Recensione source code regia di Duncan Jones USA 2011
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Recensione source code (2011)

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locandina del film SOURCE CODE

Immagine tratta dal film SOURCE CODE

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Immagine tratta dal film SOURCE CODE
 

"Source Code" avalla l'idea di una nuova tecnologia sperimentale che permette ad un uomo di tornare indietro nel tempo di poche ore e per pochi minuti. L'idea nasce dalla fervida immaginazione dello sceneggiatore Ben Ripley, che propone il suo script al produttore Mark Gordon, dando facoltà alla macchina di Hollywood di mettere in moto gli ingranaggi. La produzione ha voluto Jake Gyllenhaal per interpretare il protagonista e lui, a sua volta, ha proposto la direzione di Duncan Jones, che col suo primo film "Moon" (2010) ha mostrato il suo talento, ottenendo vasti consensi e vincendo premi. Jones si sofferma in "Source Code" come in "Moon" sull'umanità dei suoi personaggi.

Il Capitano Colter Stevens viene inviato su un treno per portare a termine una missione delicata. Inizialmente disorientato, Colter non sa dove sia né chi si trovi di fronte e, soprattutto, perché si trovi lì. Dopo soli 8 minuti il treno esplode, ma Colter si ritrova in una capsula a parlare con una donna in uniforme, Goodwin, che gli impartisce degli ordini da un monitor. Il Capitano apprende che fa parte del programma Source Code, che lo porterà indietro nel tempo e con otto minuti a disposizione, durante i quali dovrà scoprire chi sia l'attentatore e salvare milioni di vite. Colter rivivrà più e più volte quegli otto minuti per raccogliere indizi e assolvere la missione.

L'idea che sta alla base di "Source Code" è sicuramente stimolante. Il regista riesce a creare un thriller sofisticato, che coinvolge emotivamente. Non si dilunga in spiegazioni dettagliate della tecnologia rappresentata, ma dà ampio respiro alla narrazione e ai suoi personaggi. Quando in apertura il regista presenta il protagonista, lo spettatore non sa chi sia, tanto quanto lo stesso personaggio. Jones pone entrambi sullo stesso piano, facendo comprendere ciò che sta accadendo contemporaneamente. Lascia qualche indizio a beneficio dello spettatore in modo tale però che solo il più attento lo colga.
Questo rimanere costantemente all'oscuro (per entrambi) rende il film suggestivo e ricco di suspense. Inoltre il fatto che Colter abbia, ogni volta, otto minuti per raccogliere informazioni, fa crescere la tensione e il ritmo diventa sempre più incalzante col procedere della storia. Lo spettatore vive le emozioni e gli stati d'animo del protagonista. La bravura di Duncan Jones è stata quella di riuscire a sviluppare il personaggio di Colter in quel breve lasso di tempo, che poi si ripete, con piccole ma fondamentali e pertinenti varianti. Duncan fa emergere l'animo e i sentimenti del suo eroe, mostrando che tipo di persona sia.

"Source Code" inizia presentando una persona smarrita, che non ha alcuna base d'appoggio: a Colter sembra di trovarsi in un incubo dal quale non riesce a uscire. Deve trovare la forza dentro di sé per ricomporre i pezzi mancanti.
Nel film è presente anche una storia d'amore, che acquisisce sempre maggior rilievo all'interno del racconto, diventando un punto fermo (Colter vuole a tutti i costi salvare Christina).
Un altro aspetto importante è il rapporto padre/figlio e, legato a questo, viene rimarcato come non bisogna mai dare niente per scontato, non rimandare mai ciò che si può fare oggi a un domani che potrebbe non arrivare. Il regista sottolinea più volte il desiderio di Colter di voler parlare col padre e il suo dispiacere per non aver trascorso più tempo insieme (molto toccante la telefonata fra i due).
A ciò si collega l'intento primario del regista che, oltre a voler emozionare e incuriosire lo spettatore, vuole farlo riflettere su quanto sia preziosa la vita e che non sempre viene data una seconda opportunità. "Che siano otto minuti o una vita intera, bisogna assaporare le cose" afferma il regista.

Per quanto riguarda il ritmo, questo è dato dall'evolversi di ogni Source Code (ovvero di ogni viaggio nel tempo). I realizzatori hanno apportato delle varianti che sottolineano i cambiamenti dei personaggi. Ad esempio Colter ha una maggiore consapevolezza ad ogni viaggio. L'uso della macchina da presa cambia per ogni Source Code, regalando diverse angolazioni, diverse inquadrature, diverse atmosfere.

Il film si svolge in tre location, tre interni: il treno, la capsula e il laboratorio del Dipartimento della Difesa. Sono tutti luoghi circoscritti e limitanti. Il direttore della fotografia, Don Burger, ha creato il giusto clima per le tre diverse ambientazioni. Nel treno Colter trova un'atmosfera distesa, lui è l'elemento straniante che altera ogni volta questa condizione. Nella capsula si avverte subito un senso di prigionia forzata, con pochissimo spazio a disposizione e un senso claustrofobico che attanaglia il protagonista. Nel laboratorio non ci sono emozioni, l'atmosfera è fredda, fatta di semplici dati, sarà Goodwin a fare la differenza.
Per quanto riguarda gli effetti visivi sono al servizio della narrazione e contribuiscono a infondere il lato fantascientifico alla pellicola.

"Source Code" è un film multisfaccettato, ricco di emozioni e di azione, che stimola a porsi delle domande per capirne la logica. Duncan Jones ha voluto concentrarsi sui rapporti umani che si instaurano durante questi novanta minuti di suspense. Lascia che si evinca, anche, quanto sia importante la libertà individuale: nessuno può essere un eroe per forza, perché non sarebbe tale.

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Recensione a cura di Francesca Caruso - aggiornata al 29/04/2011 15.44.00

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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