Recensione la morte e la fanciulla regia di Roman Polanski Francia, Gran Bretagna, USA 1995
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Recensione la morte e la fanciulla (1995)

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locandina del film LA MORTE E LA FANCIULLA

Immagine tratta dal film LA MORTE E LA FANCIULLA

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"La morte e la fanciulla", uscito nel 1995, è ambientato nel 1992.
Il film è tratto da un'opera teatrale del cileno Ariel Dorfman, magistralmente interpretata in Italia dallo scomparso Giancarlo Sbragia che impersonava il medico Miranda (nel film Ben Kinsley).

Le scene esterne si svolgono in un promontorio cileno che dà sull'oceano pacifico, quelle interne in una villa isolata nei pressi della punta della penisola dove risiedono l'avvocato Gerardo Escobar (Stuart Wilson), responsabile di una commissione governativa per "la violazione dei diritti dell'uomo" avvenuta durante la precedente dittatura, e Pauline Escobar (una magistrale Sigourney Weaver), sua moglie, vittima di torture nel 1977, ex militante studentessa di sinistra, dissenziente da ogni regime politico totalitario.
Una sera, durante un forte temporale, l'avvocato Gerardo, di ritorno in automobile da una riunione governativa sui diritti umani da lui presieduta, fora una gomma in prossimità della sua zona di residenza e dopo aver scoperto che la ruota di scorta era bucata è costretto a fare l'autostop buttandosi, all'arrivo della prima automobile, praticamente in mezzo alla strada e fermando l'auto guidata dal medico Miranda, abitante nel suo stesso quartiere.
All'arrivo di Gerardo segue una discussione animata tra lui e la moglie: Pauline è delusa dalle decisioni prese dalla commissione presieduta da suo marito perché questa, con l'avvallo del presidente Romero, ha deciso di trattare in giudizio solo quei casi legati alla morte delle vittime di torture.

Nel frattempo il medico Miranda, che dopo aver portato Gerardo nella sua abitazione si era avviato nella propria residenza, ritorna nei pressi della abitazione dell'avvocato per restituire la ruota di scorta bucata, dimenticata da Gerardo nella sua automobile, e consentirne la riparazione. La moglie, che ascolta di nascosto la breve conversazione, riconosce nella voce del medico il suo carnefice del 1977, l'uomo che l'aveva violentata quattordici volte, in piena dittatura di destra, mentre l'uomo era incaricato al controllo medico delle vittime di tortura affinché non decedessero durante le sevizie che pativano.
Pauline aggredisce quindi Miranda colpendolo con il cacio di una pistola sulla testa ed immobilizzandolo su una sedia; l'uomo rimane completamente esterrefatto di quanto gli sta accadendo. Pauline vuole imbastire un vero e proprio processo, le cui udienze vedono lei come pubblica accusa, e difensore dell'imputato Gerardo suo marito, che rimane incredulo e sempre più stupito di ciò che sta accadendo.
Pauline però non cerca la verità con le prove, la donna ha solo bisogno di una confessione ben recitata, in cui compaia l'ammissione del godimento provato dall'autore nello stupro, qualcosa che attenui l'angoscia della sua nevrosi; la donna con il suo comportamento cerca una rievocazione del trauma, nel tentativo di scaricare le pulsioni che più la tormentano, attraverso lo scambio dei ruoli, passando cioè da vittima a carnefice.

Il pensiero di Pauline a volte è delirante, approssimativo, la sua capacità di giudizio ridotta, il suo comportamento è qualcosa che coinvolge esclusivamente il proprio campo psichico e riguarda una sorta di auto psicoterapia messa in moto da suoi meccanismi inconsci, che sembrano finalizzati a farle trovare una pausa dai tormenti della memoria, un intervallo di serenità e pace da un vissuto tragico, sempre presente, che occlude ogni suo spazio immaginativo verso il futuro, portandola a negare, come in questo caso, le procedure più corrette per giudicare una persona.
Per lungo tempo Miranda rimane stordito dalla situazione impostagli, e troppo impaurito per capire e reagire.

Alla fine del processo improvvisato da Pauline, in cui erano scaturite anche scene di alta drammaticità per le rivelazioni di Gerardo a Pauline di alcuni eventi passionali che li riguardavano e alcune ripetute violente ribellioni di Miranda alla situazione in cui si trovava, tutto rimarrà ambiguo, incerto, nessuna prova emergerà a sostegno dell'accusa sostenuta da Pauline, ma sull'orlo del precipizio sul mare, con la minaccia di buttarlo giù, e con le mani ancora legate, stremato dalla fatica Miranda sfodererà una confessione da carnefice finalmente credibile, ben sostenuta, magistralmente recitata, di grande verosimiglianza, in cui il grande piacere provato nei suoi stupri verrà ammesso con tutta franchezza portando l'avvocato Gerardo ad avere un impulso omicida verso Miranda a stento trattenuto e a sgravare i tormenti psicologici della donna i cui fantasmi si dissolveranno per un certo tempo lasciando il posto ad un'altra verità, finalmente reale anche se ottenuta grazie al delirio, che riguarda il suo piacere e la soddisfazione ottenuta smascherando il presunto colpevole con metodi simili a quelli da lei subiti.

L'identificazione con il carnefice e lo scambio dei ruoli trova infatti finalmente un effetto catartico, liberatorio, purificatorio con la confessione del peccato più ovvio del medico in quelle circostanze: il godimento sessuale dell'uomo su donne inermi, indifese, senza più un futuro, giudicate come nemiche del regime e ostili a tutte le sue istituzioni, un godimento potenziato dalla certezza di passarla franca.

Nulla di quanto accaduto gioverà nel tempo alla guarigione di Pauline, ma il piacere provato a seguito di quella confessione così credibile, del tutto ammaliante, convincente, indicherà un altro percorso terapeutico da seguire per alleviare al meglio le sue sofferenze psichiche più gravi e quelle delle persone che si trovavano nel suo stesso stato.

L'esperienza vissuta suggerirà al marito un impegno di lavoro diverso sulle coscienze dei presunti colpevoli, più garantista, e anche un lavoro di conoscenza delle psicologie delle vittime più approfondito, cercando di smascherare i primi con le fatiche di un vero processo, lontano da ogni influenza politica e sostenendo psicoterapeuticamente i secondi per favorirne una capacità di giudizio più vicina all'obiettività.

Il film di Polanski ha avuto un buon successo di pubblico e di critica, a dimostrazione della sua grande capacità nel tenere unito nei suoi film pubblico e cultura, spettacolo e arte, gusto e impegno analitico, ricerca fotografica e ricchezza di concetti, linguaggio visivo e rigore del pensiero, divertimento e ricerca di verità psicologiche anche scomode.

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Recensione a cura di Giordano Biagio - aggiornata al 28/05/2010

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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