Recensione gorky park regia di Michael Apted USA 1983
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Recensione gorky park (1983)

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locandina del film GORKY PARK

Immagine tratta dal film GORKY PARK

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Immagine tratta dal film GORKY PARK
 

Un ispettore della polizia di Mosca, Arcadij Renko (William Hurt), è costretto dal Procuratore generale Jamskoy (Ian Bannen) ad occuparsi di un caso di triplice omicidio avvenuto in pieno inverno al Gorky Park, probabilmente durante una pausa pranzo fatta dalle vittime per riposarsi dalle fatiche del pattinaggio sul ghiaccio.
Il caso spetterebbe al KGB perché uno dei tre uccisi è un cittadino straniero ma la scelta di Renko, un ispettore intelligente e integerrimo, consente al corrotto Procuratore generale Jamskoy di alzare la posta in gioco nei riguardi di Jack Osborne (Lee Marvin), possibile omicida delle tre persone trovate morte al Gorky Park di Mosca, venditore nel mercato nero internazionale, con la complicità di Jamskoy, di sei zibellini, preziosi animali ricercati per la loro pelliccia.
Il procuratore corrotto favorisce la pista investigativa di Renko verso Osborne ma il suo scopo è di spaventare Osborne e chiederli poi una maggior somma di denaro, rassicurandolo sul proprio potere di togliere Renko dall'indagare su di lui.
Ma anche il KGB è corrotto e Renko dopo un pò di tempo si renderà conto di non essere sostenuto da nessuno dei suoi connazionali e di rischiare seriamente la vita; troverà un amico e fedele collaboratore solo in William Kirwill (Brian Dennehy), un investigatore americano venuto a Mosca per indagare sul fratello ucciso: uno dei tre assassinati al parco.

Renko indaga anche su Irena Asanova, una bellissima siberiana, amica di Valeria Avidova uccisa anch'essa al parco. La donna indossava al Gorky Park, nel giorno degli omicidi, i pattini da ghiaccio di Irina con su incise le iniziali della proprietaria. Irena è spesso sotto il tiro del KGB perché sa troppe cose sulle vittime, ma Renko riesce a proteggerla e a salvarla da un'aggressione in casa, innamorandosi poi della donna.
Quando Irena salverà Renko dal carcere, per l'omicidio colposo nei confronti di un personaggio chiave della vicenda, lo farà attraverso una via complicata che la porterà anche a vendere il suo corpo a Osborne, il quale si appassionerà a tal punto della donna da commettere in seguito gravi errori.

Dalle indagini emergerà che le tre vittime al momento dell'omicidio erano sul punto di fuggire dalla Russia per andare a New York aiutate da Osborne; esse pattinavano sul ghiaccio al Gorky Park con allegria e soddisfazione per le nuove speranze che il futuro stava riservando loro.

Osborne è davvero l'assassino dei tre? Renko riuscirà a risolvere il caso e a ritornare con Irena (Joanna Pakula), accettando l'idea che quanto di ambiguamente erotico è accaduto tra lei e Osborne fosse necessario per salvarlo dal carcere duro?

Il film offre attraverso il racconto uno spaccato della Russia comunista molto credibile, immergendoci in un'atmosfera triste, segnata dalla mancanza di libertà e dalla preponderanza di ogni genere di paure per il mancato rispetto dei diritti umani più elementari; una realtà sociale caotica dominata dalla povertà e dalla miseria, dal potere della burocrazia militare, autoritaria, preposta anche al controllo del sistema giudiziario e amministrativo delle città, una burocrazia che ha accesso con facilità al mercato nero legato ai marchi e ai dollari perché conosce tutte le procedure più segrete per arrivare all'acquisto.
Una realtà quella trasmessa dal film spesso solo immaginata, che attraverso il visivo acquista rilievo. Essa dà il senso dell'incubo comunista vissuto dall'occidente per molti anni, una paura razionale in quanto questa ideologia non riusciva a concretizzarsi in modelli di riferimento istituzionali positivi, capaci di far sognare una società nuova, egualitaria, libera.

La Russia non trasmetteva quindi un'idea di giustizia e di benessere altra che facesse sperare in un reale cambiamento sociale, sulla base di quanto i testi marxiani e gramsciani, con grande acume, avevano analizzato sulle società capitaliste.
Il film è in genere considerato un po' prolisso a causa della complessità della trama, e in effetti la narrazione è difficile da seguire al primo colpo, ma nel complesso è un'ottima pellicola, soprattutto per il verismo delle scene che descrive, per l'esposizione di un costume e un sociale facenti parte di un mondo non capitalista, molto lontani da quelli attuali, globalizzati, che il capitalismo con la sua economia, con la montagna di beni esportati e importati in qualche modo già lasciava prefigurare da tempo.
L'esperienza comunista ormai archiviata in quasi tutti i paesi del mondo rimane un oggetto iconico raro, da conservare nei ricordi e nei filmati d'epoca, una sacra reliquia antica e misteriosa soprattutto per i giovani, capace di trasmettere l'emozione del collezionismo storico riferito alle vite politiche delle maggiori nazioni del mondo.

Il film attraverso una storia in stile giallo, fa intendere come le logiche criminali maggiormente diffuse all'epoca, quelle coinvolgenti le autorità più in vista delle città, tendessero a rimanere spesso nascoste a causa di una mancanza di divisione dei poteri dirigenziali e della dipendenza della magistratura dal potere politico più legato al partito.
Solo un eroe poteva far saltare di volta in volta qualcosa di marcio del sistema e l'ispettore Renko lo è: un semidio etico che rappresenta in qualche modo la coscienza del cittadino perbene sovietico, quello fedele agli ideali della rivoluzione di Lenin che piange per i mali della sua nazione ma nello steso tempo non vuole arrendersi alla corruzione dei suoi capi.
Il meccanismo del film che ricostruisce le cause e il contesto dei tre delitti si può intendere come una gigantesca metafora sulla banalità del male, in questo caso dovuto non tanto al potere in quanto occasione di corruzione finalizzata alla ricerca della bella vita e alla soddisfazione di una sessualità perversa, ma in quanto estraniamento dal bene comune, mancanza di rapporto spirituale tra le istituzioni e il popolo, assenza di ogni coesione di derivazione mistica, ascetica, in grado di motivare la vita sociale in modo diverso, seppur sul bordo di un paradosso psichico-religioso.
In altre parole nel film la soggettività, con tutte le sue implicazioni creative, inventive, poetiche, viene criminalizzata, relegata nell'inferno delle rinunce volute dalle istituzioni per diffidenza verso il prossimo.
L'ordine diviene dittatura, la parola e l'ascolto si trovano a un certo punto relegati nel privato-isola, che assolutamente non deve trapassare nel sociale pena la sua classificazione in un reato.

I moventi dei tre delitti poggiano tutti su un'idea cinica, nichilista di vita, basata su un laicismo che esclude il riconoscimento dell'altro in quanto persona simile, fonte empatica per il tuo vivere, relegandolo nel gioco della strumentalizzazione più gretta.
La genialità di questo film sta nell'aver trovato un modo di rappresentare tutto un mondo complesso attraverso il desiderio di morte, gli impulsi omicidi, che stanno alla base di ogni conflitto sociale e istituzionale, dando ad essi delle logiche precise, dei moventi plausibili estendibili a tutta una scelta del vivere sociale che irride alle ideologie positive che la racchiudono.

La fotografia è spesso caratterizzata da colori ocra, poco luminosi, da interni fatiscenti segnati dalla miseria, da una povertà di inquadrature in cui sono rappresentati soggetti architettonici lontani da ogni bellezza neo moderna, sembra essa stessa voler dare un giudizio su tutto quel mondo in declino.
E' una fotografia che tende a dare l'idea di qualcosa nel sociale russo che rimane paurosamente fisso, immodificabile, seppur a breve la Russia sarà oggetto di un'esplosione di cambiamenti epocali a seguito della caduta del muro di Berlino e della fine della guerra fredda. Essa trasmette il senso opaco di un'ossessione giudicante sul comunismo russo che a quei tempi era molto diffusa nell'occidente.
Un'ossessione che sembrava non fosse mai destinata a sciogliersi.

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Recensione a cura di Giordano Biagio - aggiornata al 17/01/2011 11.57.00

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