l'orizzonte degli eventi regia di Daniele Vicari Italia 2005
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l'orizzonte degli eventi (2005)

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locandina del film L'ORIZZONTE DEGLI EVENTI

Titolo Originale: L'ORIZZONTE DEGLI EVENTI

RegiaDaniele Vicari

InterpretiValerio Mastandrea, Francesca Inaudi, Gwenaelle Simon, Giorgio Colangeli, Lorenzo Gioielli, Sara Franchetti

Durata: h 1.55
NazionalitàItalia 2005
Generedrammatico
Al cinema nel Maggio 2005

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Trama del film L'orizzonte degli eventi

Max, trentacinque anni, è un fisico nucleare, non ha seguito le orme della famiglia, non ha fatto l'avvocato, non ha voluto occuparsi di cantieri e tangenti e non vuole sentirne parlare neanche adesso che il padre è morto. Lavora ad un importante esperimento chiamato Helios nel laboratorio di Fisica situato dentro il Gran Sasso, viene nominato responsabile dell'esperimento. Questa per Max è l'occasione della vita, la prova fondamentale, ma la competizione al livello internazionale è spietata. Con lui nel progetto c'è Anais, una fisica francese con la quale Max ha una relazione sentimentale. Anais è innamorata, ma lucida e critica nei suoi confronti al punto da non esitare a metterlo con le spalle al muro quando si accorge che lui ha modificato i risultati dell'esperimento. Max perde tutto, la sua reazione è violenta e drammatica e improvvisamente si ritrova catapultato sulla superficie della montagna dove la natura è ancora dura e aspra e i pochi esseri umani che la popolano conducono un'esistenza muta e dura come le pietre. L'incontro con Bajram, un giovane pastore albanese, lo costringe finalmente ad un confronto con se stesso.

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Voto Visitatori:   5,85 / 10 (10 voti)5,85Grafico
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Voti e commenti su L'orizzonte degli eventi, 10 opinioni inserite

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Gruppo COLLABORATORI SENIOR The Gaunt  @  01/02/2013 15:01:23
   6½ / 10
L'ombra del passato opprime il bel personaggio di Mastrandrea, pieno di sensi di colpa e di vergogna nei confronti di un padre e di una famiglia pressochè ripudiata (è molto forte il richiamo a Tangentopoli). Non consente a nessuno di penetrare nella sua sfera privata, evasivo ad ogni domanda personale ed in cerca di un riscatto per scrollarsi proprio da quel passato. C'è un netto contrasto tra le due parti, contesti ambientali completamente opposti fra loro, ma in cui il protagonista si trova di fronte ad un bivio, quello di voltare pagina. Soffre il ritmo un po' lento della seconda parte, non è un film pienamente riuscito, ma interessante quanto basta.

Crimson  @  04/01/2013 18:33:29
   7 / 10
"Mano a mano che girovagava, Maitland scoprì che il suo corpo e il dolore nella gamba gli importavano sempre meno. Incominciò a rimuovere quel guscio, dimenticando dapprima l'arto offeso e poi tutte e due le gambe, cancellando qualsiasi coscienza dei bruciori al petto e al diaframma. Sorretto dall'aria fredda avanzò fra l'erba, riguardando con tranquillità quei tratti di paesaggio che nei giorni precedenti aveva imparato a conoscere così bene. Identificando l'isola con sé stesso, contemplò le auto nello spiazzo dello sfasciacarrozze, il recinto di rete metallica e il cassone di cemento alle sue spalle. Fece dei gesti al loro indirizzo, nel tentativo di compiere un circuito dell'isola che gli permettesse di lasciare i vari pezzi di sé al posto giusto: la gamba destra nel punto dell'incidente, le mani ferite impalate sulla recinzione. Il petto, poi, dove si era seduto, contro il muro di cemento. In ogni punto una piccola liturgia avrebbe significato un passaggio di impegno da verso se stesso a verso l'isola.
Parlò ad alta voce, come un prete che celebri l'eucarestia del proprio corpo.
"Io sono l'isola".
L'aria versò la sua luce."

(James Graham Ballard, L'isola di cemento, pag 77. Anabasi editore)

Ho letto L'isola di cemento di Ballard e una serie di associazioni sono sopraggiunte con immediatezza inaspettata. La prima è con Crash, uno dei più noti e riusciti romanzi di questo straordinario, visionario autore del secolo scorso. La seconda con L'orizzonte degli eventi, a mio avviso un film sottovalutato del regista romano Daniele Vicari.
Piuttosto che essere vittima di un incidente automobilistico, Max si lascia trasportare dalla propria auto in una scarpata. Non lo assorbe solo il senso di colpa di avere ingannato i colleghi. Egli sa bene di aver ripetuto lo stesso errore del padre. Eredità pesante. Sudiciume morale difficile da estirpare.
La sequenza tra i fabbricati spogli, incompleti, è straordinaria. Egli è un figlio di tangentopoli.
Vicari attribuisce un certo peso al linguaggio non verbale, e Valerio Mastandrea è all'altezza.
Rompere con un passato di eccesso di sicurezza, di dominio su spazi conosciuti a menadito ma di cui si è stufi. Una parte di ribellione inaspettata vige in Max così come in Maitland, il protagonista del romanzo di Ballard. Mi chiedo se il regista si sia accorto di certe congruenze col romanzo, a partire dall'incidente automobilistico.
Il pastore del film di Vicari ricorda l'acrobata descritto in Ballard. Il cibo, la quotidianità, la relazione, hanno nuova forma. Interessante la riflessione sul potere di assoggettamento del denaro.
Nel film di Vicari la dimensione spaziale è molteplice (il laboratorio, il campo, il paese), non meno asfissiante rispetto a quella del romanzo.
Del film di Vicari ho apprezzato molto lo zoom cinematografico dell'occhio umano di Max che immagina la sua compagna in lacrime nel corso delle ricerche. Anche Maitland immagina spesso sua moglie Catherine e i suoi due figli. Entrambi i protagonisti sono da una parte tentati di riallacciare il legame con il passato, ma ciascuno prende del tempo per indugiare, vedere ciò che accade nella nuova dimensione guadagnata. Forse sono consci che in parte hanno voluto raggiungerla volontariamente. In una vita senza più sbocchi, una parte di noi lotta tacitamente per rivangare tutto e tornare ad uno stadio primitivo, in tutti i sensi.
Tornare nella "vita precedente" equivale a caricarsi nuovamente l'intera responsabilità delle proprie azioni.
Determinare uno spazio o essere il riflesso dello stesso, è forse il concetto-chiave di entrambe le opere.
Dopo tanto tempo mi sono rimaste impresse due sequenze specifiche del film: Max in autobus (un altro mezzo! Nel limbo tra le due vite egli è dipendente, così come Maitland) viaggia davanti al laboratorio in cui lavorava; Max su una panchina aju terminàl della stazione de L'Aquila che indugia se salire o meno sull'ultimo autobus per il paese in cui vive la sua compagna.
L'epilogo appare differente, per quanto sia criptico in entrambe le opere. Apparentemente sembra che sia Max che Maitland tornino alla loro vita fuori dalle rispettive "isole". Ma nessuno può decretarlo con certezza. Mentre Maitland se la prende comoda ancora per un po', sdraiato sul prato, Max entra nell'edificio e una bellissima sequenza finale allontana il nostro sguardo percorrendo linee che si incrociano stranamente e senza ragione sul terreno.

C.Spaulding  @  12/07/2012 15:16:27
   6½ / 10
carino questo film di Vicari. Forse è un po lento ma non annoia nonostante la durata lunghetta. Valerio Mastandrea è bravo come sempre. Un dramma ben costruito sicuramente più che guardabile.

sandrone65  @  25/12/2011 23:37:29
   4½ / 10
"Per fare una galleria è sufficiente prendere un buco e metterci una montagna sopra". Questa è la sensazione che mi ha trasmesso questo film, sia a livello visivo - vista l'ambientazione - sia dal punto di vista della narrazione della vicenda e della caratterizzazione del protagonista. Lento ed autocompiaciuto, nella prima parte riesce a coinvolgere seppur non a livelli eccelsi. Nella seconda parte il regista, allo scopo di mostrarci il vuoto e lo smarrimento interiore ed esteriore del protagonista, ci proponne... il vuoto!!! Inquadrature interminabili su mandrie di pecore, inquadrature interminabili su Mastandrea che vaga per montagne e città senza sapere dove andare. Ci sono modi meno vuoti per raccontare il vuoto.

Schizoid Man  @  07/06/2011 15:28:24
   7 / 10
"Se ci sono più di due persone vuol dire che è una festa, e io alle feste non ci vengo". E' un uomo terribilmente solo, Max, e questa sua affermazione evidenzia impietosamente il malessere esistenziale che lo affligge. Suo padre è appena morto, e lui non ha la forza né la voglia di affrontare il lutto; addirittura non riesce nemmeno a parlare con sua madre e suo fratello. E neanche sul lavoro si può dire che le cose vadano meglio: di professione ricercatore scientifico, Max ha coi propri colleghi rapporti freddi e distaccati; perfino con Anais, la ragazza con cui tenta di avere una relazione, non riesce a stabilire un dialogo degno di essere definito tale. Sembra quasi che Max voglia fare intorno a sé terra bruciata. Non vuole parlare praticamente con nessuno. Citando Bob Dylan, si potrebbe dire che sembra un uomo "intrappolato nella tristezza". Un giorno, però, la sua vita cambia radicalmente quando i suoi colleghi scoprono che ha falsificato i dati di un importante progetto scientifico a cui lui e il suo gruppo di ricercatori stavano lavorando da diverso tempo. Costretto a dare le dimissioni, per lo sconforto Max arriverà a tentare il suicidio.
Il regista di questa pellicola, Daniele Vicari, aveva esordito con un interessante film, "Velocità massima", che lasciava intuire buone potenzialità per il prosieguo della sua carriera. "L‘orizzonte degli eventi" è la sua opera seconda, ed è sicuramente un film ambizioso, non completamente riuscito, ma che comunque conferma quanto di buono Vicari aveva mostrato nella pellicola precedente. All'attivo del film c'è una bella sceneggiatura che consente al regista di delineare in modo convincente i personaggi, soprattutto quello di Max, protagonista assoluto della storia, e anche una certa eleganza nello stile di regia. Al passivo, invece, va segnalata la durata: due ore sono un po' eccessive, e infatti qua e là il film soffre di qualche lungaggine. Rimane comunque un bel tentativo di trattare in modo sensibile e delicato temi importanti e tutt'altro che facili come il disagio esistenziale, lo stress causato dal lavoro alienante e la difficoltà a relazionarsi con le altre persone; il tutto - fortunatamente - senza ricorrere ad isteriche scene madri. Un bel film insomma, che però con un po' più di attenzione poteva essere ancora migliore. Nel ruolo di Max, un misurato e convincente Valerio Mastandrea.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR foxycleo  @  05/05/2011 21:18:12
   5½ / 10
Film sicuramente interessante di Vicari ma non del tutto riuscito. Infatti la psicologia del protagonista non risalta in maniera dettagliata come dovrebbe, soprattutto nella seconda parte del film.
Molto bella la fotografia e l'ambientazione.
Un film fatto di silenzi, di ricerca ma che forse manca un po' di quella profondità spesso solo accennata. Ritmo un po' troppo lento.
Abbastanza buona la prova di Mastandrea.

Phelps  @  06/09/2008 00:04:53
   1 / 10
Invia una mail all'autore del commento franx  @  20/07/2008 11:28:52
   5½ / 10
Interessante viaggio interiore, che però non arriva sino in fondo al personaggio.
Il carattere del protagonista, distaccato dalla vita reale, egoista, vagamente truffaldino e a modo suo, totalmente amorfo, non viene messo bene in luce.
Complici forse gli eccessivi silenzi e le inquadrature troppo lunghe, non si capisce bene e sino in fondo quali siano le sue scelte, se ne abbia mai avute, se sia semplicemente trascinato dagli eventi, se sia estremamente superficiale per scelta o per disgrazia.
Un carattere e una vicenda comunque estremamente umana e reale senza dubbio alcuno descritto senza ipocrisie o moralismi assortiti.
Da tutto questo emerge un film complessivamente ed emozionalmente "in bianco e nero".
Se l'intento del regista era questo allora ha centrato l'obiettivo.

jess  @  27/06/2007 19:32:45
   9 / 10
L'ho adoro

1 risposta al commento
Ultima risposta 30/06/2007 11.25.55
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Invia una mail all'autore del commento ghughi  @  14/10/2005 12:21:07
   6 / 10
Il personaggio interpretato da Valerio Mastandrea è volutamente arido come le alture del Gran Sasso.Voto 6,5

1 risposta al commento
Ultima risposta 17/05/2006 18.23.55
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