Recensione changeling regia di Clint Eastwood USA 2008
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Recensione changeling (2008)

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locandina del film CHANGELING

Immagine tratta dal film CHANGELING

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Immagine tratta dal film CHANGELING

Immagine tratta dal film CHANGELING

Immagine tratta dal film CHANGELING
 

"Changeling" (traducibile, con buona approssimazione, con "scambio di bambini") è un film tipicamente holliwoodiano, di vecchio stampo, modernizzato dall'applicazione dei grandi mezzi tecnologici di oggi che riescono a dare alla pellicola uno stile di immagine inedito, irripetibile, immettendo nelle scene quasi ogni angolo della realtà ripresa, grazie agli innumerevoli punti di osservazione delle telecamere che sezionano ogni aspetto del mondo reale.
Per questo film è facile prevedere grandi premi, sia in virtù degli ingredienti che caratterizzano la pellicola, sempre ben dosati, sia per la bravura del regista americano.
Clint Eastwood, come sempre originale e ricco di idee, conferma il suo interesse cinematografico per la vita del singolo cittadino americano, ed in particolare per quella parte della sua esistenza che a un certo punto si piega verso il dramma. Quello che Eastwood ama riprendere nei suoi film è un cittadino americano colpito da gravi sfortune, eppure combattivo, che nonostante la pesantezza degli situazioni subite riesce ad avere ancora fiducia nella legge e nelle istituzioni, finendo in alcuni casi per contribuire, insieme ad altri cittadini, alla pulizia dei luoghi sporchi dei dipartimenti di polizia e delle amministrazioni comunali americane.

Il regista statunitense dimostra ancora una volta il suo particolare talento per la narrazione filmica a tensioni estreme, legate ad un accaduto vero, significativo, svelatore di una realtà problematica più ampia. Eastwood racconta con disinvoltura provocatoria storie raccapriccianti che fanno riflettere sull'America democratica di ieri, costringendoci a ripensare anche a quella di oggi; è capace come pochi, e "Changeling" lo dimostra ancora una volta, a comporre insieme spettacolo e contenuti, basandosi su storie di un certo spessore non sempre ben garantite dal mercato; e lo fa suscitando emozioni nuove, mai provate prima, perché il suo modo di narrare è denudato da ogni retorica giornalistica o influenza mediatica.
Il pistolero senza nome di "Per un pugno di dollari" oggi è un conosciutissimo cittadino per bene, incapace di ironia ed umorismo se non nelle cerimonie dei premi, ostinato nel prendersi sempre sul serio in nome dell'etica in cui crede, capace di offrire impegno e sensibilità come pochi altri nella costruzione dei film di denuncia. I suoi film, a differenza delle pellicole europee dello stesso genere, non annoiano, non hanno mai grossi cali di tensione nella narrazione.
Lo stile di Eastwood rimane inconfondibile, la coerenza comunicativa delle sue immagini è frutto di un montaggio sopra le righe, che unito al taglio un po' gesuitico dei dialoghi, rende le sue opere ben contrastate e ricche di messaggi autorevoli, dandoci delle scene forti e credibili che ruotano, prive di giochi di suggestione, intorno ai poteri più oscuri presenti negli ingranaggi della democrazia americana.

I profili psicologici dei personaggi sono privi di rifiniture e sfumature in eccesso, permettendo allo spettatore di vivere emozioni più dirette, in stretta simbiosi con il senso più immediato dell'immagine, che appare in scena già fisicamente definita a differenza delle immagini presenti nella parola.
Dai contenuti dei suoi film traspare con precisione e grande lucidità argomentativa un'America stanca, con un sistema democratico vetusto, claudicante, reso sempre più incerto dai troppi potenti interessi e dalle infiltrazioni criminogene internazionali di vasta estensione, ma che proprio grazie al potere dei cittadini e a volte, paradossalmente anche dei media, riesce sempre a sopravvivere ai propri mali, ad auto rigenerarsi, riuscendo a compiere, quasi all'ultimo minuto, come nei film di Griffith, le indispensabili correzioni e pulizie nei meccanismi più in crisi.

In Changeling Eastwood, con la sua grande sensibilità al negativo, ci fa attraversare alcune vicende raccapriccianti nella Los Angeles del 1928, che vedono protagonisti Christine Collins - madre di un bambino rapito - il centro di dipartimento della polizia della città incaricato della sua ricerca, ed un serial killer dall'aspetto per bene con alle spalle gli omicidi di circa venti bambini, tale Gordon Stewart Northcott (Jason Butler Harner), sospettato di aver ucciso anche il bambino rapito a Christine.
Tutto inizia con la scomparsa improvvisa di Walter, figlio di Christine Collins (Angelina Jolie), separata dal marito. La donna lavora in una centrale telefonica addetta allo smistamento delle linee ed è costretta talvolta, suo malgrado, a lasciare per qualche ora il bambino solo in casa. Un giorno, ritornando dal lavoro, Christine trova l'appartamento stranamente vuoto, privo di ogni segno di presenze estranee; dapprima incredula poi sconvolta e angosciata chiama la polizia di Los Angeles che, per problemi di procedura, interverrà solo l'indomani.
Dopo cinque mesi il capo dipartimento comunica alla madre il ritrovamento del figlio scomparso, che pur affermando di chiamarsi Walter Collins e nonostante una certa somiglianza con il rapito non verrà mai riconosciuto da Christine Collins come suo figlio.
Nonostante le dure accuse della madre nei confronti del responsabile del dipartimento, che non tiene mai conto degli argomenti che lei porta a sostegno della falsa identità del bambino consegnatole, il capo della polizia di Los Angelis non riconoscerà per molto tempo l'errore e pur di difendere la reputazione professionale del reparto non esiterà a rinchiudere la donna in un manicomio, facendola passare per schizofrenica, sulla base di norme antiquate che allora non richiedevano per il ricovero la preliminare perizia psichiatrica.
Nel manicomio il direttore dell'istituto propone autoritariamente alla donna di firmare una dichiarazione certificante la soluzione piena del caso, cosa che avrebbe assicurato a Christine la libertà e il ritorno al lavoro ed alle istituzioni la piena credibilità e fiducia dei cittadini, ma lei senza mezzi termini rifiuta, convinta che firmando avrebbe perso ogni speranza di ritrovare il figlio. La donna pagherà un prezzo molto alto per il suo rifiuto, arrivando a rischiare anche l'elettroshock.

Il regista americano mostra attraverso la narrazione di questo caso l'inefficacia e la corruzione di tutto il dipartimento di polizia di Los Angeles di quegli anni, che anziché risolvere la grave situazione della madre, la porterà sull'orlo della pazzia.
Dopo uno scorrere un po' buio del racconto, reso intenso nella seconda parte dalla reazione indignata di un serioso pastore protestante, Eastwood porterà lo spettatore ad intravedere un orizzonte di speranza, una rosea possibilità di giustizia, aprendo uno spiraglio di luce proprio sulla credibilità nella democrazia americana, minacciata nella narrazione dal comportamento vergognoso delle istituzioni intermedie tra cittadino e magistratura.
Grazie alla testimonianza di un complice pentito del serial killer, un ragazzino impaurito e plagiato dalla forza dell'assassino, il caso Collins verrà finalmente riaperto, portando alla cattura dell'assassino ed all'uscita dal manicomio di Christine, che tornerà a sperare di rivedere un giorno il figlio Walter.

La pellicola è ben documentata sui principali processi messi in moto da Christine Collins con il prezioso aiuto mediatico del pastore presbiteriano Briegleb (John Malkovich), che usava la radio evangelica della chiesa per sostenere pubblicamente la causa della donna, riuscendo ad influire sui media ed a creare delle vere e proprie manifestazioni di piazza a sostegno della donna.
I processi avviati porteranno alla fine a numerose sentenze di condanna che coinvolgeranno tutti i responsabili dell'ignominioso caso, compreso il sindaco, facendo cambiare corso ad un'intera città, che aveva eticamente toccato il fondo.
Il serial killer, per esigenze di spettacolo cinematografico, nel film verrà condannato a morte; nella realtà sembra che Gordon abbia ottenuto solo l'ergastolo. Probabilmente Clint Eastwood dopo averci fatto vedere i dettagli delle scene più cruente, riguardanti il massacro dei bambini, non se l'è sentita di togliere allo spettatore il gusto della giustizia occhio per occhio dell'antico testamento, mostrandoci una scena dell'impiccagione molto lunga, in cui la macchina da presa si sofferma nei particolari più dolorosi e angosciosi del rituale giudiziario, fino alla morte stessa del serial killer che avviene, dopo l'apertura della botola, con un certo ritardo.

Il regista americano insiste con il suo 28° film su una valutazione etico-sociale delle istituzioni americane, prese in considerazione lungo il loro anomalo intervento nel rapporto tra il cittadino onesto e il criminale violento, formulando con efficacia quel male che i dipartimenti di polizia non sanno più fronteggiare perché essi stessi ne sono marchiati a fuoco, e narrando i contrasti, di grande effetto spettacolare, tra il bene presente nella normalità americana e il male proveniente dallo straordinario, dall'eccezione, dal diverso emarginato, che in ultima istanza solo l'iniziativa legale e di piazza dei cittadini può combattere.
Eastwood racconta cose scabrose senza falsi pudori e con un coraggio che con gli anni sembra trasformarsi sempre più in una forma di eroismo.
Da sottolineare inoltre lo spessore tecnico della sceneggiatura, scritta da di Joe Michael Straczynski, un testo altamente ispirato, vera e propria perla letteraria, ben funzionale anche alla riuscita fotografia del film.

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Recensione a cura di Giordano Biagio - aggiornata al 27/11/2008

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