto anche per l'incredibile Oscar ad Alan Arkin, Transamerica, con una meravigliosa complessata Felicity Huffman nei panni di una transessuale in disarmo, fino al più recente Mr. Beaver con Mel Gibson ventriloquo schizofrenico di un pelusche castoro.

Fargo e Blood Simple-Sangue Facile, degli stessi Cohen , erano tutta un'altra musica....



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Alex22g  @  26/08/2014 16:32:09
   9 / 10
Fantastico film dei Coen . Adoro tutto il loro cinema , e qui hanno creato un altro capolavoro . Strepitosa la fotografia fredda e flou del film cosi'come le canzoni proposte . Tutto il cast mi è piaciuto molto con particolare elogio per il protagonista Isaac che non l'avevo mai visto cosi'a suo agio in un film ; il tutto fa si che la sua performance venga valorizzata al massimo (complice ovviamente anche la bravura dei registi ) . Dialoghi di altissimo livello, come da tradizione Coen .

cris.more  @  27/06/2014 23:15:17
   6 / 10
un film che avrebbe potuto avere delle potenzialità..se solo avesse avuto un finale..!!!! mi è piaciuto l'attore, mi è piaciuta la storia..ma poi??? è come se il protagonista avesse fatto un giro intorno a se stesso senza arrivare da nessuna parte!

piertoni  @  12/06/2014 10:54:29
   5 / 10
Nonostante le migliori intenzioni l'ultimo film dei Coen non riesce a connettere la ricerca dell'autenticità nella scena musicale folk negli anni 60 e la tragedia del fallimento artistico del protagonista. Llewyn Davis ha il DNA del perdente ma è un perdente noioso e la sua faccia e i suoi modi da pesce lesso inertizzano tutti gli altri personaggi e il film nel suo complesso. Dove è l'humour acido dei fratelli di Minneapolis? Che delusione.

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento tylerdurden73  @  05/06/2014 10:47:26
   7 / 10
Profondo omaggio alla musica folk e ai suoi albori -siamo nel 1961- con i fratelli Coen attratti dalle disavventure di un (non più tanto) giovane aspirante musicista. Squattrinato, poco esperto di rapporti umani, abituato a dormire sui divani di amici e parenti Llewyn Davis si batte con ostinazione al fine di raggiungere quella fama che l'indubbio talento dovrebbe portargli in dote.
Sullo sfondo una New York invernale, grigia, comunque accogliente nel vero senso del termine, considerato che far entrare in casa uno (semi)sconosciuto non arreca alcuna ansia. Ci sono parecchie note ad occupare interi minuti di pellicola, se non si è amanti di questo genere musicale è meglio stare alla larga, se non lo si conosce granchè vale la pena buttare un orecchio. Comunque i momenti cantati sono fin troppo numerosi e finiscono con lo smorzare eccessivamente il ritmo già non indiavolato di questo racconto circolare, in cui il protagonista, prigioniero della propria ambizione, sbatte da una parte e dall'altra nel tentativo di emergere e soprattutto trovare qualche dollaro per tirare a campare in maniera dignitosa.
Non manca il tipico humor di Ethan e Joel, le scene più riuscite sono quelle in cui la componente grottesca vince sull'idea romantica di una vita consacrata all'arte. Il realismo alla fine avrà la meglio servendo sul piatto una lezione finalizzata al riconoscimento dei propri limiti, ma non si può dimenticare quel viaggio in auto verso Chicago in cui la stravaganza prende il sopravvento. Un autista semimuto e un pachidermico fallito con la bocca zeppa di sferzanti sentenze, una farneticazione on the road in grado finalmente di smuovere uno script complessivamente contenuto, in cui l'idea di non andare da nessuna parte balena più volte nella mente dello spettatore e del protagonista.
Pur non essendo un grande amante di Bob Dylan e soci ho apprezzato parecchio la soundtrack come le interpretazioni del cast, molto bravo Oscar Isaac anche se il migliore in campo è John Goodman, incredibilmente sgradevole, simbolo di un' illusione da cui lo stesso protagonista rischia di rimanere schiacciato.

albyhfintegrale  @  01/06/2014 16:46:34
   4½ / 10
Guardi questo film....aspetti che succeda qualcosa, che decolli...

Poi finisce e ti dici: boh?! E quindi? Tutto qui?

Non è proprio noioso in assoluto...non da 3 voglio dire... ma ha contenuti pari a zero, non arriva da nessuna parte, alla fine ti lascia con un vuoto e con il proposito di non rivederlo mai più nella vita....

Cioè non è male nello svoglimento, si fa anche seguire. ma manca il succo e la sostanza, non porta da nessuna parte, in pratica non ha un inizio ed una fine in cui cambia qualcosa... lo guardi...speri che succeda un avvenimento, un fatto, un nonsochè....ed invece....alla fine rimani basito per il nulla che ti ha dato...

jason13  @  26/05/2014 23:07:00
   1 / 10
Mai e dico Mai nella mia vita cinematografica credevo di disprezzare in questo modo un film dei "favolosi" fratelli Coen...praticamente ho ammirato tutta la loro filmografia soprattutto iniziale...ma questo...non posso proprio credere a quello che i miei occhi hanno subito...105 minuti di pura agonia mentale e fisica...veramente brutto...non vedevo l'ora che finisse...personaggi tutti odiosi e il protagonista e' insignificante.
Evitatelo come la peste.

Someone  @  15/05/2014 14:53:08
   5½ / 10
Niente di eclatante.
Sarà che il registro che usano i Coen per le loro commedie non è che mi vada molto a genio. Le trovo piuttosto scialbe, prive del mordente che invece li caratterizza (distinguendoli) nel genere thriller/noir.

Qui ci troviamo di fronte a una commedia dai tratti drammatici che tra una canzonetta folk e l'altra scorre senza lasciare minima traccia, se non un alone di grigio nello spettatore. Grigio come l'antipatico ed apatico protagonista, grigio come l'ambientazione, grigio come l'atmosfera che si respira, grigio come la locandina. Se mi chiedessero che cosa mi è rimasto dopo la visione risponderei così: 'Grigio'. Sì perchè è tutto ciò che mi ha saputo lasciare.

P.s.: mai visto un film con tanti attori antipatici

TheLory  @  09/04/2014 21:44:01
   6½ / 10
Un pò annoia, un pò si riscatta strada facendo, un pò mi abbiocco di nuovo, un pò vado a farmi una sigaretta alla finestra, un pò torno malvolentieri a vederlo, un pò non vedo l'ora che finisca, un pò adesso che è finito sospiro, un pò ci ripenso non era mica male

Leonardo76  @  07/04/2014 22:45:20
   4½ / 10
C'è un simpatico gatto giramondo, Goodman che fa l'eccentrico, uno che scrocca di divani e sigarette, qualche canzoncina americana, Timberlake candidato (ancora una volta) all'oscar come personaggio più inutile dell'anno, un finale (?) da denuncia penale e poco altro. Forse era meglio andare a guardare il treno che passa.

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Gruppo COLLABORATORI Harpo  @  29/03/2014 14:55:59
   6 / 10
Boh, a distanza di un mese non l'ho ancora ben metabolizzato.
Per stare sul piano delle certezze: tecnicamente non si discute (la fotografia è una delle migliori che mi ricordi) e John Goodman buca lo schermo. Per il resto, non ci piove che ILD sia un minore dei Coen: finita la visione, non ti vien voglia di rivederlo manco con un negro puntato al **** e LLewyn non vale manco uno ******* di un Anton Chigurh o del Drugo. Prima o poi me lo riguarderò, magari viene fuori che è stupendissimo, ma per ora riadisco il mio boh.

kako  @  21/03/2014 20:24:04
   6 / 10
a me non ha convinto pienamente. Tecnicamente l'ho trovato validissimo, la fotografia è bellissima, la regia al solito buona, belle le ambientazioni e colonna sonora di spessore, con le canzoni che risultano la cosa migliore del film. La storia invece per quanto non mi abbia mai annoiato e per quanto sia comunque scorrevole non mi ha trasmesso molto, l'ho trovata un po' piatta e inconcludente in alcuni passaggi. Si fa guardare e tutto sommato non dispiace, ma manca, per me, un approfondimento anche sullo spessore dei personaggi. Il cast è ricco, interpretazioni buone ma nulla di eccelso, il migliore Goodman, bene anche protagonista, Timberlake e Mulligan. Nel complesso, un film discreto ma mi aspettavo di meglio dai Coen e da quel che si diceva di questa pellicola.

Invia una mail all'autore del commento nocturnokarma  @  18/03/2014 10:13:42
   9 / 10
I Coen al loro meglio, una ballata, una intensa ballata folk che scalda il cuore, ma non annega nei sentimenti. Geniale nei dialoghi, beffardo nello svolgimento, amaro nelle soluzioni.
Il cinema di Coen è materia grigia e rara, c'è chi non lo ama. Lasciamoli stare, il miglior film di inizio 2014 è questo, da vedere con una sigaretta in mano e un buon bicchiere di vino. (Al cinema non si potrebbe, ma vabbè...). Fallimenti, canzoni di amori perduti e strade asfaltate, l'altra america dei Coen è un continente-provincia che non fa sconti a nessuno, che lotta per l'aria, ma che ha ancora il coraggio (e la vitalità) di una canzone folk. Rivoluzionaria e sempre con i soliti tre accordi.

TheLegend  @  03/03/2014 20:56:45
   8 / 10
Un film che mi ha trasmesso molto e che parla il mio stesso linguaggio.

Gabo Viola  @  26/02/2014 21:26:42
   8 / 10
Più che di anti-eroe questo sembra un vaggio circolare dentro un limbo, un personaggio ormai talmente smarrito da non cercare neanche l'amore o la fratellanza nel prossimo. Parte dal presupposto che non esista salvezza, cosa cerca? Chissà. Sarebbe felice se trovasse quel qualcosa? Il quadro è di un maledetto, la fotografia è stupenda come in pochi altri film dei Coen. Secondo me sottovalutato.

Invia una mail all'autore del commento NotoriousNiki  @  26/02/2014 13:34:11
   8½ / 10
Convengo poco con il ribasso delle quotazioni che il film ha subito nell'ultimo periodo, arrivava da un gran prix e se non fosse stata per la pellicola di Kechiche avrebbe portato a casa la palma. Dal 2000 con 'Fratello, dove sei?' non intravedo quei tratti lirici mossi da un flusso narrativo intrecciato all'influsso della musica (allora bluegrass stavolta folk) è un film da ascoltare, musica a cui non sono avvezzo ma ha un effetto orecchiabile di partecipazione trascinante. Llewyn Davis è un essere corroso da un destino avverso, la pulsione primordiale delle passioni folk si scontrerà con l'imponderabile portata dei suoi effetti, come dice nella scena più intensa del film F. Murray Abraham, non è Davis ad andar male ma è una musica che non ha successo. L'ineluttabilità dell'ingiustizia e la fatalità del suo contrario, segnano l'esperienza di vita anche con quell'artificio narrativo posto nel finale a chiudere il cerchio, o a resettarne il circolo vizioso. La pallidura della fotografia, gli occhi sonnolenti (soggetti alla stanca disillusione) del protagonista, la lentezza del film non va confusa col vuoto, è l'armonia della vita, ripetitiva, si passa da un divano all'altro, da un gatto all'altro, un sali scendi nella vana illusione che qualcosa possa cambiare. Isaac non mi è nuovo, lo vidi un lustro fa in un film prodotto da Clooney 'Plutonio 239' ruolo secondario ma più incisivo di quanto lo fosse il protagonista, una bella faccia, ci ha messo un po ma alla fine è arrivato. Timberlake è votato interamente alla carriera, ambizioso forse troppo, ma sia Fincher che i Coen (sta iniziando a collezionare grandi regie) prendendolo a dosi son riusciti a frapporlo bene nella rispettiva pellicola, quello di Goodman è un bel cameo, la sequenza on the road che permette di farsi anche qualche risata senza stonare nel tono ponderato del film. Gradito ritorno non tanto ai loser che nella loro filmografia non sono mai mancati ma a quel sopracitato connubio con la musica eterea che non avvertivo da troppo tempo nel loro cinema.

2 risposte al commento
Ultima risposta 26/02/2014 15.05.16
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Delfina  @  22/02/2014 11:40:07
   10 / 10
Ottimo e compiuto film dei Cohen, a mio avviso di molto superiore ai film degli ultimi anni. Interpretazioni magnifiche, sceneggiatura intelligente e una fotografia splendida sostengono una pellicola dal sapore letterario ma forte, tesa a dipingere il ritratto perfettamente scolpito di un perdente, un musicista con talento ma votato alla sconfitta nei rapporti sociali e professionali.
Anche la musica si fa apprezzare per intensità e poesia.

Abbandonata la gratuita ironia degli ultimi film, i Cohen ritornano qui con una pellicola intimista e vera che secondo me è forse il loro capolavoro.

4 risposte al commento
Ultima risposta 27/12/2015 20.23.24
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marcogiannelli  @  20/02/2014 12:49:44
   7½ / 10
Sarebbe un 7+ perchè i fretelli Coen sono bravi a raccontare un uomo, un perdente, senza lieto fine, con una storia ciclica, facendo in modo che il protagonista ci sia inviso (bastardo con il gatto), proponendoci un vero protagonista quale è l'animale, di cui non ci si può innamorare...cosa va storto? Non sappiamo nulla su come finisce veramente tutta la storia

Invia una mail all'autore del commento Albertine  @  19/02/2014 14:48:18
   5 / 10
E' vero si tratta di gusti (come ha scritto qualcuno) ed infatti i commenti qui rilasciati sono "commenti personali", non recensioni, pertanto che ci entri la soggettività è legittimo. Personalmente ho capito benissimo cosa stavo guardando (non che ci voglia chissà cosa) e non mi è piaciuto. Non amo i Fratelli Cohen e ogni volta che vado a vedere un loro osannatissimo film, resto sempre con un enorme punto interrogativo: "perché è piaciuto tanto?". Sarà un mio limite- Mi guardo bene dal discutere le loro capacità di direzione dei film che sarà anche impeccabile ma il cinema è anche emozione e comunicazione e da questo punto di vista a ME non dicono assolutamente NULLA (a parte il grande lebowsky che almeno mi ha divertita). Non mi toccano, non mi arrivano, mi irritano e questo film non ha fatto eccezione. Un uomo che canta una noiosissima canzone folk (poi dicono che i joy division sono deprimenti) e già l'ho odiato. Un protagonista antipaticissimo e sgradevole con il quale mi è stato impossibile provare la benché minima empatia, le solite situazioni forzate e sopra le righe create ad arte per dare il tocco "surreale" o "geniale" che dovrebbe contraddistinguerli, i soliti personaggi eccessivi per dare lo spazio dovuto ad ottimi caratteristi come John Goodman che però qui viene proprio messo in mezzo come i cavoli. Insomma si sente anche troppo la mano degli sceneggiatori (sempre loro). La storia poi non mi ha interessata né coinvolta, l'ho trovata insulsa. Per non parlare dei maltrattamenti che quell'idiota infligge ai due gatti. Insomma per soli estimatori dei Cohen.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR The Gaunt  @  18/02/2014 00:11:03
   7 / 10
Maliconico e grottesco Inside LLewin Davis arricchisce ulteriormente la galleria di antieroi dei Coen in un meccanismo non altrettanto apocalittico come in A serious man ma comunque è percepibile un chiaro senso di ineluttabilità. Llewin Davis Davis è un musicista votato alla sconfitta fin dall'inizio, possiede talento ma non abbastanza per sfondare perchè la morte del compagno di duo limita la sua capacità di sfondare preso il pubblico. Possiede a suo modo coerenza, dotato di tenacia ma anche di arroganza, il suo è un vagare senza metà fra ingaggi poco soddisfacenti, personaggi grotteschi e atmosfere claustrofobiche che amplificano il vuoto esistenzale di uomo che non vuole riconoscere la propria sconfitta e il fatto di non essere un genio ed un artista a tutto tondo, cioé capace di vivere solo della propria musica. Fotografato in maniera spettacolare il film dei Coen, a mio parere, non aggiunge molto alla loro filmografia ma è diretto in maniera impeccabile.

steed  @  17/02/2014 01:00:39
   8 / 10
Leggo commenti che mi lasciano allibito. Qui non si tratta di gusti, ma di cercare di capire quello che si sta guardando. .......boh...... forse pretendo troppo

darkscrol  @  16/02/2014 12:32:17
   8 / 10
parto dall'idea che non sono un grande esperto di musica anzi, non ci capisco nulla di musica. sono entrato nella sala totalmente disgustato perché volevo andare a vedere Dallas Buyers Club. nn so che dire, ne sono uscito totalmente cambiato, il film è bellissimo e rilassante, così come la storia... forse si potevano risparmiare la parte del viaggio in cui alla fine davis non conclude nulla ma per il resto è davvero un bel film e nn me lo aspettavo così.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR foxycleo  @  16/02/2014 00:58:22
   8½ / 10
Mentre la malinconia del film assale lo spettatore da dentro una struggente ed incantevole colonna sonora lo abbraccia. L'ultimo film targato Coen è davvero bello.
Il protagonista è un giovane uomo disilluso, triste, scontroso, ma allo stesso tempo guidato da una passione e da un'arte viva e pulsante.
Ottima prova del protagonista così come dei comprimari.
Colonna sonora incredibile e bellissima fotografia.

Invia una mail all'autore del commento francescofelli  @  14/02/2014 13:24:48
   5½ / 10
Fotograficamente perfetto, ma la storia un po' noiosa con una sceneggiatura perfino sfilacciata.
Speravo in qualcosa di meglio

Matteoxr6  @  14/02/2014 03:58:50
   5 / 10
Cinque, ma solo perché tecnicamente è ineccepibile (si vede che è dei Coen) e perché l'ho guardato senza provare noia. Da qualche parte ho letto che questo potrebbe essere il film più profondo girato dai due fratelli; forse è vero, ma non è certo un complimento. Personalmente non mi ha interessato minimamente.

SicilianBoy  @  13/02/2014 10:48:22
   7 / 10
film un po lento ma considerando che si tratta di narrare la storia di un povero musicista fallito che passa le sue giornata da una casa ad un'altra senza fissa dimora ci si rende conto che il regista e' riuscito a comunicarci il messaggio dato che la fine si ricongiunge con l'inizio e hai la netta sensazione come le giornate del protagonista siano tutte uguali le une alle altre!
inutile la parte di john goodman perché alla fine quel viaggio nn ha alcuno sbocco ma ad ogni modo io l'ho apprezzato

benzo24  @  13/02/2014 10:36:49
   7 / 10
La storia di Dave Van Ronk è una storia di strade perdute, tutti erano perduti, la stessa scena folk, fasulla e politicizzata, troppo antica per poter sognare...ma alla fine arriva il Messia.

debaser  @  12/02/2014 10:51:58
   7 / 10
Ritorno a buon livello dei fratelli Cohen con un film molto introspettivo basato su un personaggio alla ricerca ossessiva del suo posto in societa'. Un musicista talentuoso pero' poco incline all'empatia verso il prossimo che lo porta all'insuccesso professionale e nei rapporti con le altre persone.Solo l' amore per la musica sembra scuoterlo dall'apatia in cui sta sprofondarlo. Finale con un insegnamento che sembrerebbe portarlo al riscatto e forse piu' in generale alla compassione. Bellissima la parte di Goodman.

pak7  @  12/02/2014 02:59:48
   7½ / 10
Dai Coen in effetti non sai cosa aspettarti, sicuramente non un film "normale", ma sempre qualcosa di particolare e sopra le righe. "A proposito di Davis" è una sorta di via di mezzo, la storia di un musicista e paroliere in cerca di sè stesso. Storia che alterna momenti divertenti a momenti un pò più cupi (non propriamente tristi) e rimane comunque godibile, nella quale Davis incontrerà diversi personaggi "strambi" (ma non troppo). Interpretazione strepitosa del protagonista Oscar Isaac. La Mulligan e John Goodman offrono una prova nella media, non lì ho trovati tanto straordinari, soprattutto rapportati al loro minutaggio nel film stesso. Non mi ha convinto particolarmente il finale, anzi un pò di amaro in bocca me l'ha lasciato.

7219415  @  11/02/2014 20:10:38
   5 / 10
Dall'inizio alla fine regna solo la noia...se c'era dell'ironia non me ne sono accorto...se doveva far pensare non mi ha fatto pensare. Inoltre le recitazioni sono pure poco di buono.
Volendo riassumere tutto con una frase e citazione

Nascondi/Visualizza lo SPOILER SPOILER
mi sembra la più appropriata in quanto a fine film non sapevo veramente dove fosse finito il mio

Nascondi/Visualizza lo SPOILER SPOILER

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Satyr  @  11/02/2014 11:36:17
   7½ / 10
La scena folk-revival newyorchese dei primi anni '60 con schiere di cantanti pronti a riempire i locali del Village un attimo prima che il genere fosse definitivamente rivoluzionato da Bob Dylan. E'in questo quadro che emerge la figura di Llewyn Davis, il più classico degli antieroi coeniani immerso in una storia sconclusionata dalla prima all'ultima sequenza.

Il registro è meno grottesco del solito (anche se, l'ingresso in scena di John Goodman e il suo "valletto", riporta tutto su quelle coordinate a cui siamo tanto abituati) e forse è anche per questo che non sta riscuotendo il successo che merita tra il pubblico. Però, rimane un film dei Coen al 100 x 100: sconfitta e fallimento racchiusi nello sguardo di Oscar Isaac, splendido loser alla disperata ricerca della sua definitiva evoluzione.

A me è piaciuto parecchio, anche perchè, se proprio vogliamo trovare una novità, per la prima volta in 20 anni di cinema emerge l'empatia a dispetto del classico sguardo freddo e distaccato con cui i Coen inquadrano da sempre i loro personaggi. E per quanto mi riguarda è una svolta riuscitissima.

8 risposte al commento
Ultima risposta 12/02/2014 10.38.38
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aitante68  @  11/02/2014 09:12:12
   8 / 10
molto bello, mi ha conquistato. I fratelli cohen finora non mi hanno mai deluso. L'intewrpretazione del gatto e' da oscar.

paride_86  @  11/02/2014 03:31:38
   5 / 10
L'ultimo film dei fratelli Coen ci racconta la storia di Llewyn Davis, aspirante musicista folk perdente e squattrinato. Come lo definisce una sua amica nel film, una specie di Re Mida al contrario: tutto ciò che tocca finisce per fallire.
Ci sono alcuni lievi momenti umoristici, ma per il resto la storia di Davis è priva di interesse e di personaggi davvero incisivi, protagonista compreso.
Alcune vicende vengono troncate a metà e lo spettatore non saprà mai come andranno a finire, mentre sul protagonista si dice anche troppo: i lunghi momenti canori diventano facilmente noiosi.
"A proposito di Davis" è insipido e privo di attrattiva: un vero passo falso per i fratelli Coen che da qualche anno non ci azzeccano proprio.

gandyovo  @  10/02/2014 15:46:48
   4 / 10
non sono riuscito a cogliere quanto altri la bellezza di questo film. sicuramente non è adatto al grande pubblico ma probabilmente anche ad un pubblico più ristretto. forse è solo mancanza di sensibilità da parte mia ma mi sono annoiato mortalmente.

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR pier91  @  10/02/2014 03:03:59
   9 / 10
"The incredible jurney "è un film che ho visto decine di volte da piccola. Quando è comparsa quella locandina sullo schermo ho stabilito un contato con Llewyn, mi sono venuti gli stranguglioni per la commozione. E' il momento in cui lui, ed io, abbiamo capito che non saremo mai più bambini, ma solo caricature di bambini, sagome peanutsiane; che alla nostra età è terribile essere stati ovunque, in questo mondo, così terribile che viene voglia di impiccarsi (cito la canzone). I gatti, loro sì, compiono viaggi incredibili, così emancipati e semi-immortali, senza nome né padrone, come nell' indimenticato film di Blake Edwards (e se ce l' hanno un nome è perfetto, logico, niente di storpiabile).
I percorsi di Llewyn sono buoni per un' amara raccolta aneddotica, avventure urbane tremendamente plausibili, come è plausibile il collasso di un eroinomane in un cesso pubblico, o semplicemente il buio e il freddo di NY in inverno, specie se suoni all' ora eterna di un crepuscolo artificiale e non hai un cappotto da mettere, come in quel racconto di Gogol.
Llewyn si esibisce in due performance cruciali, ognuna a suo modo. Il primo spettatore sentenzia, serafico: "Non ci vedo dei gran soldi qui" . Il secondo ca.g.a nei pantaloni. Sono le scene più "coeniane" del film, le riconosci perché ne esci vivo a stento.
Non ci viene mai spiegato perché diavolo Llewyn Davis becchi sempre l' ago nel pagliaio. Non si capisce per esempio perché Jean lo odi così tanto. Ma neanche ci dispiace per lui, non ce lo possiamo permettere, perché in fondo sarebbe come autocommiserarsi, e una dignità forse ancora ce l' abbiamo.
In questa meravigliosa sorprendente tristissima storia l' ironia somiglia allo stridere improvviso delle corde di un violino durante un concerto in pompa magna, alla depressione centrale di un sufflé venuto male proprio nell' ultimo minuto di cottura.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento kowalsky  @  10/02/2014 01:37:41
   9 / 10
IL folk esplode nel segno della grande depressione, con i nomi di Pete Seeger, Leadbelly e Woody Guthrie a insegnarcelo... forse nessun folksinger è diventato ricco (a parte Dylan) ma certamente a cavallo tra gli anni 50" e 60" era il genere meno redditizio in assoluto, affidato a una dimensione sociale, urbanistica, proletaria che ha nei nomi sopracitati gli esponenti più radicali. Si incontrano artisti che vorrebbero essere poeti beat (nel magnifico viaggio con un Goodman di incontenibile dis-umanità) e guardacaso il rock and roll, la grande industria miliardaria del "momento" non viene mai citati nel film dei Coen, tranne una breve divagazione su Presley. Il personaggio di Llewyn diventa così suo malgrado interprete credibile di quella generazione artistica musicale e letteraria che ha partorito John Steinbeck e Sinclair Lewis, Guthrie e Seeger, o successivamente il country di Chet Atkins. Fa pensare al Baldini dei capolavori di John Fante, ma ovvio lui usa la scrittura nella musica anziché riempire pagine in attesa di un editore che lo sostenga. Se, come ho visto, non si colgono queste sfumature, è impossibile capire un film come questo. Personalmente lo trovo (e mi fa inc... che alcuni pensino il contrario) un film maledettamente bello e ricco di lucido lirismo.
Pervade un'amarezza (possibile che neanche questa venga colta??????) che va al di là del nonsense e del tocco "grottesco" e ironico del cinema dei Coen. E' il punto più alto raggiunto dal loro cinema, e uno dei film americani più intensi degli ultimi anni. Supera anche gli omaggi a Edwards/Capote - peraltro gradevolissimi - e cattura almeno un personaggio (il produttore avido di exploit cfr. ben Kingsley) che mostra in modo indelebile la perversione di un sistema un meccanismo che ostenta la quantità di dischi venduti rispetto alla qualità.
Potrei dire che il cinema dei Coen è esattamente come la musica folk, pregevole se non fondamentale, ma incapace di vendere le emozioni che gli spettatori svogliati credono di vedere nei vari blockbusters. Eppure io queste emozioni le ho sentite eccome. Forse appartengo, per fortuna, a un'altra stirpe di emotivi.
Magari Oscar Isaac ha un volto troppo pulito e grazioso per fare di sé un perenne squattrinato, ma "A proposito di Davis" mi è entrato nel cuore per sempre

Gruppo REDAZIONE Invia una mail all'autore del commento cash  @  09/02/2014 12:13:11
   4 / 10
Il vuoto. Il nulla. Inizio ad averne abbastanza di film d'autore che si reggono unicamente sulla firma degli autori stessi. Onestamente non so nemmeno cosa si possa anche solo pensare di trarre un film da un canovaccio senza capo nè coda così. Sembra una brutta puntata di un brutto serial.

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Ultima risposta 15/02/2014 10.26.34
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Gruppo COLLABORATORI Terry Malloy  @  09/02/2014 11:36:27
   8 / 10
Una sala piena non è garanzia di qualità, e si sa bene, ma forse è anche uno di quei casi "in cui la realtà diventa metafora di se stessa", ovvero di quando due scrittori e registi di successo riescono ancora oggi a portare la gente al cinema, nonostante la gran parte di essa fraintenda continuamente il senso di un umorismo tra i più raffinati che la settima arte ci abbia donato.

E questo bel film dei Coen di pubblico parla. Continuamente. La figura centrale è così anti-eroica, c'è una tale voragine di carisma, una tale povertà sentimentale in questi uomini afflitti da un successo che non arriva che, nonostante i frequenti primi piani, i frequenti assoli, le innumerevoli figure intere di un uomo che cammina in un mondo freddo e inospitale, l'attenzione si sposta verso chi ascolta Llewyn e le sue bellissime e stranissime ballate. Pubblico di ogni tipo, pubblico violento ("Mia moglie su quel palco cercava di cantare una canzone"), pubblico cinico (un invecchiato Benny DeFazio dai Soprano), pubblico vecchio e impassibile, nonché incontinente, pubblico addormentato, pubblico nostalgico (forse l'aspetto centrale del film), pubblico in penombra, nell'unico posto dove ti è concesso suonare.

Sullo sfondo, e forse dovrebbe essere in primo piano, l'inquieta vicenda umana di un ragazzo che si è lasciato tutto alle spalle per inseguire un talento, eccezionale, ma "acerbo" per i tempi, un sogno spezzato prematuramente con un suicidio anti-tradizionalista. "E' un buon consiglio", rimane da dire. Ma rimane anche un probabile figlio di due anni, probabilmente più bellino di quello mostrato in foto da due improbabili accademici newyorkesi, un aborto, una donna isterica che non si capisce come mai lo sia, un nave che sta salpando, lontano dal successo imminente di Robert Zimmermann.

Pensavo che a un film dei Coen è difficile affezionarsi. Ma qualcosa del loro umorismo, delle loro essenziali battute di spirito, che vanno in profondità nel fare emergere la grammatica dei nostri sentimenti rinchiusi in un corpo battuto dai venti, dal gelo e dalla privazione del sonno ("Pensavo che si sarebbe risolto con una bella dormita"), ti rimane dentro una volta che lo schermo è diventato nero. Quindi ti affezioni a un fare cinema, che è popolare e sofisticato allo stesso tempo. Le risate della sala non le ho condivise, a volte avrei preferito piangere, e non voglio fare semplice snobismo intellettuale. Ho sorriso in alcuni punti, quasi riconoscendo la sommessa consonanza di me stesso con il personaggio di Llewyn, ma nient'altro. Sono uno degli spettatori silenziosi e in penombra di una canzone e di una storia che se non è mai stata nuova e non invecchia mai, allora è una canzone folk. O è il cinema assurdo e dolce dei fratelli Coen.

Gualty  @  09/02/2014 01:05:34
   8 / 10
Alcuni artisti hanno la fortuna di poter vivere una vita felice, una vita agiata, anche prima di raggiungere il successo. Alcuni artisti dovranno morire prima di essere riconosciuti, apprezzati. Alcuni artisti non lo saranno mai, spesso si rassegnano e chiudono il cassetto dei propri sogni. Altre volte si ostinano e continuano a lottare per non accettare di limitarsi ad "esistere".
Alcuni di questi giungono a sfiorare il successo, o a sfiorare chi lo ottiene.
Ma il valore di un John Doe non dipende dalla sua fama, è solo misura di ciò che sente e di come riesce ad esprimerlo. Anche se "non ci vedono dei soldi" nel gioco di domanda e offerta, solo sofferta passione.
Uno su mille ce la fa.
Questo è un film sugli altri 999.

Stupendo contrasto tra la stasi della città e l'immobilità, differente, del viaggio , tipicamente americano, per colmare le distanze enormi. Enormi distanze tra le città e tra le persone, monadi intangibili e incomunicabili.

Un film dolcissimo, triste, divertente, annoiato, un film che non piacerà a molti. Coraggioso.

CinemaD'Arte  @  08/02/2014 15:15:09
   8 / 10
I Coen mettono in scena un'odissea esistenzialista di un antieroe, parabola discendente sulla (dis)illusione di un perdente. Racconto di vita intimo e sognante, proprio come la strabiliante fotografia di Bruno Delbonnel, di un cantante talentuoso, attaccato alla propria arte nella sua forma più pura e semplice, senza compromessi, e anche per questo disdegnato da quell'ambiente musicale dove tenta invano di emergere, cercando di fuggire da una realtà triste ed intollerabile in cui "sopravvivere e basta" non è abbastanza. Coadiuvati dalla solita e proverbiale maestria tecnica ed oscillando perfettamente tra una vena malinconica ed una vena sarcastica, nella loro più classica poetica, i due registi ci fanno immergere in un piccolo universo amaro e freddo che racchiude tutto il loro cinema in un concentrato di rimandi (da "Fratello, dove sei?" a "A Serious Man", passando da "L'uomo che non c'era") e nuove intuizioni, in un sentito omaggio alla città New York dei primi anni '60 e alla musica folk, protagoniste di una pellicola struggente e romantica che definire minore è fare un torto al cinema stesso.

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Oskarsson88  @  06/02/2014 23:41:10
   5 / 10
Questo film è una scodella di mer.da

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Ultima risposta 11/02/2014 22.42.53
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Larry Filmaiolo  @  06/02/2014 11:38:21
   4 / 10
Tipico esempio di film svogliato alla Coen, un canovaccio in bilico tra depressione, grottesco (neanche troppo, chè sarebbe anche la vena meno commerciale) e ironia tenuto insieme a forza di atmosfere e situazioni mai così palesemente costruite, vuote. Isaac fa lo sfigato, si muove in un mondo sfigato, di gente sfigata (e diciamocelo pure tremendamente pallosa. Dopo due di ste canzoni folk della miiiin...uno comincia anche a farsi delle domande). Bene, per citare il sempiterno caratterista Goodman "la vita è una scodella di mer.da". Bello. Grazie Joel e Ethan, mi domando se pensate lo stesso quando tornate con la memoria all'anno in cui avete girato Miller's crossing.
Per quanto riguarda la critica e la stampa cinematografica dei nostri giorni non ho parole se non qualcuna di estremamente volgare che mi risparmio. Recuperate Nebraska, lasciate perdere sta ciofeca.

Barteblyman  @  06/02/2014 01:30:22
   7½ / 10
Il gatto di Llewyn Davis mi ha fatto pensare. Ma gatto a parte io mi son rivisto parecchio in questo Llewyn Davis (protagonista del film che è ispirato alla figura del cantante Dave Van Ronk seppur, come specificano gli stessi Coen, Davis non è Van Ronk.). E non tanto per via della barba. Davis è un uomo che rientra in una categoria particolare, quella dei perdenti. Qualità categoriale non estranea, anzi, al cinema dei simpatici fratelli Coen. Per quanto uno possa sforzarsi di lottare contro il suo essere un perdente alla fine arriva un momento in cui inizia a pensare che forse quella è la categoria esistenziale che più gli appartiene e che invece di contrastarla dovrebbe accettarla senza pietismi di sorta. Tollerarla, magari non propriamente alimentarla, ma tollerarla. Ci sono più perdenti al mondo che vincenti e molto spesso i vincenti vivono nel ricatto del loro essere vincenti e quindi, in qualche modo, pure loro ricadono nel fantastico mondo di noi sfigati ("Parla per te!"). E' indubbio che Llewyn Davis sia un perdente, lo comprendiamo subito ascoltandolo e guardandolo cantare nella suggestiva sequenza iniziale, all'interno del fumoso Gaslight Cafe, in quel del Greenwich Village a Manhattan. Sfiorato dalla luce, per il resto in penombra. Ascoltato e applaudito ma non accolto fino in fondo Davis è uno dei tanti talenti che faticano a mettersi a fuoco, per esser davvero visti. Elemento di empatia in più, oltre alla s**** in sé, questo aver le carte in regola e la frustrazione del constatare che non basta. Bisognerà aspettare Dylan per veder valorizzato nonché monopolizzato (e quindi addio chance) quel mondo. Per adesso, nella New York di inizio anni Sessanta, c'è da camminare con chitarra e gatto a tracolla.

Meno "pungenti" o grotteschi, i Coen preferiscono addentrarsi in Llewyn Davis con uno sguardo malinconico, poetico e men che mai melodrammatico. Al primo impatto è questo che sorprende piacevolmente, il non premere sul pedale dell'amabile bizzarria che li contraddistingue. Certo non mancano quei momenti alla Coen (se mi si passa la categorizzazione) ma più che altro a predominare è un tocco estremamente intimo, un tocco... Toccante. Il tutto scandito dal pizzicare le dita sulle corde della chitarra e dal fare dell'armonia, delle parole in musica, il lato più rappresentativo di sé. Un sé che si sveglia ogni mattina in una casa diversa, a volte coccolato dalle fusa di un gatto imprescindibilmente misterioso. Il gatto! "Un adorabile dispositivo narrativo criptico". Ora, senza stare qui a fare spoiler (e non lo farò) ho letto varie teorie a proposito del peloso felino. Io ne abbraccio una in particolare ma allo spettatore il piacere delle teorizzazioni. Da dire solo che, dal punto di vista squisitamente di scrittura, il personaggio di Davis rientra nelle analisi di sceneggiatura di quel "Save the Cat!" scritto da Blake Snyder. Inserisci il momento "salva il gatto" è darai allo spettatore un eroe (anti-eroe) per il quale fare il tifo. Da aggiungere poi che per il film sono stati scritturati cinque gatti soriani, due hanno varcato da subito la porta del licenziamento, troppo indisciplinati. La parte quindi l'hanno ottenuta in tre. Colpevolmente non compaiono nei titoli di coda (coda...) e quindi li menziono io. Tigger (l'unica femmina, la più mansueta da portare in giro), Jerry -quello più scatenato e a caccia di cibo- e Daryl -quello più da coccole ma che nonostante questo è stato colui che ha graffiato l'attore Oscar Isaac-. Oscar Isaac...

Quando ormai stavano per arrendersi ecco che i Coen incontrano Oscar Isaac, attore sì ma anche ottimo musicista (ha un passato punk nei Blinking Underdogs). Ascoltare per credere (menzionando anche l'addetto alle musiche, T Bone Burnett). Un'alchimia meravigliosa, i registi che trovano il loro attore e attore che trova quello che probabilmente è il suo film migliore o almeno il film che inseguiva da un bel po'. Senza dimenticare il resto del cast, da una dolce ed iraconda Carey Mulligan ad un sonnacchioso e possente John Goodman. Tutto bene quindi e il risultato si vede. Inside Llewyn Davis è un apparente leggero ma essenzialmente profondo film sul fallimento e i suoi crismi. Crismi irrisori, comici, cinici. Destini umani che ballonzolano qua e là, circondandosi sovente di altri perdenti o comunque di reietti. Gente da marciapiede notturno, da postumi, da sigaretta come momento migliore della giornata. Simpatici e meno simpatici al quale dare l'arrivederci, giacché sai che li ritroverai ancora lì. Lo sai perché alla fine ti somigliano e tu somigli a loro. Se non ci credi prova ad addentrarti in questo locale di alcol e nicotina e vedi un po' se quel tizio con la chitarra e la sua canzone folk non assomiglia maledettamente a te.

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