Recensione a hero never dies regia di Johnnie To Hong Kong 1998
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Recensione a hero never dies (1998)

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locandina del film A HERO NEVER DIES

Immagine tratta dal film A HERO NEVER DIES

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Immagine tratta dal film A HERO NEVER DIES
 

Martin e Jack, due sicari appartenenti a gang rivali della malavita cinese, in uno scontro durissimo tra i due boss rimangono gravemente feriti. Emarginati dai rispettivi clan e minacciati dai loro vecchi capi, decidono di vendicarsi e di fare giustizia.

Grande action-movie che non manca di emozionare e far riflettere lo spettatore, "A hero never dies", firmato Johnnie To, porta con sé una serie di tematiche molto care al cinema orientale e molto intense per il modo in cui vengono comunicate al pubblico.
In questo caso si parte dal sentimento dell'amicizia (quella latente ma sicuramente ben visibile tra i due protagonisti) per poi andare a toccare valori come l'onore, la giustizia, la vendetta, l'amore e, soprattutto, l'eroismo. "Chi ha una pistola è come Dio", dice ad un certo punto uno dei due rivolgendosi al veggente che malauguratamente si ritrova nel bel mezzo della faida al centro della pellicola, segno questo della completa assolutezza e onnipotenza della violenza e dei suoi detentori. Gli scoppi di violenza incorniciati da alcune sequenze che hanno un impatto adrenalinico e visivo non indifferente sono inframmezzati da momenti di alta poesia (soprattutto riguardanti le due donne dei protagonisti, ma non solo) e altri di grande ironia, come la telefonata incrociata tra i due protagonisti in cui continuano a minacciarsi e a punzecchiarsi per interposta persona (il gestore del locale dove passano il loro tempo libero), per poi risolvere i dissidi faccia a faccia in una maniera originale. A tal proposito rimane forse la sequenza più riuscita e più interessante della pellicola, quella nella quale i due tentano di "sconfiggersi" a vicenda, colpendo con una moneta il bicchiere di vino dell'altro. Il vino sarà una componente fondamentale del film, per la precisione una bottiglia di vino che porterà il nome di uno dei due come etichetta e che verso la fine si farà al centro di una sequenza molto toccante e soprattutto significativa per l'assunto principale della pellicola e cioè l'immortalità dell'eroismo (i due boss che meschinamente si uniranno dopo aver combattuto a costo delle vite altrui, brinderanno con il vino che cadrà sul tavolo come delle vere e proprie gocce di sangue).

Tra i momenti ironici non è possibile non citare le rispettive visite dei due protagonisti al povero veggente che non è mai in grado di prevedere se la pistola che gli viene puntualmente puntata contro lo colpirà o meno, giungendo alla soluzione del "mistero" solo a seguito dell'umore del suo terribile interlocutore. Eh si, perché all'inizio Martin e Jack sono degli anti-eroi, sicari della mafia che combattono per valori che non hanno nulla a che vedere con l'eroismo e l'onestà.
Solo in seguito alla consapevolezza di ciò che rappresentavano e all'unione scaturita dal corrispettivo tradimento dei propri boss, diventeranno ai nostri occhi dei personaggi eroici e indimenticabili.

Sin dall'inizio comprendiamo che, nonostante l'arruolamento in fazioni opposte, i due provano un certo rispetto l'uno per l'altro e si stimano a vicenda. Lo comprendiamo anche dal fatto che compiono gli stessi gesti, si esprimono nella stessa maniera, sono quasi le due facce di una stessa medaglia. Persino il destino ha riservato per loro delle sorprese ugualmente amare e dolorosissime. La poesia che attraversa l'intera vicenda di questi due killer spietati è ravvisabile anche nei funzionali ralenti o nei toni della fotografia che incornicia alla perfezione gli stati d'animo dei protagonisti, come nella sequenza della strage che li renderà "invalidi" pregna di colori che virano dal caldo rosso del sangue al freddo blu della morte. Bellissima e oltremodo coinvolgente la colonna sonora che si fa più potente nei momenti di più alto climax narrativo, fino ad assumere dei contorni quasi western quando si avvicina il decisivo faccia a faccia tra Jack e Martin. Ma del resto è tutta la pellicola d essere in qualche modo attraversata da una vena western, non solo per l'amicizia che lega i due antagonisti, ma anche per tematiche come il sacrificio d'amore o l'onore.

Quando i due si uniranno per vendicarsi dei torti subiti non solo da loro ma anche dalle persone a loro care, per i due boss non ci sarà nulla da fare, perché nonostante a Martin siano state amputate le gambe e Jack si sia allontanato da quel mondo cercando di condurre un'esistenza normale, la forza e la potenza dell'anima (spinta dal desiderio di vendicare dei sacrifici troppo grandi), oltre che la destrezza e la furbizia non li hanno affatto abbandonati. "Non sei ancora morto?", dirà il bosso rivolgendosi a Martin sbucato come dal nulla nel suo locale. La risposta allo spettatore appare ovvia, visto che sin dal titolo comprendiamo che un eroe non può mai morire.

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Recensione a cura di A. Cavisi - aggiornata al 17/06/2009

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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