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Un po' più di neorealismo e un po' più di neo-noir. Un po' meno ironia tagliente e un po' meno leggerezza narrativa. La formula di GÖTTER DER PEST (Dei della Peste) sembra più matura ma meno divertente e di conseguenza meno interessante rispetto ai due film precedenti di Rainer Werner Fassbinder, forte invece quando scatena la passione sentimentale e sessuale, esaltando la natura umana oltre ogni sua forma comune.
Ideale seguito de L'Amore è più freddo della morte ma di certo non un sequel canonico. Si torna a parlare di malavita e il film è un noir glaciale e statico come solo il primo Fassbinder sa fare ma questa volta,duole dirlo,la pellicola è tutt'altro che perfetta. Non che sia brutta ma non attira molto una trama lenta fino all'inverosimile e che si ingarbuglia in un gioco cinico e pessimista; che poi è esattamente quello che il regista tedesco dice sempre anche se in maniera diversa,ma i suoi lavori precedenti riescono ad essere molto più esplicativi di questo Dei della peste per quanto sia molto più cattivo e nichilista,e tutta questa non speranza si riflette come al solito nei suoi personaggi così freddi. Ma non è ai livelli del primo noir del tedesco,molto più incisivo e riuscito.
Apprezzabile in ogni caso perché non permette compromessi di sorta,è un cinema che non si lascia seguire con piacere perché vuole dire qualcosa sul mal di vivere. Troppo teatrale forse,per quanto vi siano alcune scene (poche,forse un paio) bellissime e cinematografiche nel vero senso della parola.
Un Fassbinder cattivo e drammatico con i suoi personaggi costruisce una storia inconcludente giocando sul tema dell'assenza di speranza. Uno dei film più cinici del regista, che qui mostra completa sfiducia nell'animo umano.