Due fratelli, un padre divorziato e un ex detenuto, compiono una serie di rapine per salvare la fattoria di famiglia nel West Texas. Un esperto Texas Ranger si mette sulle loro tracce come ultimo caso prima del suo pensionamento.
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Un po' enfatico nella parte conclusiva ma, complessivamente, un buon film, coinvolgente e teso quanto basta per offrire una visione interessante. Soggetto certamente non originalissimo ma efficace nella messa in scena, regia asciutta e cast che offre una performance credibile e apprezzabile.
Non è per niente male questo neo-western, per certi versi perfino freudiano: il rapporto dei due fratelli con i genitori che mai si vedono, ma che sono il motore dell'intero film; l'eterno ritorno del mito del West da conquistare, tra Texas Ranger integerrimi e cacciatori di taglie improvvisati. Per niente banali certe scelte registiche/fotografiche: il marciume di una società marcia, prossima ad un punto di non ritorno, non trova alcun seguito nella fotografia, luminosa e nitida come non si vedeva da tempo. Meno d'impatto il montaggio, ma son gusti. E poi, vabbeh, Jeff Bridges monumentale, ma non c'è nessuna novità.
"Sicario", firmato dallo stesso sceneggiatore l'anno precedente, aveva una marcia in più ma anche questo lavoro non è male: un western contemporaneo con alcune ambizioni sociali ( i fuorilegge agiscono a fin di bene, i nemici di oggi sono le banche e gli istituti finanziari ) e con la solita, polverosa e silenziosa ambientazione americana dagli ampi spazi ( ancora ) semi-selvaggi. I personaggi sono delineati abbastanza bene ma in fatto di carisma il buon Jeff Bridges si mangia Pine e Foster in un sol boccone. Belle musiche in sottofondo di Nick Cave e Warren Ellis, finale un pò interlocutorio sul quale si poteva fare forse di più.
Il caro vecchio (nuovo) Western non finirà mai di dover dimostrare quanto possa essere contemporaneo nella sua patria. Triade d'attori micidiale: il calmo ma deciso Pine, il pazzo bandito d'altri tempi Ben Fosters & il vecchio cowboy sul viale del tramonto Jeff Bridges. In tutto è per tutto un Neo-Western, figlio del "Non è un paese per vecchi" dei Coen e "The Proposition" di John Hillcoat, il quale riesce nel mettere una classica storia di frontiera di genere ma con una realtà attuale: le province americane distrutte dalla crisi per esempio. Sheridan (alla sceneggiatura) mette come terzo atto della sua quadrilogia a tema un film dall'esecuzione tradizionale e dalla trama semplice ma forte. Nick Cave e Warren Ellis accompagnano nel migliore dei modi con la colonna sonora la solida regia di David Mackenzie.
A dispetto di quanto ci si può aspettare "Hell or High Water" è un film piuttosto statico, fatto più di riflessioni che di azione, con una sceneggiatura piuttosto lineare e un ritmo che a tratti latita per poi animarsi definitivamente nel finale. L'intento è quello di dare risalto ai protagonisti, più che al susseguirsi degli eventi, e alle loro malinconiche vite, cosa che di fatto si concretizza soprattutto nel personaggio interpretato da Ben Foster, figura bellissima e devota al sacrificio per l'amore fraterno; Chris Pine e Jeff Bridges invece fanno forse il minimo sindacale, intrappolati in ruoli piuttosto canonici e per certi versi stereotipati. Si respira un certo senso di libertà, di atmosfera selvaggia di un'America rurale, in linea con quella che è la visione classica del Texas.
"Che cos'è rapinare una banca a paragone del fondare una banca?" si chiedeva Bertolt Brecht, e i protagonisti di questa pellicola sono l'eco di quella questione. Nell'assolato e polveroso Texas, due fratelli rapinano le filiali della banca che vuole strappargli la terra della loro madre. Un po' thriller con sparatorie e un po' dramma psicologico con personaggi ben delineati: un mix ben fatto. Molto piacevole.
Taylor Sheridan e' il re della "frontiera americana" al cinema almeno quanto McCarthy lo e' nella letteratura, anche perché entrambi hanno dato vita alla propria ideale trilogia sul concetto di frontiera (nell'ampio senso americano del termine). Sheridan aveva cominciato con il bellissimo Sicario, finendo per venire surclassato dalla maestria (e dal nome) di Villeneuve, ma col secondo capitolo - Hell or High Water - ottiene il grado d'attenzione che merita. Non tanto perche' Mackenzie sia un regista meno "auteur" (e di sicuro meno conosciuto) ma perche' e' la sceneggiatura cio' che colpisce davvero di questo lavoro. Sheridan racconta tutte le contraddizioni dell'America sud-ista e sud-ata, quella dimenticata dal resto del paese e svenata dai meccanismi sanguisuga delle banche. Quella dove la lotta per la sopravvivenza, anche con metodi violenti, sembra essere stata legalizzata e legittimata per necessitá, dalla malattia della povertá o dal tentativo di difendersi da quel morbo. Un'America dove se un uomo con una pistola incontra un uomo col fucile, l'uomo con la pistola e' un uomo morto. Dove la giustizia cambia continuamente casa, o forse non ce l'ha proprio (mai avuta): perche' alla fine non trionfa mai per tutti, ma solo per alcuni. Dove a pagarla sono sempre gli stessi: quelli che pagarono "centocinquanta anni fa". Dove "Comanche significa nemici per sempre". Forse non un capolavoro, ma un western moderno ben diretto, ben fotografato e soprattutto ben scritto, con ottimi risvolti di critica sociale sulla diversita' culturale e l'integrazione.
Mi meraviglio di tutti questi voti positivi che mi hanno convinto di guardare questo film. Poca cosa davvero...lento prevedibile non emoziona e non ti fa' venir voglia di rivederlo.
Il film è una sorta di lavoro a 2 Mackenzie/Sheridan. L'impronta dello sceneggiatore è molrto forte: anche Hell or high water si inserisce nel disvelamento filmico delle periferie americane (come lo era stato Sicario prima e in parte Soldado poi) ma anche del successivo Wind River. Siamo in un Texas di roulotte, povertà, piccoli espedienti. Il petrolio è miraggio per pochi. Si fanno rapine per pochi soldi e con tagli di valuta piccoli. Si tira a campare. Sullo sfondo il classico razzismo, quì non dei bianchi verso i neri, ma verso messicani e soprattutto indiani (le battute tra i due poliziotti sono stereotipate quanto esemplificative). E' un film che gioca sui dualismi (fratello quasi investito dal destino ad essere criminale, l'altro che lo fa come mezzo per salvaguardare la famiglia), quello tra le scintillanti città delle coste (qua e là accennate) e l'assolata decadenza del Texas profondo. All'intero di questo micro(macro) scenario d'America lo sviluppo più prettamente cinematografico, la ricerca dei due rapinatori, in quello che è un classico poliziesco on the road, risulta meno efficace dall'ambiente che Mackenzie e Sheridan vogliono descrivere. I due livelli non riescono troppo bene a lavorare in sincrono, se non nell'incontro finale.
Sullo sfondo della grave crisi economica che ha colpito anche gli Stati Uniti , una coppia di Texas Rangers ( che più che a Chuck Norris somigliano a Kit Carson e Tiger Jack ! ) dà la caccia a due fratelli rapinatori seriali delle filiali della banca che sta per mettere sul lastrico la loro famiglia . Western moderno piuttosto lento , con più emozione che azione , che si avvale della bella fotografia di Giles Nuttgens e di un trio di bravi interpreti in cui per una volta il disincantato Jeff Bridges deve lasciare la palma di migliore in campo a Ben Foster , sempre a suo agio nei panni dei personaggi borderline , disadattati o schizzati . Voto 6,5 .
Buon film targato Netflix. Bella la trama e anche lo sviluppo, molto carismatici i personaggi. Non mi ha convinto troppo il ritmo, a tratti davvero troppo lento (non che sia un difetto grave per un film di questo genere) e speravo in un finale più epico.
Mi ero fatto convincere fosse un gran bel film ed invece è proprio la solita cosa... Sceneggiatura che non riserva sorprese, ritmo altalenante con svariati momenti noiosi, regia senza personalità ed un cast che alla fine dei conti svolge il compitino (compreso Jeff Bridges secondo me) ed anzi ho trovato Chris Pine fuori luogo... Non è brutto perché alcune cose mi sono piaciute; la scena della vecchia cameriera che tira giù l'ordinazione da sola merita! Devono proprio piacere molto i western moderni per dare più della sufficienza a questo filmetto.
Un western moderno, solido e dalle grandi interpretazioni. Bravi come sempre Jeff Bridges e Ben Foster, però mi ha sorpreso positivamente Chris Pine, che raggiunge finalmente la maturità. Invece, finora come sceneggiatore, Taylor Sheridan non ha sbagliato un film. "Sicario", "Wind River" e "Hell Or High Water". Se non si butta via, può diventare (se non lo è già) un punto fermo del cinema di genere americano. Molto buone anche la colonna sonora e l'ambientazione texana.
Talvolta (beh spesso) sfugge quale sia il processo che porta a candidare un film piuttosto di un altro. Ad esempio, qui, ci troviamo di fronte al primo film prodotto da Netflix a ricevere una candidatura all'Oscar come miglior film e già solo per questo verrà ricordato, ma non vorrei pensare che la candidatura sia un riconoscimento per la casa produttrice. Il film, di per sé, è un discreto prodotto, asciutto nella narrazione, ha lo svolgimento che deve avere, un paio di buoni attori (il vecchio Bridges e il giovane Pine) e una regia attenta a non sbavare, priva di virtuosismi poco funzionali a raccontare il moderno western. C'è anche un contesto reale e un sottofondo di denuncia sociale (la crisi, le banche, le armi facili, ecc..). Ma tutto assieme si riassume in una pellicola "minore", per produzione, per distribuzione, per attrazione. A me, comunque, il film non è dispiaciuto e ho apprezzato la mancanza di retorica che spesso, in simili prodotti, vela tutto il resto
Pensavo sinceramente peggio. La storia alla fine è abbastanza scontata, però le interpretazioni degli attori sono perfette e la regia ottima. Un western moderno che mi sento di consigliare.
Questo è il selvaggio Texas di cui è indiscusso cantore principe J.R. Lansdale: un luogo polveroso, dai confini sterminati, concentrato di vite sonnecchianti in piccoli agglomerati urbani, dove l'unico punto di ritrovo sono dei diner in cui cameriere folli o disperate servono sempre lo stesso menù. Pistole in tasca per tutti con lo scozzese David Mackenzie a far rivivere, modernizzandolo, il mito della frontiera. Un West 2.0 fatto di rapine in banca, inseguimenti, sparatorie e due coppie di antagonisti tra le quali si stagliano il pungente e sottilmente razzista Jeff Bridges e lo scatenato Ben Foster. Fratelli da una parte, ranger dall'altra. "Cosa non si fa per i figli", afferma il vecchio sbirro alle soglie della pensione, ed è proprio la paura del futuro a far scattare l'idea criminale nell'ambito di un territorio abituato, fin dai tempi dello sterminio dei nativi e della guerra coi messicani, a dare del tu al linguaggio della violenza, ora perpetrato da banche con metodi più subdoli ma altrettanto mortiferi. Mackenzie guarda alla crisi dipingendone il tetro fantasma in luoghi in cui solo il petrolio può farti elevare della semplice sopravvivenza. Regge mezzo film sui dialoghi, perfetti per acquisire le sfaccettature di personaggi, cartine tornasole di quei luoghi aspri. Poi ci sono gli scontri a fuoco, dosati ma efficaci per dare un senso ancora più rude ad una visione d'insieme che sembra essere estrapolata davvero da scenari in cui potevano muoversi Billy the Kid o Jesse James. E poi via, fino all'incisivo epilogo dove (finalmente!) si abbandona lo schematismo (unico vero neo di questo lavoro) per dare vita ad un duello di rara intensità, questa volta privo di proiettili ma allo stesso modo indiscutibilmente figlio di quelle terre, da sempre inzuppate di sangue.
Il miglior western contemporaneo degli ultimi anni. La media deprimente che leggo qui sul sito, è sicuramente dettata dai pochissimi voti. Bravo Mackenzie a far coesistere perfettamente il presente popolato da crisi, banche e america rurale che arranca con un passato di fuorilegge, rapine, inseguimenti e sparatorie. Location, regia e attori meravigliosi, con Bridges e Ben Foster una spanna su tutti.
Questo film mi è piaciuto un sacco..ho deciso di vederlo dopo che ho saputo che era uno dei film candidato come oscar nella categoria "Miglior film"..mi sono detto sarà decente visto che è stato candidato...infatti è stato sopra le mie aspettative..buona prova degli attori...Chris Pine mi è piaciuto un sacco..Jeff Bridges è sempre un grande e qui lo dimostra ancora..Un film direi alla fratelli Cohen ..lento, rareffatto, banale a volte nella quotidianità che rappresenta l'america sudista attuale, però mai noioso..promosso
Western atipico nel senso di moderno e attuale ,con la crisi che attanaglia una famiglia fino a portarla alla disfatta morale.. Bellissima colonna sonora ,colori,atmosfera fotografica rarefatta e essenziale .. Ottime interpretazioni dei tormentati protagonisti , mi hanno ricordato molto "Un giorno perfetto" di Eastwood. Trama ben congegnata,regia perfetta nello scandire i tempi ,dedicando i giusti momenti al disagio dei fratelli ora e all'azione al cardiopalma adesso..
Ottimo film, che con la sua critica alla società riesce a combinare un genere western-noir un pò più datato con una tematica, quella della crisi economica, molto attuale. Ottima regia, che evidenzia il caldo e i colori delle zone desertificate grazie anche alla fotografia, bravi gli attori, specie Jeff Bridges, ma mi ha sorpreso abbastanza Pine.
Buon spaccato dell'America sudista, trumpiana che verrà, un Texas rurale ostaggio delle banche, abitanti che vanno a riscuotere il denaro muniti di pistola nella fondina, non ci sono indiani vs cowboys eppure sembra un film del vecchio André De Toth, poiché nell'America che racconta Mackenzie mutano gli addendi ma il risultato non cambia, banchieri i novelli bianchi, contadini assurti a ladri gli indiani, onnipresente il dualismo tra poveri contro ricchi pur evitando di porre un manicheo accento.
Opera di grande respiro, un western che guarda modernamente ai Coen, al di là della presenza di Bridges (con echi del Tommy Lee Jones di No Country for Old Men) è proprio il clima volubile, tra il serio e il faceto, ironia che sgorga dai duetti dello sceriffo con il suo subordinato, tono sottilmente drammatico nella scena più cruenta del cecchino evitando banali richiami di quel sentimentalismo pronunciato che spesso segue in questi casi, mentre l' epilogo lasciato abilmente aperto, in tal senso da menzionare la buona sceneggiatura di Sheridan (proveniente da SOA non a caso).
Storia banalotta, ambientazione country molto scenica e colorata, trama un po' inverosimile, prodotto molto blockbuster american. Muah, appena sufficiente!
Ambientato in america desolata e rurale, due fratelli a fronte delle proprie necessità eseguono delle rapine piuttosto dilettantesche. Sebbene il film sia rinchiuso in una scarna sceneggiatura, con pochi personaggi e fatti, con una certa lentezza mette bene a confronto le due parti in questa caccia "on the road". La buona resa stilitica, semplice, realistica ed efficace, condita da parecchio sarcasmo, ne fanno un prodotto robusto e sicuramente ben riuscito. Senza giammai confrontarli, per un dettaglio o altro, l'atmosfera, sarcasmo, o la caccia, mi ha ricordato diverse pellicole tipo "Non è un paese per vecchi", "Un mondo perfetto" "Bone Tomahawk"... Non me l'aspettavo, mi ha sorpreso positivamente.
Purtroppo non mi ha preso come film, sembrava partito bene, poi pian piano nella seconda parte la sceneggiatura ha cominciato a sgretolarsi, diventando un normalissimo road/caper movie con pretese da film drammatico. Apprezzabilissima la fotografia e in generale le ambientazioni da america occidentale, i pezzi contry, l'atmosfera che si viene a creare e mi è piaciuta molto anche la piccola pausa che si prendono i protagonisti tra una rapina e l'altra (mi ha ricordato molto Sonatine di Kitano, ma vabbè magari non centra una mazza). Nel finale si rovina abbastanza, diventa un po pretenzioso, falsamente riflessivo, non lo so, ma non mi ha dato buone impressioni.
Hell o High water pone sin dalle prime battute il suo accento ad un contesto ambientale che è stato annichilito dalla crisi economica. Il mondo rurale americano nè uscito a pezzi e questi pezzi sparsi qua e là vengono ricomposti ad ogni costo, ricorrendo anche a metodi estremi come il rapinare le banche, unica possibile via di scappatoia per sfuggire ad una malattia chiamata povertà, impossibile da sconfiggere per le generazioni attuali, ma da debellare per le generazioni future. Si assiste quindi ad una regressione che porta la vicenda ad avere vere e proprie tonalità da western classico trasferito in epoca attuale, con rapine in banca ed inseguimenti, una caccia al ladro in cui riescono ad emergere i personaggi, peraltro interpretati da un cast di qualità notevole ed in ottimo stato di forma. Nell'aver abbracciato in pieno una forma classica come il western, questo film si rivela molto interessante e poco scontato. Tanto di cappello.
Un buon film di cui però non mi ha convinto pienamente la sceneggiatura. Finale un pò troppo sbrigativo e poco credibile per alcuni aspetti. Molto buone le interpretazioni.
Buon film, ma latita un pò come storia e sceneggiatura. E' povero sotto quell'aspetto, nonostante dalla metà in poi, con i vari personaggi caratterizzati, tenti di spiccare un pò il volo e dare qualcosa di concreto in termini di azione allo spettatore. Certo è che in "Comancheria" (il titolo iniziale) quello che è predominante sono le atmosfere Texaniane che si delineano tra povertà e delinquenza da una parte, e agiatezza/patriottismo dall'altra. In questo contesto si piazzano Pine e Foster da una parte e Bridges dall'altra. Tutti e tre (considero Bridges il migliore dei tre, ma in questo film il migliore è nettamente Foster; Pine e Bridges sono bravi, ma a parer mio un pò troppo crepuscolari, anche se evidentemente sono molto in parte)... E' un film un pò alla Malick...molto spazio alla caratterizzazione, alle emozioni e all'atmosfere intense con un gran utilizzo della fotografia, e poco all'azione e alla praticità. E' un film un pò particolare, penso che frà gli spettatori avrà più pareri negativi che positivi, al contrario della critica che ai vari Festival ne è rimasta entusiasta, e si parla anche di profumo di statuetta....