Recensione fog regia di John Carpenter USA 1980
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Recensione fog (1980)

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locandina del film FOG

Immagine tratta dal film FOG

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Antonio Bay si accinge a festeggiare il suo centenario. La leggenda vuole che la cittadina fosse stata edificata sulla baia dove un vecchio galeone aveva fatto naufragio un secolo prima, ingannato dalle luci tra gli scogli. Quella stessa notte padre Malone trova un diario appartenuto a suo nonno, parroco della prima generazione di abitanti della baia, e presto scopre cose niente affatto rassicuranti sull'operato del suo predecessore, intanto dalla baia emerge una fitta nebbia, la quale sembra travolgere tutto quello che incontra...

La nebbia si alza subito dopo il tramonto. La prima a vederla è la speaker radiofonica, che dall'alto del suo faro ne parla con voce suadente e mette in guardia i marinai della barca al largo... Attenzione ragazzi, c'è un banco di nebbia da est... Ma quello che nessuno sa, tranne il marinaio del prologo e i bambini a cui lo ha raccontato, è che la nebbia ad Antonio Bay non si vedeva da cento anni, e c'è una vecchia diceria a proposito del suo ritorno sulla baia, che stanotte festeggia il suo centenario. I cittadini sono in fremente attesa dei festeggiamenti, ciascuno a suo modo si organizza, e quello che la baia ha in serbo per i suoi abitanti è il regalo inatteso che piomberà su di loro al tramonto.

La nebbia è il più etereo dei protagonisti e nel contempo il più inquietante. Carpenter ci dà argomenti a sufficienza per temerla e i suoi protagonisti avranno di che pentirsi delle colpe dei loro padri le quali, inevitabilmente ricadranno con precisione biblica sulle loro teste. Anni dopo l'invenzione del pathos cinematografico dato dal vuoto, di cui Tourneaur è maestro incontrastato, ecco venire dal nulla e senza una sola traccia che ne segni il cammino, se non la scia di morti, la nebbia che ne eredita tutte le principali caratteristiche, prima tra tutte il sobbalzo dato dal non vedere assolutamente nulla.
Se poi ci aggiungiamo una bella storia di colpe secolari e di tradimenti lavati col sangue, allora siamo davvero nel regno dei maestri, che verranno ricordati senza fatica per aver indotto paura al solo vedere una scia di fumo.

Carpenter non ha mai amato lo spreco di budella, il suo è un horror raffinato: anche nella macellazione di corpi, altrove molto più esplicita, è sempre presente il talento che rende l'inquadratura più spaventosa di quello che viene ripreso. La nebbia qui diviene schermo bianco su cui proiettare le angosce peggiori dello spettatore, che ben conosce i rischi delle promesse non mantenute. I padri di Antonio Bay si sono macchiati di una colpa, e la nebbia viene per riscuotere il dovuto. Il sacerdote che ha preservato il segreto affidandolo alle pagine del suo diario, ha segnato senza saperlo il destino dell'intera popolazione del villaggio.

Gli inconsapevoli cittadini, svegliati da allarmi impazziti e cani che abbaiano alla notte, non sanno neanche perché, ma dovranno morire. La morte che li attende è tutta fuori campo ma terribile, intanto perché inizialmente immotivata, e poi a causa del fatto che chi conosce il segreto e tenta di avvisarli verrà trattato da folle. A differenza degli altri horror del periodo, il bene ed il male qui non sono distinti, Blake ed il suo carico di lebbrosi hanno ragione, una ragione che non stempera affatto l'orrore per la loro vendetta, così come il fatto che a pagare siano i nipoti di chi è venuto meno al suo impegno, ci sembrerà se non eccessivo, almeno difficile da metabolizzare.
La confusione data dalla mancanza di informazioni spinge i cittadini a fondo nella nebbia reale, che silenziosamente striscia alle loro spalle e ne uccide un bel po' prima che qualcuno capisca quello che sta accadendo.
La costruzione sottile della tensione, operata con pochi riusciti accorgimenti di macchina fin dall'inizio della storia, ha il suo apice nelle sequenze finali, in cui un'affannata speaker radiofonica guida i superstiti dall'alto del faro, e sfugge per un pelo allo sterminio che si è abbattuto sulla baia.

La maestria di Carpenter è tutta nella creazione dell'atmosfera gotica, che sola pervade il racconto e si fa unica voce udibile nell'ambiente ovattato dalla nebbia. La storia, così come i personaggi ci giungono da lontano, offuscati dal passaggio del tempo e dalla presenza della nebbia che, in un crescendo di angoscia e tensione, uccide come se davvero potesse avere una sua consistenza. Quello che si nasconde nella nebbia è il marcio che alberga in ciascuno di noi, che anni prima era stato annegato in mare e che adesso torna più forte di prima per chiedere vendetta.
E Carpenter gioca con lo spettatore una sola carta, quella vincente dell'ambiguità: nessuno ha mai ragione fino in fondo e il torto commesso prima o poi si pagherà.

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Recensione a cura di Anna Maria Pelella - aggiornata al 29/04/2009

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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