Recensione il gaucho regia di Dino Risi Italia, Argentina 1964
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Recensione il gaucho (1964)

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Voto Recensore:   8,00 / 10  8,00
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locandina del film IL GAUCHO

Immagine tratta dal film IL GAUCHO
 

Girato nel 1964, il film, diretto da Dino Risi, è ambientato in un anno importante per il nostro paese. Il boom economico "scoppiato" a fine anni Cinquanta, che ha rivoluzionato quasi radicalmente lo stile di vita nazionale, sta già registrando le sue prime battute d'arresto (la cosiddetta congiuntura); al potere c'è il Centrosinistra mentre dall'estero Mary Quant e la sua gonna al di sopra del ginocchio, il filosofo Russell e la pillola anticoncezionale indicano che qualcosa sta cambiando soprattutto nel mondo giovanile. Con alcuni anni di anticipo si intravede la rivoluzione "socio-culturale" che verrà.

Più semplicemente e nel suo solito stile ironico venato da malinconia e cattiveria, Risi parla di storie di personaggi incompleti, inconcludenti o addirittura falliti: si parte dal protagonista principale, un Vittorio Gassman quarantenne più graffiante che mai, addetto alle pubbliche relazioni di una scalcagnata casa di produzione cinematografica.
L'uomo, con alle spalle una complicata situazione sentimentale e un'altrettanto più complicata situazione finanziaria, parte per l'Argentina per presenziare a un festival cinematografico e nel contempo chiedere un prestito a un vecchio amico da tempo in Sud America. La comitiva, decisamente male assortita, è composta da due attricette tanto avvenenti quanto oche, da un'attrice non più giovanissima che spera di accasarsi con una vecchia fiamma e dal regista, decisamente di sinistra e probabilmente omosessuale (non tanto velato cenno al più celebrato Pasolini). In Argentina il gruppetto colleziona una serie di figuracce e fa la conoscenza di un ricco industriale di origine italiana, nostalgico ad oltranza di un Italia ormai scomparsa e contemporaneamente legato strenuamente alle posizioni raggiunte tanto da essere del tutto insensibile alle situazioni negative del suo prossimo. Il sogno "sudamericano" svanisce presto e ognuno si appresta a tornare alle amarezze e alle delusioni di ogni giorno.

Commedia dal risvolto amarissimo, condita da battute e situazioni al vetriolo, "Il gaucho" deve molto alle interpretazioni di tre grandi attori: Gassman, gigionesco e cialtrone, Manfredi, nel ruolo dell'emigrato che non ha fatto fortuna, malinconico e rassegnato al suo infausto destino, ma soprattutto Amedeo Nazzari, in un ruolo per lui decisamente inedito. L'attore ormai quasi sessantenne esce dallo stereotipo dell'uomo forte e virile che lo aveva accompagnato per tutta la sua carriera (celebre la sua frase "E chi non beve con me peste lo colga" pronunciata con marcato accento sardo nel film "La cena delle beffe") per impersonare lo stravagante ingegnere italo- argentino malato dell'Italia turistica di pizza e mandolino.

Sullo sfondo della storia l'Argentina post-peroniana, paese populista che pensa in grande, ma è tradito da grosse inefficienze di base e disseminato di emigrati italiani altrettanto nostalgicamente legati a un'idea più che alla reale situazione di un paese che non conoscono più.

Film declinato più al maschile, ma con valida interprete femminile la quarantenne Silvana Pampanini che accetta di esporre i primi segni del tempo e la sua situazione di ormai "ex diva".
Uomini e donne in egual misura ne escono fuori negativamente, ciascuno con i suoi scheletri nell'armadio, con la propria cialtroneria, con i propri tic. Forse il migliore tra tanta bassa umanità è Manfredi, emigrato povero ma dignitoso nella sua miseria, sua è l'ultima inquadratura del film, auspice di un'Italia meno malata di grandezza (simboleggiata da Gassman), ma più umana.

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Recensione a cura di peucezia - aggiornata al 11/09/2008

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