Recensione il mondo dei replicanti regia di Jonathan Mostow USA 2009
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Recensione il mondo dei replicanti (2009)

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locandina del film IL MONDO DEI REPLICANTI

Immagine tratta dal film IL MONDO DEI REPLICANTI

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Nel 2054 una potente innovazione tecnologica rende possibile vivere la propria vita da casa attraverso l'utilizzo dei Surrogati, che agiscono come gli umani e trasmettono loro le emozioni sensoriali. Ma la morte, caso mai verificatosi prima, di una persona attraverso l'omicidio del suo surrogato spinge l'agente Greer a uscire a indagare di persona, per la prima volta dopo molto tempo.

"Tranquilla, noi siamo i buoni."

Ci sono alcune cosette da chiarire prima di cominciare a parlare di questo film.
La prima è che senza Bruce Willis, e nonostante il fatto che egli si limiti alle sue solite due espressioni, il tutto si ridurrebbe a un episodio di "Ai Confini della Realtà". Poi c'è da dire che, nonostante sia tratto da una graphic novel, il plot nel complesso deve non poco ai deliri visionari del grandissimo Philip K. Dick.
Detto ciò possiamo passare direttamente a parlare del fatto che l'inversione di tendenza che si auspicava ci fosse col cambio di governo negli Stati Uniti non sembra essersi ancora verificata. Intanto perchè continua la sottile apologia, se non delle guerre preventive, almeno degli spionaggi a fini di sicurezza, e poi perchè l'aura di paranoia scatenata più dalla massicccia campagna di difesa, che dall'attacco alle Twin Tower, sembra essere ancora lontana dallo sfumare.

Ma procediamo con ordine. Abbiamo un mondo futuro in cui non si esce più di casa e si mandano in giro dei bellissimi surrogati, i quali vivono le esperienze al posto dei veri umani, rimandandogli via rete le emozioni e gli eventuali scambi di fluidi corporei. Ovviamente tutte le informazioni circa le suddette esperienze sono monitorate e registrate. Quindi il tasso di crimini è sceso paurosamente, non fosse altro che per il fatto che si può disconnettere a distanza un surrogato che sta compiendo un'azione illegale.
Naturalmente ci sono dei dissidenti, e esiste un'area che somiglia molto da vicino a un ghetto, in cui un non meglio identificato predicatore conduce le sue greggi, che non usano surrogati, sulla via della spontaneità e, a un certo punto del terrorismo.
Fin qui tutto bene. Ma improvvisamente accade qualcosa che fino ad allora era considerato impossibile: un umano perde la vita nel momento in cui il suo surrogato viene colpito da una raffica di colpi, partiti da quella che pare essere un'arma non convenzionale.
In pratica un'arma che non dovrebbe esistere.

La polizia, per mezzo degli agenti Greer e Peters, indaga nel settore dei surrogati, cercando di capire come sia potuto accadere che si sia messa a punto un'arma in grado di uccidere chi è connesso al suo surrogato, invalidando così il vero motivo per cui tutti ne usano uno: la paura di uscire di casa.
Naturalmente quello che scopriranno aumenterà il senso di sfiducia dello spettatore circa la reale affidabilità di un governo che, prima spaventa a morte la gente inducendola a restare in casa e a farsi spiare in nome della sicurezza, e che poi si rivela assolutamente incapace di proteggerla.

Tutta l'indagine segue il copione di mille altre precedenti, e come quelle non ci dice nulla di nuovo.
O almeno nulla che non sia venuto in mente per primo allo spettatore, dopo soli venti minuti di inseguimenti e distruzioni di vetrine e automobili. Del resto se il problema è sempre quello della sicurezza, delle armi e dell'uso delle seconde per garantire la prima, sappiamo già a chi rivolgere il nostro pensiero.

Il granitico e, in alcuni momenti, blandamente ironico Willis è adattissimo alla parte. Nonostante il suo surrogato sfoggi un'improbabile pettinatura e un sorriso da pubblicità del dentifricio. Ma forse è più convincente come surrogato, piuttosto che come marito afflitto. L'afflizione e i piagnistei sentimentali non sono mai stati nelle corde di nessun attore action degno di questo nome.
Ma nel complesso sembra funzionare: come si diceva, rende questo telefilm degno di esser guardato sul grande schermo. Mentre la regia piatta e poco accurata lascia il dubbio che a girare sia stato un surrogato del regista. O un surrogato di regista.
A voi la scelta.

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Recensione a cura di Anna Maria Pelella - aggiornata al 05/11/2009

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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