Recensione intolerance regia di David Wark Griffith USA 1916
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Recensione intolerance (1916)

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locandina del film INTOLERANCE

Immagine tratta dal film INTOLERANCE

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Immagine tratta dal film INTOLERANCE
 

"Intolerance" è stato uno dei primi film muti in grado di esprimersi con tecniche narrative multiformi, ben coordinate, tali da avvicinare il cinema ai più diffusi dispositivi del romanzo.
Il film esce nel 1916, a breve distanza di tempo dal successo di "Nascita di una nazione", un'opera quest'ultima grandiosa e originale che scava sui più brutali disordini razziali avvenuti al termine della guerra di secessione americana; un film dai tratti epici che per la prima volta dimostra quanto il cinema possa influire sui movimenti di opinione portandoli a forme di manifestazione anche di una certa gravità. "Nascita di una nazione" è una pellicola analitica, sull'incomunicabilità tra razze, ben costruita; non sempre però onestamente interpretata da alcuni critici dell'epoca, che hanno finito per renderla oggetto di facili strumentalizzazioni razziali e xenofobe, talmente gravi da mettere Griffith in guai seri.
Il regista americano sarà costretto per scagionarsi dall'accusa di razzismo, ed a girare subito dopo "Intolerance", un film che si inoltra nei meandri più oscuri dell'intolleranza.

"Nascita di una nazione" creò delle vere e proprie manifestazioni di piazza contro Griffith, accusato di giustificare con il film tutte le vessazioni subite dalla popolazione nera, subito dopo la guerra di secessione, da parte del Ku Klux Klan.
A causa dei contenuti del film vi furono a Boston ed a Philadelphia duri scontri tra dimostranti e polizia, che provocarono perfino alcune morti e numerosi feriti. Inoltre, in una metropoli americana, un ragazzo bianco rimasto fortemente influenzato dal film, all'uscita dalla sala uccise un giovane nero. Il film, con la sua carica suggestiva e la straordinaria penetrazione mediatica, favorì addirittura la ricostituzione della vecchia organizzazione punitiva del Ku Klux Klan.
"Intolerance, al contrario, è una pellicola che descrive con precisione e notevole veemenza alcune reiterate atrocità prodotte nella storia dell'uomo dall'intolleranza e dall'odio, condannandole apertamente a più riprese.

Il film esce nelle sale in un momento storico assai difficile in cui tutto ciò che riguarda la normale vita dei cittadini sembra possa precipitare da un momento all'altro verso un'esistenza caotica, insolita, dalle sempre più fosche e tragiche attese.
L'Europa è già in guerra, con numerosi conflitti che la rendono arroventata di lutti e gli Stati Uniti stanno per prendere decisioni importanti, che li porteranno in breve tempo ad intervenire al fianco degli alleati europei (Francia, Gran Bretagna, Italia).
Il film di Griffith risentirà molto del sanguinoso contesto storico in cui viene prodotto; difatti gli abituali spettatori cinematografici, assillati da grosse preoccupazioni per l'immediato futuro, preferiranno vedere film spensierati o evasivi anziché assistere a situazioni che mostrano gli effetti più efferati della violenza. Le grandi ambizioni di "Intolerance" verranno perciò frustrate dagli incassi, che non riuscirono a coprire neanche i costi di produzione.
Per realizzare Intolerance sono stati necessari più di 2,5 milioni di dollari, di cui una parte sborsati dallo stesso Griffith; l'insuccesso commerciale farà fallire il produttore e porterà il regista americano ad una umiliante condizione debitoria che renderà amaro il resto della sua vita.

"Intolerance" è un'opera indimenticabile, ipnotizzante, in cui per la prima volta le folle in movimento degli scioperi diventano protagoniste per lungo tempo di scene chiave, dando alla fotografia cinematografica un potere irresistibile, nuovo, capace di competere con tutte le arti del raccontare.
Il film influenzerà i maggiori teorici cinematografici russi del momento come Ejzenstein, Pudovkin e Kulesov, suggerendo inquadrature e modi di montare la pellicola del tutto inediti che ritroveremo in alcuni film seguenti, sempre di quegli anni, come "La corazzata Potemkin" e "Sciopero", entrambi di Ejzenstein.
Per "Intolerance" furono usate più di 5.000 comparse e 100 km di pellicola. Gli imponenti addobbi scenici e la costruzione di giganteschi mezzi a sostegno delle riprese, tra i quali una vera e propria ferrovia addetta al trasporto dei materiali per le scene e delle comparse, hanno rappresentato per l'America di allora un segnale di progresso industriale della settima arte, di forti investimenti in un Paese dai miti facili ma sempre desideroso di crescere culturalmente.
Alcune colossali scene di massa, riprese dall'alto, sono state girate con la telecamera sistemata in un pallone aerostatico, da un'angolazione capace di favorire una composizione fotografica diversa che immetteva sullo schermo piani di ripresa inediti, lontani sempre più da quelli tipici, estremamente semplificati del teatro.

"Intolerance" richiama per stile alcuni film italiani prodotti tra il 1912 e il 1915, come "Cabiria" di Giovanni Pastrone, pellicole di grandi scenari e costumi storici, già ricche di interessanti assemblaggi fotografici e di un pathos straordinario di chiara derivazione teatrale; "Cabiria", uscito nel 1914, è stato sceneggiato da Gabriele D'Annunzio.
"Intolerance" è un film speciale, dalle intonazioni suggestive continuamente elevate, di profondo impatto emotivo, dove delirio mistico e razionalità si alternano quasi perfettamente in un valzer di situazioni dal sapore sempre rapsodico e seducente.
Il film è portatore di un messaggio etico coinvolgente che tende, per la sua stessa caratteristica costitutiva, a divenire universale, mettendo in primo piano la grave questione dell'odio manifestatasi in varie epoche attraverso l'impeto dell'intolleranza verso il diverso e la prevaricazione feroce delle istituzioni sull'individuo, in particolare su quello ritenuto perdente che di solito coincide con il socialmente debole o l'emarginato dalla società.

Il film si inoltra nel passato più remoto della storia esaminando un arco di tempo piuttosto ampio che va dal 535 a.c. al secondo decennio del '900, epoca quest'ultima in cui Griffith girò il film.
Griffith porta sullo schermo quattro storie parallele, raccontate in modo alternato, che rimangono separate fino alla fine, unite per tutta la durata del film solo da un duplice filo conduttore comprendente da una parte l'odio e l'intolleranza e dall'altra l'amore e la carità.
Ciascuna vicenda viene narrata con attori diversi.
Dapprima il racconto è lento, semplice, facile da seguire, per poi accelerare in significato e composizione degli intrecci con riprese brevi ma veloci, dal contenuto sempre più drammatico, che sfociano verso un finale ricco di suspense in cui trionfano sia l'odio sia l'amore, in una loro ripartizione equa tra i personaggi del film, che lascia intendere come sia difficile trovare una soluzione a un problema come quello dell'intolleranza, in grado di presentarsi con vesti sempre diverse e travestimenti psicologici complicati che esortano anche ad accettarla in funzione di un demonistico e ambiguo piacere.

Nel film si possono ammirare importanti innovazioni, quali il montaggio parallelo e quello alternato, che consentono di seguire tutte e quattro le storie con una curiosità sollecitata all'estremo e una leggerezza poetica incantevole.
L'iride e il mascherino, già usati in altri film, confermano in "Intolerance" la loro utilità, sottolineando con la loro applicazione su alcuni particolari filmici, quali le immagini decisive per comprendere la trama, l'importanza che essi assumevano nel film muto.
L'accompagnamento musicale per pianoforte e orchestra dà grande tono al film, rendendo certe situazioni fortemente melodrammatiche.

Numerosissime le pagine di sovraimpressioni scritte, tali da dare l'idea di un libro; la loro lettura è un po' faticosa ma indispensabile per seguire con maggior scorrevolezza gli episodi del film.
Una delle storie di "Intolerance" si riferisce ad alcuni episodi della vita di Gesù, dal miracolo della trasformazione dell'acqua in vino durante il matrimonio degli sposi di Cana in Galilea, alla passione e crocifissione di Cristo nella collina del Golgota a Gerusalemme; un'altra si svolge nel 1572, anno in cui fu eseguita su ordine del re Carlo IX, sotto l'influenza della sorella Caterina de Medici, la strage del movimento protestante degli ugonotti, nota come la notte di San Bartolomeo.
La terza storia si cala negli ultimi giorni di Babilonia, intorno al 539 a.c., mostrando la sconfitta di Ciro da parte dei babilonesi e la successiva rivincita del condottiero persiano che grazie al tradimento di alcuni sacerdoti, che adoravano un altro Dio, conquisterà la città.
La quarta è ambientata intorno al 1916, anno in cui è uscito il film, e mostra da una parte l'ascesa politica del grande movimento moralista delle donne, con tutte le loro discutibili prese di posizione verso il magnate dell'industria Jenkins e i figli delle famiglie disagiate, dall'altra le difficoltà dell' attività produttiva americana che scaricava la crisi sui lavoratori e le loro famiglie.
Quest'episodio analizza tutti gli aspetti della crisi economica, anche le sue conseguenze sulle famiglie, osservando, attraverso una coppia di poveri innamorati che subiscono numerosi maltrattamenti sia da parte delle istituzioni sia da alcuni malavitosi, i suoi effetti più significativi nella vita privata.

Da un punto di vista più filosofico si può sostenere che questa opera di Griffith rappresenti il tentativo di dare al cinema un potenziale istruttivo nuovo, non solo strettamente narrativo, scheletrico, ma anche concettuale, mostrando l'intolleranza nelle sue molteplici sfaccettature interpretative, in quella profondità più misteriosa che la costituisce, lontano quindi da ogni valutazione empirica o fantasiosa.

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Recensione a cura di Giordano Biagio - aggiornata al 16/01/2009

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