il bandito delle 11 regia di Jean-Luc Godard Francia 1965
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il bandito delle 11 (1965)

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locandina del film IL BANDITO DELLE 11

Titolo Originale: PIERROT LE FOU

RegiaJean-Luc Godard

InterpretiJean-Paul Belmondo, Anna Karina, Dirk Sanders

Durata: h 1.52
NazionalitàFrancia 1965
Generedrammatico
Al cinema nel Maggio 1965

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Trama del film Il bandito delle 11

Ferdinand e Marianne si ritrovano dopo cinque anni da che si sono lasciati e durante i quali lei è stata in una banda di criminali. Si isolano dal mondo, si amano, ma comunicare non è facile. Finiti i soldi, bisogna pur vivere: Ferdinand segue Marianne che torna nella banda...

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Voti e commenti su Il bandito delle 11, 14 opinioni inserite

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Goldust  @  14/11/2023 11:09:07
   6½ / 10
Singolare tira e molla amoroso contaminato stilisticamente e visivamente dalle invenzioni di Godard. Strano, eccessivo, non per tutti i palati ma in linea di massima ancora godibile dopo tanti anni dall'uscita.

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento emans  @  20/05/2021 20:26:33
   7 / 10
Una storia d'amore tra due deliquenti, lei con gia' un passato burrascoso, lui indifferente ai primi crimini. Nulle è normale poi se raccontato da un regista come Godard.
Sinceramente non amo molto il suo cinema, difficile e ricco di autompiacimento.
Lento, episodi che si allacciano a fatica l'uno con l'altro, poco sensato.
Forse troppo metaforico, ideologico...in qualche senso anche affascinante.
Sicuramente viene rappresentato qualcosa di nuovo e se è questo quello che cerca di fare il regista ci riesce ogni volta che gira un film.

DogDayAfternoon  @  04/04/2021 23:53:52
   5½ / 10
Strano a dir poco, a cominciare da chi gli ha dato il titolo italiano: da Pierrot le fou a il bandito delle 11 sarebbe bello che qualcuno ce lo spiegasse.

La trama è molto semplice, due banditi amanti in fuga alla Bonnie & Clyde, ma il tutto si svolge in un susseguirsi di scene prive di senso, di un abuso di citazioni letterarie e filosofiche, anche se i due protagonisti risultano comunque interessanti e complementari, e la regia sa il fatto suo. Ma sinceramente mi è sembrato tutto troppo autocompiacente e fine a se stesso.

Gruppo COLLABORATORI Compagneros  @  29/03/2021 01:07:11
   7 / 10
Sorta di dramma anti-poliziesco in cui Godard spezzetta la narrazione in un delirio grottesco pervaso di citazioni disparate, lasciando il pubblico disorientato in preda alle emozioni estetiche che la pellicola scuscita. Una di quelle pellicole che, in certo senso, anticiparono il maggio francese del '68.

Oskarsson88  @  25/03/2021 10:32:03
   7 / 10
Film di grande stile visivo e realizzativo, molto eccentrico e super colorato con alcune trovate geniali. Nel complesso però a volte si fa fatica a connettere tutti i punti della storia e rimane un guazzabuglio visivo e visionario da apprezzare ma non sempre da godere. Belmondo e Karina coppia top, lui grande stile, lei è bellissima.

7219415  @  25/03/2021 00:25:11
   7 / 10
Film fuori dagli schemi

GianniArshavin  @  18/10/2016 16:20:09
   7½ / 10
Un film eversivo, come i suoi personaggi fuori dagli schemi che si fanno beffe delle regole e come la storia narrata, fondamentalmente una corsa senza tempo verso un'idea di riscatto e libertà molto contorta.
Godard in questo complesso e innovativo film riscrive le regole del cinema classico e della stessa nouvelle vague, dando vita ad una vicenda che sa riscossa generazionale ma anche di ribellione ai dettami imposti. Inoltre il regista riscrive le regole della cinematografia dirigendo un'opera schizzata grazie a tocchi fino ad allora inconsueti, come la scena in cui Ferdinand si rivolge direttamente agli spettatori o quella in cui la Karina canta e il suono della sua voce cambia da stanza a stanza, abolendo difatti il linguaggio filmico canonico.
Tutto in questo lavoro manifesto ha un sapore particolare, dall'ambientazione spartana, ai rimandi quasi canzonatori ai film di genere o ai dialoghi coltissimi che i due protagonisti hanno fra loro.
Proprio questi ultimi sono straordinari, due personaggi ottimamente delineati che hanno il volto dell'intellettuale prima borghese poi bandito Jean Paul Belmondo e della folle ma dolcissima Anna Karina che interpreta un personaggio ormai entrato nel mito.

PIERROT LE FOU è un'opera difficile, a tratti ostica e molto lenta. Merita una visione essendo una delle massime rappresentazioni della ribellione e dell'innovazione al cinema.

Ciaby  @  14/12/2013 18:53:03
   9 / 10
Una storia d'amore folle, sregolata e visionaria.
Un Godard da non perdere.

Gruppo REDAZIONE amterme63  @  21/01/2013 18:18:51
   6½ / 10
Ammetto di essere in grossa difficoltà a commentare questo film. Fondamentalmente non mi è piaciuto. Ho fatto un enorme sforzo ieri sera per tenere gli occhi aperti. Evidentemente è un film che va visto perfettamente riposati, svegli, e soprattutto stando molto attenti alle implicazioni di natura estetica e intellettuale (più che emotiva). "Pierrot le fou" è infatti uno dei primi esempi di quella cinematografia fredda e intellettuale tipica della fine degli anni '60 (il massimo esempio da noi è "Dillinger è morto" di Ferreri), in cui occorre sempre confrontare, pensare a implicazioni, a significati nascosti.
Infatti il film ha una trama assai esile, appena accennata, molto sconnessa e scorre lentamente, con frequenti pause riflessive. E' in formalmente una parodia o un libero, dissacrante rifacimento dei film polizieschi (tipo 007) molto di moda allora. Solo che tutto è preso poco sul serio, si svela apertamente il carattere di finzione che ha tutto ciò che viene rappresentato. La storia e i personaggi quindi sono solo la cornice e la superficie. Contano soprattutto i dialoghi, le frasi, i concetti espressi. Poi e soprattutto le immagini, i colori, la natura, l'atmosfera che viene resa dalle splendide inquadrature. La fotografia infatti è la parte più riuscita e bella del film, con un omaggio al paesaggio mediterraneo della Francia del Sud (e anche a Parigi ovviamente).
Il tema fondamentale del film è di natura esistenzialista ed è quello tipico di Godard sull'impossibilità per una coppia di realizzarsi, di amarsi, nonostante tutti i tentativi. Anche qui abbondano i dialoghi, i tira e molla, lasciarsi, riprendersi, in una girandola senza sosta, in una sottile, infinita e inconcludente analisi estetica.
Qui gli inserti (tipici del primo Godard) non sono di natura filosofica ma poetica (Jean Paul Belmondo legge in continuazione poesie) e -novità- anche politica (gli accenni alla Guerra di Algeria e alla Guerra del Vietnam).
La conclusione è come sempre ironica e pessimista, con la morte che viene a tagliare il nodo gordiano dei sentimenti irrisolti (come nel finale di "A bout de souffle", "Le mepris", "Vivre sa vie").
La parte poetica parlata e mostrata (con gli sfondi meravigliosi) è l'unica, secondo me, tuttora valida. Per il resto questo film non riesce più a comunicare esattamente nella stessa maniera con cui riusciva a comunicare negli anni '60. Troppo intellettuale, troppo legato alle questioni del momento. Insomma il tempo ha eroso molto del potenziale di questo film. Se a ciò si aggiunge la stanchezza di una lunga giornata .... la frittata è fatta.

marco1982  @  02/11/2012 23:16:01
   9 / 10
Non mi dilungo troppo, è un film stupendo, gli attori sono eccezionali, Anna Karina è bellissima, e Belmondo è un grande. Le inquadrature statiche modello intervista, le luci notturne nel viaggio in macchina, ii dialoghi brillanti, l'atmosfera borderline, sono tra le caratteristiche che lo rendono speciale. Non gli do 10 solo perché non rientra in quella manciata di film che riguardo a ripetizione... ma è perfetto.

BlackNight90  @  28/03/2010 03:50:14
   9 / 10
C'è una linea sottile che unisce 'Fino all'ultimo respiro' a 'Pierrot le fou' (incomprensibile il titolo italiano): forse è quella linea del destino cantata dalla splendida Marianne, così corta per lei, poco più grande di un puntino nella sua mano, ma meglio che niente. Il film si può riassumere in quella bella canzone.
Quello di Godard è un film in cui la vita è accolta così come viene, in tutti i suoi aspetti, sia quelli positivi che quelli negativi (verrebbe da dire 'dionisiacamente' se non fosse che Godard non vuole fare alcuna filosofia): prima è una fuga, poi una ricerca, infine il raggiungimento di un traguardo. Che non significa ottenere chissà quale certezza, perché già conoscere a fondo l'un l'altro è impossibile, figurarsi comprendere la vita che è incomprensibile. Entrambi i personaggi vedono dell'altro un'immagine distorta: Marianne lo chiama sempre con un altro nome, Pierrot, come se il solo Ferdinand non gli bastasse, Ferdinand crede che Marianne sia sempre pazza di lui, e solo alla fine si accorge di essere lui il fou.
Anna Karina. la musa di Godard al suo massimo splendore, bellissima e con delle insospettate doti canore, assieme a Belmondo forma una delle coppie più intriganti e affiatate del cinema.
Nel finale Godard dà un'ulteriore prova delle sue intuizioni visive in una scena indimenticabile: Belmondo che si dipinge il viso di blu, circondato poi da candelotti gialli e rossi. Giallo, rosso e blu: i 3 colori primari, quelli che formano tutti gli altri e che compongono la visione superficiale che abbiamo della realtà e dunque, superficialmente, della vita.

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Gruppo COLLABORATORI SENIOR Ciumi  @  10/09/2009 19:18:05
   9 / 10
"Ecco è ritrovata -
Che cosa? l'eternità.
È il mare sciolto
Con il sole."

Scardinato ed eversivo, proprio come una poesia di Rimbaud, il film di Godard riprova il folle tentativo del giovane poeta francese: inventarsi una diversa lingua, una nuova "alchimia del verbo" cinematografico. Ma dovrà anche lui, inevitabilmente, scontrarsi con la consapevolezza, almeno in parte, dell'impossibilità di fondare un linguaggio venturo dal nulla: il nuovo potrà essere ricostruito esclusivamente con ciò che rimane del vecchio. La stessa fuga dalla realtà di Pierrot le fou, non approda alla libertà sognata. La struttura del film, il gangster-movie, scelto spesso da Godard nelle sue pellicole, è proprio quell'idioma arcaico tanto amato da ricreare; e assieme una delicata ammissione, quella del proprio fallimento - "fissavo vertigini".

Ma rimane la bellezza del tentativo, la freschezza dell'averci provato.
"Il bandito delle 11" è un mare di deduzioni sussurrate; un filosofeggiare leggero delle nuvole; una raccolta di citazioni disseminata sulle fronde; un sentiero di tenui coriandoli sopra ognuno dei quali è stata scritta una sillaba di poesia. Sta a noi ricomporre la lirica; e magari - e Godard sicuramente ne sarebbe contento - reinventarla e riscriverla come più ci piace.

Crimson  @  13/01/2008 15:24:14
   10 / 10
Penso sia il film di Godard più difficile da commentare secondo un filo logico. Forse il più sperimentale della sua produzione presessantottina. Sicuramente il mio preferito (unitamente a 'bande a part').
La trama noir non è che un surplus di una ossatura variegatissima costituita da citazioni letterarie e pittoriche, di suoni frammentati, di immagini che si configurano come spazio vitale che inghiotte quello personale.
Un film sull'idealizzazione del sentimento che si realizza e dematerializza in un quadro complesso che comprende sia vita che morte.
Ferdinand e Marianne, il primo stanco della vita borghese di sua moglie, la seconda invischiata nel traffico d'armi.
"La vita dovrebbe essere come un romanzo, in cui tutto ha una logica, ma non è così", sentenzia Marianne. E allora fuga da tutto e da tutti. La fuga come mezzo tramite il quale alimentare l'idealizzazione.
Inizialmente per Ferdinand è fuga dal mondo borghese della propria ricca moglie italiana e la sua famiglia: forse una delle scene più belle quella del 'party', tra esperimenti di colore che amplificano l'incomunicabilità totale che versa tra il protagonista e gli altri. Beninteso che non è dipinta in modo serio, in realtà, tutt'altro. Finirà a torte in faccia.
Appare anche un imbambolato Samuel Fuller.
Poi si articola il tema del doppio, espresso dallo stesso Ferdinand. Pierrot (come viene chiamato da Marianne) le fou (il folle) e Pierrot l'innamorato, il che è equivalente. La diversità totale tra i due prende forma sotto tutti i punti di vista: musica e letteratura, desideri, descrizione dell'immediato futuro (uno degli artifici meglio riusciti del film).
Vietnam, borghesia, guerra fredda: non sono approfonditi come in diversi film del periodo seguente, in cui divengono dei veri e propri temi predominanti. Qui fanno solo da contorno.
Splendida la fotografia e strepitoso il duo Belmondo-Karina.
E il pazzo sulla barca nel prefinale è uno dei personaggi più pittoreschi del cinema di Godard.
Alla fine rimane quel senso di inappagamento e di incompiutezza terrena fatta di tradimento e ritorno alla cruda realtà (che comunque si realizza attraverso la vendetta). Ma il desiderio è talmente pervasivo da resistere anche a questo, prende altra forma, si spersonalizza, si realizza con la morte come mezzo (ma assolutamente non con un'accezione religiosa), si concilia con l'eternità nell'ultimo splendido fotogramma.

2 risposte al commento
Ultima risposta 12/10/2009 20.20.56
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Diames  @  20/09/2006 03:13:37
   6½ / 10
Godard ha fatto di meglio. Lento, didascalico, datato... insomma, non si tratta di un filmone come molti vorrebbero farci credere. Abbastanza piatto nel complesso. Certo, l'influenza di questa pellicola è innegabile, ma non sufficiente. Se proprio si vuol vedere un Godard simile, ma che perlomeno osa di più, si guardi "Weekend" (il quale però, a sua volta, non è certo esente da difetti). "Pierrot" non decolla mai, non riesce a suscitare vero e proprio interesse, scivola via, con lentezza... un film troppo legato al suo tempo e alla "psiche" dell'autore. Certo, non è da buttare, non mi si fraintenda, ma da un grande nome ci si aspetta di più, molto di più.

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Ultima risposta 08/02/2007 14.43.45
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