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L'opera definitiva

Il post-"Titanic" per Cameron si è rivelato più lungo del previsto. Per quanto il regista sia rimasto attivo da un punto di vista cinematografico, l'assenza delle sue opere sul grande schermo si è fatta sentire. Del resto nessun altro regista ha dimostrato di riuscire a muovere grandi masse di spettatori meglio di lui. In questo lavoro non verrà effettuata una trattazione diretta delle tematiche che costituiscono il film, ma risulterà utile contestualizzare "Avatar" almeno all'interno della filmografia del suo regista.

Quello fantascientifico si conferma essere il genere preferito da Cameron. Dopo i due "Terminator", "The Abyss" ed "Aliens" il regista torna a raccontare di un futuro a metà strada tra utopia (Pandora) e distopia (la Terra).

Sam Worthington e Zoe Saldana in AvatarLa stessa tecnologia sfruttata per regalare strabilianti effetti speciali rappresenta una delle tematiche che lo hanno da sempre maggiormente interessato. Nel futuro paventato nei primi due "Terminator", sono le macchine ad assumere il controllo e a massacrare la specie umana. Questo conflitto che oppone l'uomo alle macchine e si estende fino ad arrivare ad interessare i concetti di natura e tecnologia, è alla base di quasi tutti i suoi lavori. La tecnologia però non trionfa mai: nonostante i Terminator spediti nel passato dalle macchine siano più evoluti degli antagonisti inviati dagli uomini sopravvissuti, il loro destino è quello di soccombere. Anche quando la tecnologia è al servizio dell'essere umano si rivela biunivoca: le armi ipertecnologiche dei soldati in "Aliens" non li salveranno dalla furia degli esseri invasori. Ancora una volta, la natura (quella umana o quella di un ecosistema alieno) domina sulla tecnologia, cui l'uomo non può far affidamento neppure per scopi non bellicosi: il Titanic, meraviglia ingegneristica e inaffondabile, è destinato a colare a picco sul fondo dell'oceano dopo lo scontro con un iceberg, elemente di una natura che si dimostra spietata, annichilendo le aspirazioni del genere umano.

Osservando i film da un punto di vista prettamente emotivo, è sempre il più importante dei sentimenti a trionfare: "True Lies" e "The Abyss" vedono la ricostruzione di una coppia in crisi, in "Titanic" il sentimento supera le barriere socio-culturali dei due amanti, nonostante il finale tragico (l'unico in tutta la filmografia di Cameron) annienti il rapporto.

Tutte queste tematiche si rintracciano in Avatar ad un grado superiore. Il rapporto tra natura e tecnologia si riempie di connotazioni riguardanti il capitalismo, il razzismo e la guerra. La conflittualità diventa evidente, semplificata nella battaglia che oppone i Na'vi armati di frecce alle mitragliatrici dei mercenari. Il trionfo della natura è completo: schieratasi interamente contro l'invasore, essa potrà scacciarlo definitivamente dal proprio territorio. La vittoria è stavolta condita con un elemento religioso che non ha precedenti nell'opera di Cameron: per tutto il film lo spirito di Eywa aleggerà sui destini dei protagonisti. Anche il sentimento godrà di un potenziamento: l'amore che abbatteva le barriere sociali di "Titanic" si evolve in un' emozione capace di oltrepassare lo stesso concetto di specie: l'abbraccio finale tra Neytiri e Jake (in versione umana) è il suggello al superamento di qualsiasi diversità.

Queste considerazioni mostrano come il pensiero di Cameron si sia incanalato verso determinate tematiche oltre 25 anni fa e risulti ancora valido e pulsante. L'attualizzazione di alcuni concetti ha permesso un'evoluzione che ha giovato alla poetica del film, diversificandola (ma non contrapponendola) dalle opere precedenti del regista. "Avatar" esplica, forse fin troppo chiaramente, quelli che da sempre sono stati i temi cari a Cameron. Per questo motivo, al momento attuale la sua ultima fatica può anche essere considerata la summa del suo pensiero.


Torna suSpeciale a cura di Gabriele Nasisi - aggiornato al 06/05/2010

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