Recensione la citta' nuda regia di Jules Dassin USA 1948
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Recensione la citta' nuda (1948)

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locandina del film LA CITTA' NUDA

Immagine tratta dal film LA CITTA' NUDA

Immagine tratta dal film LA CITTA' NUDA

Immagine tratta dal film LA CITTA' NUDA
 

"The Naked City" non è solo il titolo di uno dei più grandi manifesti hardcore della musica sperimentale contemporanea fagocitati nell'inquietante progetto di un musicista affascinante come John Zorn, ma è anche il titolo di un vero e proprio classico del noir cinematografico americano.
Un film che ha fatto giustamente storia, come dimostra la celebre serie di telefilm che ne ha preso il nome, dove Howard Duff (che nel film ha un ruolo non certo da "cittadino rispettoso della legge") rivestiva i panni di un poliziotto.

«Questo non è un film come gli altri» avverte la voce fuori campo, e non si fatica a crederlo.
Innanzitutto, è uno degli omaggi più disincantati e poetici alla città di New York (ribattezzata appunto "Naked City"), alla gente che vi vive e lavora, ad ogni ora del giorno e/o della notte, a coloro che si guadagnano il pane dopo il crepuscolo ("anche una nave può sentirsi stanca o solo un uomo chiede riposo al sonno?"), o che di notte pensano a divertirsi: la mdp inquadra un giovane (Howard Duff per l'appunto) che sarà il principale indiziato del delitto di una bellissima mannequin soffocata e successivamente annegata nella vasca di casa.

Ma "Naked City" è un film particolare anche perché mostra una panoramica straordinariamente realista della città nuda: i personaggi del film si muovono su veri esterni, vere e proprie strade, piazze, quartieri, nulla è artificiosamente ricostruito negli studios, ma si svolge nel tempo (forse) e nei luoghi reali.
Jules Dassin usa una tecnica non nuova, quello della "street scene" (come in un bel film di Vidor del 1931) ma che era francamente inglobata in un territorio di scarse proporzioni, come una strada di quartiere per esempio.
E' un po' lo stesso metodo del cinema di Spike Lee, grande ammiratore di questo film, che ha dapprima usato uno stile sperimentale-minimalista ("Do the Right Thing") fino ad approdare all'immagine vertiginosa della N.Y. di "Summer of Sam" o (soprattutto) "La 25esima ora".

In più, come è facile comprendere dalle immagini, sopra tutte quelle dell'inseguimento del probabile assassino della vittima, non ci sono "comparse" ma cittadini newyorkesi di tutti i giorni e di ogni ceto sociale, immortalati nella loro quotidianità dalla telecamera.
A tutto ciò si aggiunge la splendida e vibrante fotografia di William Daniels, e agli squarci magnetici che regala dai grattacieli di Manhattan o dal ponte di Brooklyn, con evocativi tramonti e quel senso di trasformazione sempre in atto (gli operai che lavorano alla costruzione di nuovi grattacieli).

Coniato lo slogan "8 milioni di storie da raccontare, questa è una delle tante", "Naked City" è un classico che mantiene intatto il suo fascino a distanza di decenni.
E' un noir atipico, forse non propriamente un noir, che non trascura l'elemento sociale (la vita nei bassifondi, gli abitanti dei piccoli borghi, in maggior parte immigrati) che tanti problemi ha dato a Dassin al tempo della "caccia alle streghe" del senatore McCarthy e che ha costretto il regista ad emigrare in Francia (dove realizzò altre prove di notevole spessore, come "Topkapi").
Anche lo stesso personaggio della giovane ragazza uccisa porta con sé l'elemento sociale, essendo figlia di profughi cecoslovacchi venuti negli States a cercare fortuna. Quando la madre parla della figlia morta tragicamente, il padre ricorda i primi anni dell'adolescenza di lei, quando lavorava già a 15 anni, in un periodo di grande crisi economica (un'eco indiretto dell'era del proibizionismo?).

La storia si concentra tutta sulle indagini del misterioso omicidio ad opera di un gruppo di poliziotti, guidati dall'ineffabile e sarcastico Barry Fitzgerald: un cinico dalla contagiosa simpatia.
Ed è davvero sorprendente assistere alle peripezie dei poliziotti alla ricerca della verità, soprattutto quando attraversano tutte le gioiellerie e le palestre alla ricerca di qualche indizio utile.
Il personaggio di Duff, perdigiorno e ladro a tempo pieno che racconta tante frottole per "essere alla pari con gli altri" è il prototipo dell'american dreamer fallito, costretto a opportunità di... convenienza.
Tra gli attori, si segnala Howard Da Silva, futuro splendido interprete nel film di Kubrick "Rapina a mano armata".

Probabilmente del noir il film offre soprattutto il discanto della ragione, e la voce fuori-campo che, democraticamente, elargisce consigli a tutti, poliziotti e fuorilegge.

Nel bellissimo finale sul ponte di Brooklyn, c'è già uno splendido omaggio al Mito di King Kong, separato per sempre dalla bellezza e dalla vita nel suo celebre addio ai vertici dell'Empire State Building: la città non ha più bisogno di simboli.

L'omaggio più bello al film di Dassin è probabilmente proprio quello di Spike Lee che torna a raccontare "una storia fra le tante" nel suo ambizioso "S:O:S: - Summer of Sam" rievocando l'ambiguità, ma anche l'indiscusso fascino, di una metropoli da sempre ferita (come l'11 Settembre 2001) ma sempre viva, palpitante e fortemente conscia della propria grandezza.

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Recensione a cura di kowalsky - aggiornata al 13/10/2006

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