Recensione bianca come il latte, rossa come il sangue regia di Giacomo Campiotti Italia 2013
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Recensione bianca come il latte, rossa come il sangue (2013)

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locandina del film BIANCA COME IL LATTE, ROSSA COME IL SANGUE

Immagine tratta dal film BIANCA COME IL LATTE, ROSSA COME IL SANGUE

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Immagine tratta dal film BIANCA COME IL LATTE, ROSSA COME IL SANGUE
 

È molto facile parlar male di un film dal target specificamente adolescenziale, trasposizione attesa a grande richiesta dell'omonimo best seller di Alessandro D'Avenia, insegnante palermitano che, dai banchi di scuola, ha attinto con garbo per la sua storia d'amore e morte tra la gioventù sognante di oggi.

Leo (Filippo Scicchitano) ha sedici anni e una voglia matta di conquistare Beatrice (Gaia Weiss), amabile coetanea dalla rossa chioma, il colore del sangue e della vita che lui tanto rincorre; quella vita che spesso è bianca, vuota di emozione, pesante di noia e di dolore, inutile. Tra una partita a calcetto e il supporto fedele di Silvia (Aurora Ruffino), l'amica di sempre, Leo troverà il coraggio di intercettare lo sguardo della sua bella durante un'avventurosa incursione in una sala cinematografica. Ma passano i giorni, e di Beatrice nessuna notizia; scopre che è malata, che un male oscuro le ha avvelenato il sangue e costretta in un letto d'ospedale. Di fronte alla sua sofferenza, Leo imparerà a crescere e a misurarsi con un mondo che non conosce, anche con l'aiuto di un professore (Luca Argentero) che non disdegna l'arte del sogno.

Non è un film perfetto "Bianca come il latte, rossa come il sangue", il ritorno di Giacomo Campiotti alla regia per il grande schermo, dopo otto anni d'assenza (ma con un fortunatissimo trascorso televisivo recente), ha anzi molti difetti, primo fra tutti una visione d'insieme eccessivamente edulcorata dell'universo giovanile odierno, probabile dazio dovuto alla committenza targata Lux Vide, corazzata storica in ambito di produzioni religiose.

Allo stesso modo, stupisce il ridimensionamento del coraggioso afflato spirituale del romanzo, presente nella sceneggiatura dell'abile Fabio Bonifacci e dello stesso D'Avenia in dosi ben più caute, forse per non respingere troppo quel pubblico di ragazzi a cui il film fortemente si rivolge.

Eppure ci sono anche tanti, insostituibili meriti: una vitalità di racconto che si insinua candida nell'intera durata, una franchezza espositiva di trascinante trasporto empatico (con la complice partecipazione delle canzoni dei Modà, congeniali in tutto e per tutto all'operazione), una voglia contagiosa di offrire un ritratto schietto e profondamente bello dei ragazzi di oggi, con tutte le paure e i sogni di un'età dai mille tumulti.

Il percorso di formazione del protagonista è reso ancor più emozionante dalla travolgente interpretazione di Filippo Scicchitano, modi naturali e sorriso disarmante, capace di inondare la storia di un corteggiamento e l'affetto del sostegno di una energia irresponsabile quasi mitica.
Poco importa di scivoloni patetici e del furbo lavoro di packaging quando ci si ritrova storditi dal calore e dai colori dell'adolescenza più sana; riflessioni tutt'altro che banali, in un film confezionato al meglio, ben pensato e mai insincero.

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Recensione a cura di atticus - aggiornata al 27/05/2013 18.10.00

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