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L'eccentrico e barocco Ruiz continua sulla scia di "Tre vite e una sola morte" a parlare di vite sdoppiate, scisse e in qualche modo assurdo collegate e lo fa in modo se possibile ancora più esplicito, unendo letteralmente due vite con il comune denominatore del sogno. Pur colpendo molto la prima ora, dopo l'interesse va scemando e cosi anche molti degli ottimi spunti fino ad allora forniti divengono ripetitivi fino all'eccesso. Resta una sceneggiatura ben congeniata e affascinante, un'ottima prova d'attrice di Anne Parillaud che in parte rifà il verso alla sua Nikita. E soprattutto c'è Raul Ruiz che dirige con un'eleganza fluida e visionaria muovendosi sinuoso in questa sorta di "doppia vita" senza mai generare confusione e intrecciando i piani di (ir)realtà. Alcune invenzioni visive poi sono eccezionali e non sembrano mai tecnica fine a sé stessa, una componente da ammirare nel compianto regista cileno che ci ha lasciato un percorso artistico tutto da scoprire.